Correlazione fra scienza ed esoterismo
Maestro Venerabile e Carissimi Fratelli,
Questa mia tavola vuole mantenersi nel tema dei nostri lavori di quest’anno, cioè il “Conosci te stesso”, prendendo però spunto da un ‘analisi, per cosi dire scientifica, per giungere poi attraverso ad esperimenti vari a delle conclusioni di natura esoterica, vere o ipotetiche che possano essere.
I Fratelli mi vogliano scusare fin d’ora sc l’argomento non sarà di loro interesse, o li annoierà, se non sarà consono alle loro vedute, e se le conclusioni potranno sembrare loro azzardate.
Io le espongo cosi, come ipotesi, dopo aver illustrato le poche conoscenze scientifiche che ho in materia e gli esperimenti che ho avuto occasione di leggere su una rivista medica, i quali, pur avendo degli scopi totalmente diversi, tuttavia ben si adattano al nostro genere di lavoro, se interpretati sotto un altro punto di vista.
Si è sentito parlare molto nelle nostre tornate di mente, di pensiero, di intelligenza, di passioni, di condizionamenti, di ego, di Sé, di Spirito, ecc., e ognuno ha dato di questi concetti le proprie interpretazioni, magari anteponendo gli uni agli altri, soffocandone alcuni per sprigioname altri, ecc., allo scopo di arrivare sulla via della Realizzazione e della Conoscenza.
Ora mi sia concesso di esprimere la mia opinione di uomo mezzo scientifico e mezzo esoterico, che può credere di aver trovato un’ennesima strada, magari completamente diversa, e magari sbagliata, che però presenta, se non altro, un certo carattere di curiosità, e perché no, di suggestività.
Sono costretto però, prima di giungere agli argomenti che vi possono interessare, ad introdurre dei concetti di ordine psicologico, trattati sotto un profilo medico-scientifico, che, anche se sono un po’ complessi, spero siano tuttavia di facile comprensione anche per chi non è addentro a queste cose.
La vita psichica non è un mondo astratto, che vive di vita propria, bensì un insieme di attività strettamente legate alla vita organica, che subiscono l’influenza di questa e influenzano a loro volta l’attività delle funzioni organiche.
Le diverse attività psichiche sono legate tra di loro sia per processi di associazione, nel senso che un’attività modifica il funzionamento di un’altra, sia per processi di integrazione, nel senso che le diverse attività costituiscono un tutto umco che è la psiche stessa.
Le attività psichiche possono suddividersi in tre gruppi:
l. Quelle più strettamente intellettive, cioè i processi del pensiero.
- Quelle della vita affettiva, sentimentale ed istintiva.
- La personalità, che è l’insieme delle tendenze individuali e delle volontà.
Nella vita normale questi tre gruppi di attività funzionano in un armonico equilibrio, pur prevalendo di volta in volta, secondo le circostanze e secondo il temperamento individuale, I ‘una sull ‘altra, ma conservando un certo reciproco controllo. Le attività psichiche da cui dipendono i fenomeni del pensiero ed i comportamenti,
sono la risultante di un complesso gioco di meccanismi, di processi i quali utilizzano le diverse sensazioni del mondo estemo ed i prodotti del mondo interiore, elaborando questo materiale.
Come per le funzioni nervose, così per quelle psichiche il materiale elaborato proviene in gran parete dal mondo estemo, sotto forma di sensazioni, che ad ogni istante e in gran parte giungono ai centri superiori. Di queste sensazioni, non tutte vengono utilizzate per la vita psichica: moltissime, forse la maggior parte, non giungono neppure alla soglia della coscienza, o, se vi giungono, si dileguano rapidamente, senza lasciare traccia, almeno apparentemente, e non vengono utilizzate; altre volte vengono utilizzate ed elaborate, e lasciano tracce più o meno persistenti.
Il primo processo psichico di utilizzazione delle sensazioni, il processo psichico quindi più elementare, consiste nella percezione, cioè nella facoltà di integrare fra di loro le varie sensazioni che provengono dal mondo estemo, di completarle con le tracce di sensazioni precedenti( cioè di ricordi), di dar loro un significato. Ma le percezioni riuscirebbero inutili alla vita psichica se avessero tutte la medesima intensità, se non intervenisse un processo di confronto e di selezione fra le varie percezioni; e questo processo è, agevolato dall’attenzione.
L’attenzione è una particolare tensione psichica diretta ad utilizzare le percezioni e a renderle vive. Quando noi guardiamo, ascoltiamo, pensiamo, passano nella nostra coscienza percezioni, immagini, idee diverse; queste però non hanno tutte la medesima intensità e chiarezza, né si succedono con la medesima rapidità: alcune si presentano più intense e più chiare di altre, e su alcune di esse la nostra coscienza si arresta, mentre le altre impallidiscono e vengono come ignorate.
Questo dirigersi e arrestarsi della nostra coscienza su qualcosa, facendola risaltare su tutto il resto, è dovuto all’attenzione. Varie sono le forme e le modalità con cui l’attenzione si esplica, e varie le condizioni che la determinano.
Faccio degli esempi: il corridore che attende il segnale per spiccare la corsa, lo spettatore che assiste ad uno spettacolo, lo studioso che cerca la soluzione di un problema, sono tre casi diversi in cui l’attenzione è rivolta, rispettivamente alle attività motrici, alle attività sensoriali, alle attività mentali. Inoltre le nostre capacità di riflettere non hanno sempre lo stesso livello di intensità, e l’attenzione è appunto funzione di questo livello: vi sono attenzioni brevi e intense come il caso del corridore che attende il segnale di partenza e attenzioni meno intense ma più prolungate come il caso dello spettatore.
Inoltre l’attenzione può essere spontanea o volontaria, attiva o passiva. Spontanea o passiva è quando siamo attratti da qualcosa che ci interessa e che devia il corso dei nostri pensieri, e questa non richiede alcun sforzo. Volontaria o attiva invece è quando dipende dall ‘iniziativa del soggetto, come la risoluzione di un problema, e che richiede uno sforzo più o meno intenso.
La carica affettiva, cioè i sentimenti e le emozioni, esercitano una grandissima influenza sull’attenzione, deviandone il corso e incanalandola su binari ben stabiliti, come il melanconico su idee sempre tristi, l’innamorato sull’oggetto del suo amore, ecc..
Ogni percezione lascia, nella nostra psiche, una traccia che può dileguarsi più o meno rapidamente, o persistere più o meno tenacemente. Queste tracce, integrandosi con quelle lasciate dalle percezioni precedenti, costituiscono i ricordi e la memoria.
La memoria è appunto la facoltà di conservare le tracce di impressioni ricevute, di rievocarle e di riconoscerle. Quando noi richiamiarno alla nostra mente cose che abbiamo visto, avvenimenti cui abbiamo assistito, discorsi che abbiamo ascoltato, idee che hanno attraversato la nostra mente, possiamo rievocarli nella nostra memoria, riprodurli in noi con una fedeltà più o meno grande, collocarli nel tempo associandoli con maggiore o minore esattezza ad altri avvenimenti, oppure creare noi stessi delle immagini, delle rappresentazioni utilizzando i ricordi delle percezioni passate e combinandoli in vario modo fra di ‘loro.
Ma anche ci proponiamo di rievocare un’immagine, un avvenimento nel modo più fedele possibile, la nostra memoria ci inganna sempre, in maggiore o minore misura.
Il ricordo non è mai la riproduzione fedelissima di una percezione passata: è sempre qualcosa di diverso, perché una parte, sia pure piccolissima, delle tracce lasciate in noi dalle percezioni va quasi sempre perduta, e perché al residuo delle percezioni passate si aggiunge spesso, inconsciarnente, qualcosa di estraneo o qualcosa di nuovo dovuto a percezioni avute in seguito. La diffcoltà nella formazione delle tracce mnemoniche è quasi sempre legata, e spesso dovuta, ad un difetto di attenzione.
A questo punto dovremmo dire qualche parola su due processi psichici assai importanti: l’ideazione e la coscienza.
Per coscienza intendiamo quello stato psichico che ci permette di utilizzare le impressioni che ci giungono dal mondo estemo ed i prodotti della nostra attività interiore. Nell’incoscienza ogni contatto con il mondo estemo è perduto ed ogni attività psichica è spenta; un tale stato di incoscienza assoluta si riscontra solo nel coma.
Ma tra la coscienza e l’incoscienza esiste tutta una serie di gradi, fra cui annoveriamo il cosiddetto sub-cosciente.
Come già abbiarno detto, nella vita di ogni giomo innumerevoli percezioni raggiungono la nostra coscienza; molte vengono immediatamente elaborate ed utilizzate e lasciano delle tracce persistenti, ma la maggior parte di esse si dilegua e non lascia, in apparenza, alcuna traccia. Ma questo dileguarsi di percezioni, di idee, di sentimenti, che pure sono stati vissuti, anche solo per breve tempo, non è che apparente: essi rimangono in noi, al di sotto della soglia della coscienza, e possono, in particolari circostanze, venire a galla. Non solo, ma anche quando non raggiungono la soglia della coscienza, non rimangono inerti: lavorano nel mondo del sub-conscio, formando pensieri, concetti, elaborazioni complicatissime che, per particolari stati d’animo, forti cariche emotive, o determinati artifizi, possono balzare a galla, lasciandoci perplessi o stupiti, perché siamo sicuri di non avere mai percepito o pensato cose simili che spesso appaiono più grandi delle nostre possibilità, e l’elaborazione è stata talmente complessa che sarebbe impossibile risalire col ragionamento alle varie percezioni di base che l’hanno determinata.
A questa improvvisa e sconcertante presa di coscienza diamo impropriamente diversi nomi: intuizione, folgorazione, lampo di genio, ispirazione, ecc., e bisogna stare attenti a non confondere queste situazioni con il raggiungimento di qualcosa di trascendente, dandogli magari addirittura il nome di Illuminazione o di Conoscenza.
Ancora due parole sull’ideazione. Il processo dell’ideazione si compie in virtù di un doppio meccanismo: per un processo di astrazione, con il quale gli elementi comuni a diverse rappresentazioni vengono isolati, liberati dai caratteri specifici delle singole rappresentazioni. ed acquistano il valore e l’autonomia di concetti; e4 per un processo di associazione, per cui una rappresentazione, un ricordo, un’idea, richiama altœ rappresentazioni o idee che hanno con quella alcunché di comune.
Dalle rappresentazioni di un lago, del mare, di un fiume, della pioggia nasce, per astrazione, l’idea dell ‘acqua.
Il ricordo di un avvenimento, la vista di una persona, una parola, un nome ci richiamano, per associazione, altri avvenimenti, alcuni caratteri di quella persona, alcune proprietà dell ‘oggetto espresso da quella parola, od altre parole che hanno con quella rassomiglianze fonetiche.
1 processi di associazione di possono dunque compiere diversamente, poiché diversi sono i rapporti fra le varie immagini ed idee. Alcune immagini o idee ne richiarnano altre simili (associazione per somiglianza), oppure altre che hanno significato o valore opposto (associazione per contrasto), oppure richiamano altre immagini che sono ad esse legate da un rapporto purarnente occasionale: l’evocazione di un avvenimento personale richiama il ricordo degli avvenimenti che l’hanno preceduto o seguito, delle persone che vi hanno preso parte, dell’ambiente e del tempo in cui è accaduto (associazione per contiguità).
Questi processi di astrazione e associazione sono enormemente facilitati dal linguaggio il quale sostituisce alle cose e ai concetti i simboli che li rappresentano.
Un particolare processo di ordine superiore, il ragionamento, mette a confronto diversi concetti, distingue il probabile dall’improbabile, il possibile dalPassurdo, e ci conduce ad affermare dei giudizi.
Concludendo questo purtroppo lungo preambolo, possiamo riassumere che: il mondo sensibile ci fornisce il primo materiale della conoscenza; la memoria e le associazioni lo conservano e lo elaborano; l’attenzione dirige questo lavoro secondo un fine prefisso; il ragionamento ci conduce alla comprensione dei rapporti logici ed all’affermazione dei giudizi.
Questo gioco di utilizzazione delle percezioni, di rievocazioni, di confronti e di scelta costituisce il pensiero, dal quale dipende in gran parte il nostro comportamento.
Il pensiero è dunque la risultante di complicatissimi processi che si integrano a vicenda.
Ora prima di giungere alte conclusioni che spiegano come utilizzare queste nostre facoltà psichiche per poter giungere ad una migliore conoscenza e ad un progresso su noi stessi, vi devo spiegare brevemente alcuni esperimenti eseguiti da fisiologi americani su uno degli organi di senso dell’uomo: la vista.
Questi ricercatori hanno scoperto che le circonvoluzioni cerebrali nelle quali sono localizzati i sistemi visivi, sono plastiche e vengono modificate dall ‘esperienza.
Da ciò deriva direttamente che, nel nostro mondo visibile, ciò che oggi vediamo è probabilmente, almeno in parte, determinato da ciò che abbiamo visto in passato.
Tale processo di adattamento delle proprietà dei rivelatori visivi con l’ambiente visivo avrebbe luogo continuamente, dall ‘inizio alla fine della vita.
Questa importante scoperta è in grado di incidere notevolmente nella dibattuta questione su quanto è da noi geneticamente ereditato e quanto invece viene acquisito con l’esperienza, indicandoci che noi acquistiamo dalla nascita solo la capacità potenziale di vedere, ma in realtà non vediamo nulla, e solo dopo svariati stimoli acquistiamo tale facoltà.
Quando noi ci guardiamo attomo, i raggi di luce che cadono sui nostri occhi sono esattamente gli stessi che colpiscono gli occhi di qualsiasi altra creatura nella nostra stessa posizione, sia essa un coniglio, una tana o una mosca.
Ma le cose del mondo estemo che interessano noi non sono quasi certamente altrettanto interessanti per quegli animali e viceversa: ciascuno vede in effetti ciò che lo interessa, e le caratteristiche del sistema visivo di ogni specie sono probabilmente corrispondenti alle sue necessità compoflamentali.
Alcune delle maggiore restrizioni di ciò che un animale è in grado di vedere sono dettate dalle proprietà ottiche dei rispettivi sistemi visivi. Cosi noi non possiarno percepire la luce ultravioletta giacché le nostre lenti la filtrano prima che essa possa raggiungere la retina; ma certamente alcuni animali la percepiscono.
E la retina stessa impone altre notevoli limitazioni visive. Alcuni animali non percepiscono i colori perché tutti i loro coni hanno la stessa contemporanea sensibilità spettrale; altri animali mancano di bastoncelli e sono pertanto virtualmente ciechi dopo il crepuscolo; altri ancora, come le mosche, pur avendo un vasto angolo visivo, hanno i rivelatori così distanziati che la loro acutezza visiva è senz’altro molto ridotta (coni e bastoncelli sono particolari elementi cellulari della retina che ricevono gli stimoli luminosi e li trasmettono, attraverso i nervi ottici, trasformati in stimoli bio-elettrici ai centri visivi cerebrali. 1 coni sono deputati alla visione diuma, e alla sensibilità ai colori, mentre i bastoncelli svolgono 1a loro funzione nella visione nottuma e in quella in bianco e nero).
Secondo alcuni recenti studi, le vie nervose e cerebrali dettano ancora più severi limiti all ‘analisi visiva.
Ciascuna specie ha la sua collezione specifica di rivelatori ai vari livelli del sistema visivo, e ogni neurone visivo ha caratteristiche piuttosto precise che, una volta innescato, producono impulsi specifici: solo una certa immagine, su un certo punto della retina, solleciterà quella cellula nervosa.
Così le rane hanno particolari “rilevatori di insetti” che corrispondono solo ad un piccolo oggetto che voli nel loro campo visivo, ed hanno dei “rivelatori di novità” che scattano soltanto allorché un oggetto in movimento nella loro visuale cambia direzione.
Uno studio interessante è stato condotto a Carnbridge, allevando dei gatti completamente al buio fin dalla nascita, e introducendoli soltanto per qualche ora al giomo in ambienti speciali le cui pareti erano dipinte a strisce orizzontali oppure verticali. A cinque mesi e mezzo, gli animali sono stati condotti in un ambiente qualsiasi per osservare il comportamento. Per qualche ora, essi sembrarono totalmente ciechi, ma poi cominciarono a seguirc con gli occhi oggetti che si muovevano e ad esplorare il loro nuovo mondo.
Ma questo era un mondo un poco più vuoto del normale, giacché essi erano ciechi rispetto agli orientamenti opposti a quelli cui erano stati abituati. Il gatto assuefatto alle righe verticali, ad esempio, non mostrava alcuna reazione di fronte ad un foglio dipinto a strisce orizzontali spinto verso di lui, e viceversa.
La ragione di questo comportamento fu successivamente rivelata dall ‘EEG; esso rese infatti evidente la mancanza di cellule visive per quel particolare orientamento che il gatto non aveva mai avuto occasione di sperimentare.
Solo dopo molto tempo questi animali tomarono normali, cioè simili a quelli che non avevano subito questo trattamento.
La qualità plastica delle cellule visive che questi studi hanno sottolineato, e cioè la
loro capacità di adattamento al mondo visivo esterno, è senz’altro utile all’animale, in quanto il suo cervello viene proporzionalmente reso più sensibile a quelle cose che l’animale vede più spesso, perché rivestono per lui un maggiore interesse.
Queste esperienze portano a formulare l’ipotesi assai probabile (poiché le altre funzioni cerebrali sono simili) che tale capacità di adattamento non sia esclusiva del sistema visivo, ma sia presente in qualsiasi altro campo della esperienza e della percezione.
Ciò comporterebbe, in caso di percezioni diverse dalle solite, un totale rivolgimento anche delle funzioni psichiche superiori, dalla conoscenza alle associazioni, alle ideazioni, al ragionamento, al pensiero stesso.
Tutti questi esperimenti ci lusingano, nella nostra presunzione umana, all’idea che esistano cose reali appartenenti al mondo reale, che perè restano letteralmente al di là della nostra comprensione, non possedendo noi l’apparato nervoso adatto a conoscerle.
Forse esistono dei suoni dolcissimi a milioni o miliardi di Hz che il nostro misero orecchio non sente; cose od oggetti dai meravigliosi colori sconosciuti che il nostro occhio non vede; profumi od essenze delicatissimi che il nostro olfatto non percepisce; e magari impalpabili e invisibili esseri viventi che il nostro tatto non riesce a toccare. Gli animali privi di coni retinici, e quindi con visione solo in bianco e nero, non immaginano neppure che esistano i colori che vediamo noi.
Non è forse quindi lecito pensare che anche noi non abbiano le possibilità di percepire cose inimmaginabili?
Queste però sono ipotesi che, poiché esulano dalle nostre possibilità fisiche e psichiche, non potremo mai, dico mai, controllare con i nostri mezzi per asserirne la veridicità.
Facciamo ancora un passo avanti.
Quando parliamo di Trascendente con la T maiuscola, quando parliano di Spirito Universale, di Conoscenza Integrale, di Vita Ultraterrena, che cosa facciamo? IPOTESI.
Ipotesi meravigliose di cui nessuno potrà mai avere la certezza, perché i mezzi a nostra disposizione hanno un limite massimo oltre il quale non potremo mai andare.
E allora che cosa giova alla nostra Realizzazione parlare di queste cose?
La nostra Realtà è quella imposta dai nostri limiti; che ne esistano altre, ben superiori è un’ipotesi molto suggestiva, ma di nessuna realtà pratica.
E allora, mi direte voi, che cosa si può fare per progredire sulla via della Conoscenza e della Realizzazione?
Che cosa dobbiamo fare per conoscerci meglio e per migliorarci?
C’è un mezzo, abbastanza semplice da capire, ma assai difficile da mettere in pratica.
Quando ho detto che le nostre possibilità hanno dei limiti insuperabili, non ho detto che questi limiti li abbiamo raggiunti, anzi ne siamo ben lontani.
Quindi non ci resta che sforzarci a mettere in funzione ogni nostra attività psico-sensoriale in modo da migliorare costantemente la nostra conoscenza, che dovrà essere raggiunta nel nostro mondo, nella nostra realtà, quella di tutti i giorni, che ci sfugge, perché il nostro pensiero è cieco ad essa per non averla mai vista: come il gatto è cieco alle righe orizzontali o verticali perché non le ha mai viste. In che modo dobbiarno agire?
Qui entrano in gioco le facoltà psichiche di cui ho parlato all’inizio.
In primo luogo modificare le percezioni sensoriali, modificando l’attenzione. Noi siamo distratti dall ‘attenzione passiva che, non richiedendo nessuno sforzo, è quella che ha il sopravvento su di noi e finisce per darci sempre le stesse informazioni, incanalando il nostro pensiero su schemi fissi.
Usiamo di più l’attenzione attiva ponendo attenzione alle cose che ci sembrano più insignificanti, guardandoci intorno in modo diverso, modificando i significati della vita.
Già cominceremo gradatamente a vedere e percepire un’infinità di cose che non avremmo mai immaginato, e gradatamente anche noi vedremo le strisce verticali od orizzontali come il gatto. Plasmiamo le nostre cellule cerebrali a nuove sensazioni, modificando l’intensità delle percezioni. Cerchiamo di catnbiare i processi ideativi nei loro due meccanismi di astrazione e associazione: otterremo dei diversi modi di ragionare, e quindi modificheremo anche il nostro pensiero e bon esso la nostra Essenza stessa.
La Realtà è qui attorno a noi, e la Luce che cerchiamo ci sommerge fino al collo, ma dobbiamo entrambe vederle, sentirle, concepirle, plasmando le nostre cellule cerebrali in modo diverso da quello che abbiamo fatto finora.
Abbiamo la fortuna che con noi lavora, per conto suo, il nostro sub-conscio, come un amico che ci è vicino, e che ogni tanto ci rivela le sue scoperte.
Queste scoperte sono finite e reali e altro non devono servire che ad intrecciarsi con le nostre per fonnare con esse dei nuovi concetti, delle nuove informazioni da elaborare, per rendere il nostro Io, unico ed indissolubile in tutte le sue manifestazioni, a delle conoscenze sempre superiori che, se non raggiungemmo la Conoscenza Integrale, serviranno sempre a conoscerci meglio e a darci la Serenità, la Pace, la Gioia, la Sicurezza che tanto ci mancano e che, in fondo, costituiscono l’unica vera Realizzazione che siamo in grado di ottenere, e che è più che sufficiente per dare uno scopo alla nostra Esistenza. R. Sprt, 28 marzo 1974 dell’e:. v:. (1 0 grado