La depressione nell’anziano
di Lodovico Berm
Negli ultimi anni appare sempre più evidente una costante tendenza alla longevità dell’essere umano. Il miglioramento della qualità di vita ed i progressi della medicina ci stanno portando ad un ampliamento del tempo da vivere ed al mutamento delle patologie osservabili: più lunga è la vita, maggiore è la possibilità che si manifestino malattie dovute al generico processo di invecchiamento degli organi o al loro esordio tardivo. Questo si verifica anche per i disturbi della sfera psichica, che trovano nell’anziano un terreno particolarmente fertile sia per motivi biologici che per motivi psicologici.
La depressione è probabilrnente il disturbo psichiatrico più frequente negli individui al di sopra dei 65 anni, sebbene solo il 25% di essi venga correttamente diagnosticato e pertanto adeguatamente curato.
La diagnosi di depressione nell’anziano è spesso difficile anche perché la longevità aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche, legate all’invecchiamento, che possono presentare come sintomo associato una alterazione dell’umore (per esempio: l’ipotiroidismo, il diabete, le epatiti, il morbo di Parkinson e l’arteriosclerosi) o che siano in corso terapie con farmaci che inducono depressione dell’umore (per esempio:antiipertensivi, analgesici, ansiolitici, antipsicotici, antiepilettici, antiparkinson, ormoni).
La vecchiaia è un momento delicato e critico dell’esistenza, in cui può facilmente rompersi quel delicato equilibrio sociopscicosomatico instauratosi e consolidatosi nel corso del tempo.
Nella realtà contemporanea l’anziano si trova a vivere in un mondo caratterizzato da numerosi cambiamenti rapidamente susseguentisi, una realtà quindi continuamente mutevole, sempre più vasta e complessa, in cui è necessario un continuo adeguamento. La struttura della famiglia da “estesa”, patriarcale, si è trasformata in “nucleare”; l’economia, da contadina è divenuta industriale; la società da rurale si è fortemente urbanizzata. A tutto ciò si aggiunge il fatto che una “cultura del narcisismo” pervade la nostra società dove il “mito
del corpo” porta ad una ipervalutazione di ciò che è giovane, bello e sano, e alla valorizzazione dell’iperefficienza, emarginandoo chi non regge una forte competitività.
L’anziano si trova così a perdere le precedenti identità culturali su cui aveva fondato la propria personalità e ad affrontare un mondo dove non ha più un ruolo preciso.
Una volta il vecchio era vissuto come il saggio ed il portatore di un’esperienza frutto del tempo, mentre oggi, in una società in cui vi è una rapida evoluzione delle conoscenze e una valorizzazione dell’attività e della produttività, egli si trova a vivere un sentimento di emarginazione. L’accelerazione e il veloce incremento della quantità di informazioni, insieme alle modificazioni culturali, incidono ulteriormente sul sentimento di esclusione dell’anziano che si trova ad affrontare queste condizioni con un apparato sensoriale e cerebrale fisiologicamente indebolito.
Spesso modificazioni socioambientali, quali stati di difficoltà o perdite significative, possono precipitare una condizione depressiva. Studi clinici effettuati in tal senso hanno riscontrato un aumento dell’incidenza di difficoltà esistenziali obiettive o situazioni di stress nel periodo precedente l’insorgenza della depressione.
In genere la depressione rappresenta la risposta ad una perdita reale, potenziale o immaginaria, che si esprime come pena e rlsentimento nei confronti dell’oggetto perduto, investito di sentimenti e introiettato nell’Io.
La senescenza rappresenta l’età delle separazioni e delle rinunce in quanto l’anziano si trova ad affrontare: sul piano professionale, il pensionamento, con perdita di status, ruolo e prestigio sociale; sul piano relazionale, l’allontanamento o la perdita di persone affettivamente importanti; sul piano personale, la diminuzione della performance psicofisica e sessuale.
Dal 60% all’80 delle depressioni dell’anziano nascono come conseguenza di eventi di perdita, soprattutto di persone affettivamente importanti, quali il coniuge, parenti o amici; tali lutti portano Il anZiano ad una situazione di privazione dei supporti affettivi e di solitudine, con perdita del ruolo di protezione che essi potevano svolgere nei confronti della depressione.
Altro importante fattore di perdita è legato al pensionamento e quindi all’uscita dai ruoli lavorativi in cui l’individuo era inserito nella società. Tale variabile sembra avere maggiore incidenza nel sesso maschile rispetto al femminile, poiché probabilmente l’uomo presenta un investimento affettivo maggiore nello spazio sociale rispetto a quello familiare.
Tali perdite multiple sono progressive ed arrivano in un momento della vita in cui solo chi ha più risorse e meno rigidità può riuscire a sviluppare altre fonti di sufficiente gratificazione.
Molti episodi depressivi della vecchiaia rappresentano risposte talmente realistiche alla “perdita” da condurre a volte al suicidio. 01tre i 60 anni i tentativi di suicidio sono quasi sempre autentici, comportando un’alta percentuale di rischio; il numero di suicidi riusciti supera i tentativi, situazione opposta a quella osservabile nei giova-
Risulta così evidente come tutti questi elementi possano indurre a determinare una condizione generalmente complessa con difficoltà di adattamento somatico, psichico e sociale.
I cognitivisti sostengono che stili di pensiero abnormi e rigidi giochino un ruolo fondamentale nel determinismo della depressione. Colui che è incline all’autocritica e all’autosvalutazione è convinto che ogni richiesta ambientale sia per lui insuperabile e fraintende così come le sconfitte le proprie interazioni con l’ambiente esterno. Tali “distorsioni cognitive” lo rendono vulnerabile anche a stimoli oggettivamente di scarso rilievo.
Da un punto di vista fenomenologico l’attenzione è rivolta al rapporto esistente tra depressione e temporalità. Nell’anziano vi è una contrazione della dimensione temporale, con la tendenza ad orientarsi verso il passato e la riduzione delle proiezioni nel futuro; ciò condiziona il pensiero attuale che risulta caratterizzato da contenuti psichici relativi a rievocazioni piuttosto che a progettualità. L’ideazione assume così un colorito nostalgico e di rammarico per un passato ormai vissuto e non più recuperabile, mentre la contrazione delle possibilità progettuali induce una perdita dello slancio vitale con riduzione delle iniziative e delle attività in genere.
Spesso i sintomi o i segni della depressione non si manifestano in
modo conclamato, venendo così facilmente sottovalutati, ritenuti compatibili con il normale processo di invecchiamento oppure confusi con disturbi legati ad altre patologie.
La frequente difficoltà o reticenza nel dichiarare la propria condizione di sofferenza, insieme alle caratteristiche talora atipiche del quadro depressivo e all’idebolimento fisiologico delle capacità cognitive sono aspetti che possono rendere difficile un corretto riconoscimento della malattia depressiva.
A volte sono gli stessi anziani che accettano il disagio psicofisico depressivo valutandolo come inevitabile compagno della vecchiaia e favorendone così il mantenimento o il possibile peggioramento.
Vanziano tende a manifestare prevalentemente a livello somatico il proprio malessere e tende a banalizzare o negare la sintomatologia psichica, privilegiando la verbalizzazione di lamentele fisiche. Si può affermare che il corpo riprende nell’età avanzata la stessa priorità che aveva nell’età infantile. Il corpo rappresenta un oggetto concreto da offrire alle cure del medico e consente di affrontare più facilmente la malattia attraverso un spostamento del disagio psichico su un piano somatico. Tale spostamento rappresenta una peculiarità psicologica dell’anziano, in cui l’attenzione sul proprio corpo deriva anche da un disinvestimento nei confronti dell’ambiente.
Nell’anziano il disturbo dell’umore si manifesta per lo più con caratteristiche di disforia (malumore, irritabilità e pessimismo) o più raramente attraverso sintomi di inibizione o di irrigidimento affettivo. Uno dei maggiori rischi è pertanto quello di considerare le varie modulazioni della tristezza come un normale stato esistenziale delI ‘anziano.
I primi segnali indicatori della presenza di un disturbo depressivo possono consistere in sintomi quali affaticabilità o mancanza di energia, apatia, perdita di interessi, isolamento sociale.
Nella forma conclamata l’umore è caratterizzato da sentimenti di disperazione, di ineguatezza, di inutilità e, nelle forme più gravi (depressione maggiore), possono anche essere presenti deliri con tematiche di colpa, indegnità, incurabilità, rovina o deliri somatici. Sono inoltre facilmente presenti alterazioni della sfera cognitiva quali disturbi della memoria, dell’attenzione, della concentrazione e del-
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l’orientamento. Spesso, in circa il 75% dei casi, l’umore depresso si accompagna ad uno stato di irrequietezza o di apprensione, o addirittura dtansia.
Vi è poi una tendenza a passare da uno stato di estroversione ad uno di introversione, con ripiegamento su di sé, disinteresse per le novità, sentimenti di svalorizzazione ed inadeguatezza. Accanto ad una perdita degli interessi vi è una riduzione del rendimento psicofisico, un generale rallentamento psicomotorio e del pensiero, con eloquio monotono, lento e povero.
Molto frequente è la presenza di disturbi del sonno, di disturbi sessuali (assenza di desiderio, Impotenza), disturbi dell’appetito con diminuzione o aumento dell’apporto alimentare e conseguente perdita o aumento di peso.
Caratteristica è sovente la presenza di turbe cenestopatiche, vale a dire un malessere diffuso e poco definito, associate a preoccupazioni di tipo ipocondriaco, cioè al timore di essere affetti da una malattia. In alcuni casi si osserva una depressione in cui sintomi somatici prevalgono su quelli psichici. Possono così osservarsi sintomi fisici quali stanchezza, cefalea, stipsi o diarrea, disturbi del sonno, disturbi sessuali, dolori diffusi o senso di costrizione retrosternale che nascondono la depressione psichica, configurando la cosiddetta “depressione mascherata”. In casi estremi l’umore appare addirittura nella norma e le lamentele sono riferite esclusivamente a sintomi fisici (depressione “sine depressione”). In questi casi è estremamente importante il riconoscimento della natura depressiva dei sintomi in quanto solo ciò consente un adeguato ed efficace trattamento.
Nella depressione mascherata non vi è I l assenza di coscienza della malattia depressiva da parte del paziente, bensì vi è una difficoltà o una incapacità nel comunicare il sentimento di depressione attraverso il sistema di segnalazione psichico o verbale. È come se i sintomi somatici divenissero delle metafore equivalenti alla sofferenza mentale.
Non vi è dubbio che la cultura influenzi le capacità espressive della depressione. In molte culture viene bloccata l’introspezione e l’espressione diretta degli affetti tramite il linguaggio psicologico e viene facilitata la comunicazione indiretta attraverso il canale
somatico. In questo modo, con la trasposizione del disagio psichico in disagio somatico, viene salvaguardata l’immagine sociale e viene consentito un aiuto medico altrimenti non concesso e non compreso.
È facile infatti osservare come a volte sia meglio accettato dai familiari e dallo stesso paziente un sintomo fisico, mentre un disagio psicologico viene considerato umiliante e non degno di terapia. Condizioni di generale stanchezza, debolezza, perdita della capacità di intraprendere nuove iniziative, disturbi della sfera sessuale, alterazioni della funzionalità di alcuni organi, dolori diffusi o ben localizzati, oppure incapacità a svolgere le normali attività, vengono più favorevolmente interpretati come espressione di patologie organiche piuttosto che di un problema psicologico. Sovente anche da parte degli stessi medici vi è questa difficoltà, con una tendenza a privilegiare la comprensione e l’intervento sulla sofferenza somatica piuttosto che su quella psichica.
A volte può accadere che i sintomi della depressione vengano scambiati per un quadro di tipo demenziale. La demenza senile è una patologia cerebrale caratterizzata da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, quali disturbi della memoria, compromissione dell’intelligenza, disorientamento, disturbi del carattere, dell’affettività, e vari sintomi neurologici. Essa ha alla sua base la presenza di chiare alterazioni organiche, con atrofia del tessuto cerebrale evidenziabile con esami quai la TAC e la PET.
Alcune di queste manifestazioni possono essere erroneamente interpretate come segno di un iniziale processo demenziale, in realtà dovuto ad una situazione di tipo depressivo (pseudodemenza). Il mancato riconoscimento dell’origine depressiva può così portare ad un errato intervento terapeutico che non darà risultati significativi e lascerà immutata la reale causa della malattia. La depressione può essere riconosciuta e quindi differenziata da una demenza senile, oltreché per gli esami di laboratorio, anche per il fatto che in genere viene conservata la normale capacità di elaborazione delle informazioni e quindi dell’intelligenza, verificabile con opportuni test psicologici.
In conclusione, esiste sicuramente una predisposizione di base (genetica, biologica o psicologica) alla depressione, che emerge ogni qualvolta si verifichi una situazione di crisi.
La senescenza, quale periodo di mutamenti, richiede la capacità di creare nuovi equilibri, compensando le varie perdite (affettive, fisiche, sociali…) attraverso le proprie risorse personali.
È comunque sempre fondamentale un adeguato riconoscimento di manifestazioni che spesso vengono interpretate come espressione del normale processo di invecchiamento o come conseguenza di malattie organiche. Solo così si potrà scegliere il più appropriato intervento teèapeutico che consentirà la risoluzione dei sintomi.
A seconda dei casi, si stabilirà l’opportunità di effettuare una terapia farmacologica con antidepressivi, oppure di iniziare una terapia psicologica.