La Religiosità della Massoneria di Elio Ambrogio
In loggia, per antico precetto, non si parla né di politica né di religione. Ed è giusto dal momento che si tratta di due esperienze umane che — assai più che all’unità — hanno spesso portato alla divisione fra gli uomini, anche a divisioni cruente e sanguinose. La Massoneria è invece unione ideale, catena solidaristica, forza centripeta, potenza sintetica e unitiva di uomini, donne, idee e sentimenti.
E stupisce come la religione, la cui origine semantica è nel verbo religare” , riunire, si sia invece dimostrata molto spesso forza di aspra divisione.
In realtà, il significato tradizionale della parola “religione” rimanda non tanto ad una unione fra uomini che condividono le stesse credenze e gli stessi culti ma piuttosto ad una unione fra il mondo materiale e la sua origine divina, fra l’uomo e il suo principio spirituale, fra l’anima sola e triste dell’uomo e la sua originaria felicità primordiale quando ancora non era separata dal tutto.
Fra i vari possibili significati del termine “religione” forse proprio quest’ultimo può essere assunto come più produttivo per il nostro discorso: la religione come riunione dell’anima individuale con una realtà più vasta, più profonda, più filosoficamente “vera .
the dewdrop slips into the shining sea”. La goccia di rugiada scivola nel mare splendente, come dice sir Edwin Arnold a conclusione del suo poema sulla Luce dell’Asia. La coscienza individuale si confonde e si perde nella luce più grande della divinità, riunendosi alla sua origine. E ciò al di là di ogni culto, di ogni chiesa, di ogni sacro testo, di ogni predica, di ogni umana e storica divisone. L’esperienza religiosa è quella in ogni tempo e luogo: è l’esperienza della riunificazione con qualcuno o qualcosa che ci trascende.
Certo, questa è la verità dell’esperienza religiosa, è la sperimentazione suprema dell’identità divina, e come tale riservata a pochi spiriti fortunati. “In questa potenza”, scrive Meister Eckhart, “Dio incessantemente verdeggia e fiorisce in tutta la gioia e in tutto l’onore che egli è in sé stesso. Qui la gioia è così intima, la gioia è così ineffabilmente grande che nessuno riesce ad esprimerla” (Prediche, In67
travit Jesus in quoddam castellum). Nelle parole di tutti i grandi spiriti, l’esperienza religiosa più alta ha accenti straordinariamente simili e concordi. Al di là di fedi e chiese, la loro esperienza — solo in parte comunicabile — non si contraddice.
Esiste poi una esperienza religiosa più umile, più terrena e quotidiana. Esiste il desiderio di ogni uomo e di ogni donna di ‘ appartenere” a qualcosa di più grande, anche se questo qualcosa non è la Realtà Ultima. Esiste l’umanissimo e diffusissimo desiderio di non essere soli, di non vivere perennemente nella piccola cella della propria individualità. Esiste il desiderio di sentirsi parte di un grande corpo” di un “piano”, di un “processoLa Religiosità della Massoneria di Elio Ambrogio
In loggia, per antico precetto, non si parla né di politica né di religione. Ed è giusto dal momento che si tratta di due esperienze umane che — assai più che all’unità — hanno spesso portato alla divisione fra gli uomini, anche a divisioni cruente e sanguinose. La Massoneria è invece unione ideale, catena solidaristica, forza centripeta, potenza sintetica e unitiva di uomini, donne, idee e sentimenti.
E stupisce come la religione, la cui origine semantica è nel verbo religareLa Religiosità della Massoneria di Elio Ambrogio
In loggia, per antico precetto, non si parla né di politica né di religione. Ed è giusto dal momento che si tratta di due esperienze umane che — assai più che all’unità — hanno spesso portato alla divisione fra gli uomini, anche a divisioni cruente e sanguinose. La Massoneria è invece unione ideale, catena solidaristica, forza centripeta, potenza sintetica e unitiva di uomini, donne, idee e sentimenti.
E stupisce come la religione, la cui origine semantica è nel verbo religare” , riunire, si sia invece dimostrata molto spesso forza di aspra divisione.
In realtà, il significato tradizionale della parola “religione” rimanda non tanto ad una unione fra uomini che condividono le stesse credenze e gli stessi culti ma piuttosto ad una unione fra il mondo materiale e la sua origine divina, fra l’uomo e il suo principio spirituale, fra l’anima sola e triste dell’uomo e la sua originaria felicità primordiale quando ancora non era separata dal tutto.
Fra i vari possibili significati del termine “religione” forse proprio quest’ultimo può essere assunto come più produttivo per il nostro discorso: la religione come riunione dell’anima individuale con una realtà più vasta, più profonda, più filosoficamente “vera .
the dewdrop slips into the shining sea”. La goccia di rugiada scivola nel mare splendente, come dice sir Edwin Arnold a conclusione del suo poema sulla Luce dell’Asia. La coscienza individuale si confonde e si perde nella luce più grande della divinità, riunendosi alla sua origine. E ciò al di là di ogni culto, di ogni chiesa, di ogni sacro testo, di ogni predica, di ogni umana e storica divisone. L’esperienza religiosa è quella in ogni tempo e luogo: è l’esperienza della riunificazione con qualcuno o qualcosa che ci trascende.
Certo, questa è la verità dell’esperienza religiosa, è la sperimentazione suprema dell’identità divina, e come tale riservata a pochi spiriti fortunati. “In questa potenza”, scrive Meister Eckhart, “Dio incessantemente verdeggia e fiorisce in tutta la gioia e in tutto l’onore che egli è in sé stesso. Qui la gioia è così intima, la gioia è così ineffabilmente grande che nessuno riesce ad esprimerla” (Prediche, In67
travit Jesus in quoddam castellum). Nelle parole di tutti i grandi spiriti, l’esperienza religiosa più alta ha accenti straordinariamente simili e concordi. Al di là di fedi e chiese, la loro esperienza — solo in parte comunicabile — non si contraddice.
Esiste poi una esperienza religiosa più umile, più terrena e quotidiana. Esiste il desiderio di ogni uomo e di ogni donna di ‘ appartenere” a qualcosa di più grande, anche se questo qualcosa non è la Realtà Ultima. Esiste l’umanissimo e diffusissimo desiderio di non essere soli, di non vivere perennemente nella piccola cella della propria individualità. Esiste il desiderio di sentirsi parte di un grande corpo” di un “piano”, di un “processo”, di un “divenire”. Ecco allora le moderne Religioni dell’Umanità, quelle religioni che non propongono più l’unione mistica c cosmica con la realtà fondamentale dell’universo, ma più semplicemente l’appartenenza ad un disegno evolutivo dell’uomo o della storia.
Il Cristianesimo, dopo le altezze metafisiche raggiunte nel Medioevo, ha finito per offrire più semplicemente un disegno di salvazione di cui si può entrare a far parte per mezzo della fede e dell’amore reciproco. Gli ideali rinascimentali hanno invece proposto una salvezza per mezzo della conoscenza e della bellezza. L’utopia socialista e comunista ha regalato a generazioni e generazioni di uomini e donne, il sogno di un paradiso terrestre storicamente raggiungibile mediante il rivolgimento delle strutture sociali ed economiche. L’idea ecologista fa rilucere alle menti e ai cuori di una umanità che si affaccia al terzo millennio la visione di un uomo riconciliato con la natura e ad essa amorevolmente ricongiunto. E ancora, i nostri tempi vedono nascere e crescere una pluralità di sette più o meno innocue, più o meno infantili, più o meno razionali che offrono una identificazione col gruppo che li produce. In tutte queste fenomenologie il senso dell’appartenenza a qualcosa — al gruppo stesso, al pensiero o al progetto storico — è fortissimo.
In che cosa la Massoneria è diversa da tutto ciò? E in che cosa è simile? E, più in generale, la Massoneria può inserirsi nel grande fenomeno dell’esperienza religiosa?
Io credo di sì, a patto che della parola “religione” si faccia un uso corretto.
Intanto c’è sempre stata e c’è una massoneria mistica. E la radice più profonda e l’ala più antica della casa massonica. E la massoneria esoterica e sapienziale anteriore al 1717 che affonda le sue radici nel templarismo e nella cabala, nel rosicrucianesimo e nell’alchimia. E la Massoneria di cui poco si può dire perchè è mitica e leggendaria. I suoi segni e la sua venerabile identità però compaiono e ci parlano ancora oggi nel grande complesso di simboli e riti che i liberi muratori utilizzano quotidianamente e assiduamente. E una massoneria difficile e affascinante, per spiriti forti e non convenzionali, che anche dopo l’anno della “storicizzazione” – il 1717 – ha continuato a sopravvivere in maniera minoritaria ma vivace in personaggi come Guénon, Canseliet, Fulcanelli. È la “massoneria della mente e del cuore” di cui ha scritto recentissimamente Alberto Cesare Ambesi nel suo “I maestri del tempio” (Ed. Terziaria, 1995): una massoneria che non rinuncerà mai alla realizzazione dell’Uomo Cosmico, dell’Adamo Primigenio di cui parla la tradizione sapienziale.
Ma c’è anche la massoneria che, molto più concretamente, coltiva la Religione dell’Umanità, una tradizione tipicamente illuminista c positivista. E la massoneria del XVIII e del XIX secolo: un sodalizio di uomini colti e illuminati che crede profondamente nel progresso della società a patto che si possano impiantare in essa i grandi valori della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza. E la massoneria delle rivoluzioni borghesi, delle due rivoluzioni industriali, è la massoneria che crede al positivismo di Comte e al socialismo umanitario di Turati, è la massoneria risorgimentale e garibaldina, è la massoneria romantica che crede al destino dei popoli e che combatte l’oscurantismo cattolico di Pio IX, è cioè la massoneria “progressiva”, religiosamente fiduciosa nelle capacità razionali e morali dell’uomo e nel suo destino di libertà civile e di giustizia sociale. Il suo scopo è sempre stato veementemente politico: creare classi dirigenti aperte e liberali in grado di reggere la sfida della modernità. Da Washington a Nathan, da Churchill a Rabin, da Garibaldi a Roosevelt è sempre stata una massoneria religiosamente laica, attiva e dinamica, pragmatica e operativa, assolutamente convinta che la loggia sia l’anticamera della grande politica illuminata, la fucina dove si forgiano gli strumenti muratori per costruire la Città del Sole, qui e adesso.
C’è ancora quella che vorrei chiamare la “massoneria intimista ” , la massoneria di chi nel tempio cerca quella pace e quell’atmosfera di serena riflessione e intimità che il duro e convulso mondo profano non offre. È la religione dell’interiorità. Quella religione che nei secoli ha sempre spinto gli uomini e le donne più sensibili e miti a cercare luoghi dove i pensieri e i sentimenti potessero snodarsi, comporsi e crescere con armoniosità. E la massoneria un po’ monastica della condivisione fraterna di esperienze e di ricerche interiori, è la massoneria della penombra, delle atmosfere, dello scambio profondo ma gentile delle parole di saggezza che ognuno porta con sé e che ognuno vuole offrire agli altri fratelli. E anche questa è una massoneria dell’appartenenza: dell’appartenenza agli altri fratelli. Una massoneria forse meno ardita sotto il profilo spirituale, meno impegnata nella costruzione di una società ideale all’esterno, ma ugualmente forte sotto il profilo di quella crescita umana che resta sempre e comunque a fondamento della Libera Muratoria.
Esiste dunque una religiosità massonica?
Personalmente credo che là dove c’è un uomo che cerca una verità, là c’è anche una religiosità. Là dove c’è un uomo che vuole perfezionarsi, la c’è anche una religiosità. Là dove si coltivano cose preziose, là c’è anche una religiosità. Là dove uomini e donne cercano appartenenze più vaste — appartenenze divine, cosmiche, umane, storiche, ideali — là cioè dove uomini e donne cercano di uscire dalla propria piccola individualità per riconoscersi come parte di qualcosa di più grande e di più alto, là c’è religiosità.
L’importante è che non nasca una Religione della Massoneria, ma continui ad esistere una Religiosità Massonica. Cioè quel soffio gentile che alita nei nostri templi c che non si può prendere e incanala re in dogmi e in forme e strutture materiali ma che, come dice quella Bibbia che teniamo sui nostri altari, soffia dove vuole. Una religiosità libera e sottile che non è nient’altro che quella perpetua nostalgia di verità e di perfezione che gli uomini e le donne si portano dentro da sempre.
” , riunire, si sia invece dimostrata molto spesso forza di aspra divisione.
In realtà, il significato tradizionale della parola “religione” rimanda non tanto ad una unione fra uomini che condividono le stesse credenze e gli stessi culti ma piuttosto ad una unione fra il mondo materiale e la sua origine divina, fra l’uomo e il suo principio spirituale, fra l’anima sola e triste dell’uomo e la sua originaria felicità primordiale quando ancora non era separata dal tutto.
Fra i vari possibili significati del termine “religione” forse proprio quest’ultimo può essere assunto come più produttivo per il nostro discorso: la religione come riunione dell’anima individuale con una realtà più vasta, più profonda, più filosoficamente “vera .
the dewdrop slips into the shining sea”. La goccia di rugiada scivola nel mare splendente, come dice sir Edwin Arnold a conclusione del suo poema sulla Luce dell’Asia. La coscienza individuale si confonde e si perde nella luce più grande della divinità, riunendosi alla sua origine. E ciò al di là di ogni culto, di ogni chiesa, di ogni sacro testo, di ogni predica, di ogni umana e storica divisone. L’esperienza religiosa è quella in ogni tempo e luogo: è l’esperienza della riunificazione con qualcuno o qualcosa che ci trascende.
Certo, questa è la verità dell’esperienza religiosa, è la sperimentazione suprema dell’identità divina, e come tale riservata a pochi spiriti fortunati. “In questa potenza”, scrive Meister Eckhart, “Dio incessantemente verdeggia e fiorisce in tutta la gioia e in tutto l’onore che egli è in sé stesso. Qui la gioia è così intima, la gioia è così ineffabilmente grande che nessuno riesce ad esprimerla” (Prediche, In67
travit Jesus in quoddam castellum). Nelle parole di tutti i grandi spiriti, l’esperienza religiosa più alta ha accenti straordinariamente simili e concordi. Al di là di fedi e chiese, la loro esperienza — solo in parte comunicabile — non si contraddice.
Esiste poi una esperienza religiosa più umile, più terrena e quotidiana. Esiste il desiderio di ogni uomo e di ogni donna di ‘ appartenere” a qualcosa di più grande, anche se questo qualcosa non è la Realtà Ultima. Esiste l’umanissimo e diffusissimo desiderio di non essere soli, di non vivere perennemente nella piccola cella della propria individualità. Esiste il desiderio di sentirsi parte di un grande corpo” di un “piano”, di un “processo”, di un “divenire”. Ecco allora le moderne Religioni dell’Umanità, quelle religioni che non propongono più l’unione mistica c cosmica con la realtà fondamentale dell’universo, ma più semplicemente l’appartenenza ad un disegno evolutivo dell’uomo o della storia.
Il Cristianesimo, dopo le altezze metafisiche raggiunte nel Medioevo, ha finito per offrire più semplicemente un disegno di salvazione di cui si può entrare a far parte per mezzo della fede e dell’amore reciproco. Gli ideali rinascimentali hanno invece proposto una salvezza per mezzo della conoscenza e della bellezza. L’utopia socialista e comunista ha regalato a generazioni e generazioni di uomini e donne, il sogno di un paradiso terrestre storicamente raggiungibile mediante il rivolgimento delle strutture sociali ed economiche. L’idea ecologista fa rilucere alle menti e ai cuori di una umanità che si affaccia al terzo millennio la visione di un uomo riconciliato con la natura e ad essa amorevolmente ricongiunto. E ancora, i nostri tempi vedono nascere e crescere una pluralità di sette più o meno innocue, più o meno infantili, più o meno razionali che offrono una identificazione col gruppo che li produce. In tutte queste fenomenologie il senso dell’appartenenza a qualcosa — al gruppo stesso, al pensiero o al progetto storico — è fortissimo.
In che cosa la Massoneria è diversa da tutto ciò? E in che cosa è simile? E, più in generale, la Massoneria può inserirsi nel grande fenomeno dell’esperienza religiosa?
Io credo di sì, a patto che della parola “religione” si faccia un uso corretto.
Intanto c’è sempre stata e c’è una massoneria mistica. E la radice più profonda e l’ala più antica della casa massonica. E la massoneria esoterica e sapienziale anteriore al 1717 che affonda le sue radici nel templarismo e nella cabala, nel rosicrucianesimo e nell’alchimia. E la Massoneria di cui poco si può dire perchè è mitica e leggendaria. I suoi segni e la sua venerabile identità però compaiono e ci parlano ancora oggi nel grande complesso di simboli e riti che i liberi muratori utilizzano quotidianamente e assiduamente. E una massoneria difficile e affascinante, per spiriti forti e non convenzionali, che anche dopo l’anno della “storicizzazione” – il 1717 – ha continuato a sopravvivere in maniera minoritaria ma vivace in personaggi come Guénon, Canseliet, Fulcanelli. È la “massoneria della mente e del cuore” di cui ha scritto recentissimamente Alberto Cesare Ambesi nel suo “I maestri del tempio” (Ed. Terziaria, 1995): una massoneria che non rinuncerà mai alla realizzazione dell’Uomo Cosmico, dell’Adamo Primigenio di cui parla la tradizione sapienziale.
Ma c’è anche la massoneria che, molto più concretamente, coltiva la Religione dell’Umanità, una tradizione tipicamente illuminista c positivista. E la massoneria del XVIII e del XIX secolo: un sodalizio di uomini colti e illuminati che crede profondamente nel progresso della società a patto che si possano impiantare in essa i grandi valori della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza. E la massoneria delle rivoluzioni borghesi, delle due rivoluzioni industriali, è la massoneria che crede al positivismo di Comte e al socialismo umanitario di Turati, è la massoneria risorgimentale e garibaldina, è la massoneria romantica che crede al destino dei popoli e che combatte l’oscurantismo cattolico di Pio IX, è cioè la massoneria “progressiva”, religiosamente fiduciosa nelle capacità razionali e morali dell’uomo e nel suo destino di libertà civile e di giustizia sociale. Il suo scopo è sempre stato veementemente politico: creare classi dirigenti aperte e liberali in grado di reggere la sfida della modernità. Da Washington a Nathan, da Churchill a Rabin, da Garibaldi a Roosevelt è sempre stata una massoneria religiosamente laica, attiva e dinamica, pragmatica e operativa, assolutamente convinta che la loggia sia l’anticamera della grande politica illuminata, la fucina dove si forgiano gli strumenti muratori per costruire la Città del Sole, qui e adesso.
C’è ancora quella che vorrei chiamare la “massoneria intimista ” , la massoneria di chi nel tempio cerca quella pace e quell’atmosfera di serena riflessione e intimità che il duro e convulso mondo profano non offre. È la religione dell’interiorità. Quella religione che nei secoli ha sempre spinto gli uomini e le donne più sensibili e miti a cercare luoghi dove i pensieri e i sentimenti potessero snodarsi, comporsi e crescere con armoniosità. E la massoneria un po’ monastica della condivisione fraterna di esperienze e di ricerche interiori, è la massoneria della penombra, delle atmosfere, dello scambio profondo ma gentile delle parole di saggezza che ognuno porta con sé e che ognuno vuole offrire agli altri fratelli. E anche questa è una massoneria dell’appartenenza: dell’appartenenza agli altri fratelli. Una massoneria forse meno ardita sotto il profilo spirituale, meno impegnata nella costruzione di una società ideale all’esterno, ma ugualmente forte sotto il profilo di quella crescita umana che resta sempre e comunque a fondamento della Libera Muratoria.
Esiste dunque una religiosità massonica?
Personalmente credo che là dove c’è un uomo che cerca una verità, là c’è anche una religiosità. Là dove c’è un uomo che vuole perfezionarsi, la c’è anche una religiosità. Là dove si coltivano cose preziose, là c’è anche una religiosità. Là dove uomini e donne cercano appartenenze più vaste — appartenenze divine, cosmiche, umane, storiche, ideali — là cioè dove uomini e donne cercano di uscire dalla propria piccola individualità per riconoscersi come parte di qualcosa di più grande e di più alto, là c’è religiosità.
L’importante è che non nasca una Religione della Massoneria, ma continui ad esistere una Religiosità Massonica. Cioè quel soffio gentile che alita nei nostri templi c che non si può prendere e incanala re in dogmi e in forme e strutture materiali ma che, come dice quella Bibbia che teniamo sui nostri altari, soffia dove vuole. Una religiosità libera e sottile che non è nient’altro che quella perpetua nostalgia di verità e di perfezione che gli uomini e le donne si portano dentro da sempre.
“, di un “divenire”. Ecco allora le moderne Religioni dell’Umanità, quelle religioni che non propongono più l’unione mistica c cosmica con la realtà fondamentale dell’universo, ma più semplicemente l’appartenenza ad un disegno evolutivo dell’uomo o della storia.
Il Cristianesimo, dopo le altezze metafisiche raggiunte nel Medioevo, ha finito per offrire più semplicemente un disegno di salvazione di cui si può entrare a far parte per mezzo della fede e dell’amore reciproco. Gli ideali rinascimentali hanno invece proposto una salvezza per mezzo della conoscenza e della bellezza. L’utopia socialista e comunista ha regalato a generazioni e generazioni di uomini e donne, il sogno di un paradiso terrestre storicamente raggiungibile mediante il rivolgimento delle strutture sociali ed economiche. L’idea ecologista fa rilucere alle menti e ai cuori di una umanità che si affaccia al terzo millennio la visione di un uomo riconciliato con la natura e ad essa amorevolmente ricongiunto. E ancora, i nostri tempi vedono nascere e crescere una pluralità di sette più o meno innocue, più o meno infantili, più o meno razionali che offrono una identificazione col gruppo che li produce. In tutte queste fenomenologie il senso dell’appartenenza a qualcosa — al gruppo stesso, al pensiero o al progetto storico — è fortissimo.
In che cosa la Massoneria è diversa da tutto ciò? E in che cosa è simile? E, più in generale, la Massoneria può inserirsi nel grande fenomeno dell’esperienza religiosa?
Io credo di sì, a patto che della parola “religione” si faccia un uso corretto.
Intanto c’è sempre stata e c’è una massoneria mistica. E la radice più profonda e l’ala più antica della casa massonica. E la massoneria esoterica e sapienziale anteriore al 1717 che affonda le sue radici nel templarismo e nella cabala, nel rosicrucianesimo e nell’alchimia. E la Massoneria di cui poco si può dire perchè è mitica e leggendaria. I suoi segni e la sua venerabile identità però compaiono e ci parlano ancora oggi nel grande complesso di simboli e riti che i liberi muratori utilizzano quotidianamente e assiduamente. E una massoneria difficile e affascinante, per spiriti forti e non convenzionali, che anche dopo l’anno della “storicizzazione” – il 1717 – ha continuato a sopravvivere in maniera minoritaria ma vivace in personaggi come Guénon, Canseliet, Fulcanelli. È la “massoneria della mente e del cuore” di cui ha scritto recentissimamente Alberto Cesare Ambesi nel suo “I maestri del tempio” (Ed. Terziaria, 1995): una massoneria che non rinuncerà mai alla realizzazione dell’Uomo Cosmico, dell’Adamo Primigenio di cui parla la tradizione sapienziale.
Ma c’è anche la massoneria che, molto più concretamente, coltiva la Religione dell’Umanità, una tradizione tipicamente illuminista c positivista. E la massoneria del XVIII e del XIX secolo: un sodalizio di uomini colti e illuminati che crede profondamente nel progresso della società a patto che si possano impiantare in essa i grandi valori della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza. E la massoneria delle rivoluzioni borghesi, delle due rivoluzioni industriali, è la massoneria che crede al positivismo di Comte e al socialismo umanitario di Turati, è la massoneria risorgimentale e garibaldina, è la massoneria romantica che crede al destino dei popoli e che combatte l’oscurantismo cattolico di Pio IX, è cioè la massoneria “progressiva”, religiosamente fiduciosa nelle capacità razionali e morali dell’uomo e nel suo destino di libertà civile e di giustizia sociale. Il suo scopo è sempre stato veementemente politico: creare classi dirigenti aperte e liberali in grado di reggere la sfida della modernità. Da Washington a Nathan, da Churchill a Rabin, da Garibaldi a Roosevelt è sempre stata una massoneria religiosamente laica, attiva e dinamica, pragmatica e operativa, assolutamente convinta che la loggia sia l’anticamera della grande politica illuminata, la fucina dove si forgiano gli strumenti muratori per costruire la Città del Sole, qui e adesso.
C’è ancora quella che vorrei chiamare la “massoneria intimista ” , la massoneria di chi nel tempio cerca quella pace e quell’atmosfera di serena riflessione e intimità che il duro e convulso mondo profano non offre. È la religione dell’interiorità. Quella religione che nei secoli ha sempre spinto gli uomini e le donne più sensibili e miti a cercare luoghi dove i pensieri e i sentimenti potessero snodarsi, comporsi e crescere con armoniosità. E la massoneria un po’ monastica della condivisione fraterna di esperienze e di ricerche interiori, è la massoneria della penombra, delle atmosfere, dello scambio profondo ma gentile delle parole di saggezza che ognuno porta con sé e che ognuno vuole offrire agli altri fratelli. E anche questa è una massoneria dell’appartenenza: dell’appartenenza agli altri fratelli. Una massoneria forse meno ardita sotto il profilo spirituale, meno impegnata nella costruzione di una società ideale all’esterno, ma ugualmente forte sotto il profilo di quella crescita umana che resta sempre e comunque a fondamento della Libera Muratoria.
Esiste dunque una religiosità massonica?
Personalmente credo che là dove c’è un uomo che cerca una verità, là c’è anche una religiosità. Là dove c’è un uomo che vuole perfezionarsi, la c’è anche una religiosità. Là dove si coltivano cose preziose, là c’è anche una religiosità. Là dove uomini e donne cercano appartenenze più vaste — appartenenze divine, cosmiche, umane, storiche, ideali — là cioè dove uomini e donne cercano di uscire dalla propria piccola individualità per riconoscersi come parte di qualcosa di più grande e di più alto, là c’è religiosità.
L’importante è che non nasca una Religione della Massoneria, ma continui ad esistere una Religiosità Massonica. Cioè quel soffio gentile che alita nei nostri templi c che non si può prendere e incanala re in dogmi e in forme e strutture materiali ma che, come dice quella Bibbia che teniamo sui nostri altari, soffia dove vuole. Una religiosità libera e sottile che non è nient’altro che quella perpetua nostalgia di verità e di perfezione che gli uomini e le donne si portano dentro da sempre.