SCIENZE
La medicina nel medioevo di M. P. F.
La trattazione del periodo medioevale impone allo storico un severo impegno di critica. Esso è abitualmente considerato una età di decadenza e di ristagno ed il solo aggettivo medioevale suggerisce di solito l’idea della involuzione, superstizione e dell’inerzia. In effetti la medicina era allora decaduta ad un livello molto basso.
Arcaici i concetti sulle malattie; diagnosi e prognosi si fondavano sulla posizione delle stelle o sull’esame delle urine; le cure consistevano in salassi e nell’uso di erbe la cui azione era poco conosciuta; l’anatomia veniva insegnata in base ai vecchi testi o, al massimo, alla dissezione di animali; l’alchimia si indirizzava verso la ricerca dell’elisir di lunga vita; la chirurgia era dominio di ciarlatani. Stando così le cose, non ci deve stupire il fatto che, nella Bologna del 1250 nessun medico volesse curare un nobile ferito, per timore di rappressaglie in caso di esito fatale.
Eppure non si può dire che la medicina medioevale presenti sempre un quadro così scoraggiante: qua e là qualche spiraglio di luce lascia intravedere la prossima ripresa della scienza. Si venivano fondando scuole di medicina dai metodi sempre più progrediti. L’anatomia veniva riconosciuta come la base della chirurgia; in questa branca si andava escogitando qualche nuovo metodo e si erano inoltre introdotte rudimentali misure preventive contro il dilagare della peste. Così anche il periodo medioevale diede il suo modesto, ma pur sempre importante, contributo alla scienza medica. Le vite e le opere di medici e chirurghi del Medioevo occupano quindi una pagina importante nella storia della Medicina. A quel tempo la medicina era comunque coltivata in due ambienti spiritualmente assai diversi: la chiesa cristiana ed il mondo arabo. Non si può negare che la chiesa cristiana dei primi tempi abbia ritardato il progresso della scienza medica: i primi cristiani interpretavano troppo alla lettera il potere guaritore dei seguaci di Cristo, negando ai medici l’autorità della guarigione. Essi asserivano che non si doveva in nessun modo sminuire la supremazia del solo Grande Medico. Così la medicina dovette cedere il passo alla Chiesa. Già di per se stesso il concetto cristiano della malattia era
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retrogrado. San Basilio di Cesarea, per esempio, che nel 375 d. C. fondò uno dei primi ospedali di cui si abbia notizia, negava che tutte le malattie fossero di origine naturale ed asseriva che molte erano mandate da Dio in punizione dei peccati commessi e richiedevano solo preghiera e pentimento. Rinnegato Ippocrate, si portavano le prove di miracolistiche guarigioni nelle chiese e tanto bastava perché il bigottismo dei fedeli escludesse qualsiasi altro intervento risanatore. Per di più il corpo umano era sacro e la dissezione proibita. Anatomia e fisiologia divennero scienze morte e tutte queste restrizioni dissuadevano via via gli studiosi dall’ intraprendere la professione medica. L’ostilità alla scienza secolare raggiunse il massimo nel 391, quando una turba di fanatici cristiani diede fuoco alla grande biblioteca di Alessandria d’Egitto, distruggendo molti inestimabili tesori del sapere. Non dimentichiamo comunque di essere debitori ai monaci del Medioevo della conservazione di quelle opere antiche che influirono ed ancor ora influiscono sull’indirizzo della medicina. L’altra grande miniera di scienza medica durante l’alto Medioevo fu fornita dagli Arabi. Essi costruirono il loro sistema medico in modo logico e bene articolato, aggiungendo alle prime traduzioni dal greco osservazioni originali. Ma il loro più alto contributo alla medicina riguarda il ramo della Farmacologia e, intimamente legata a questa, della chimica. Grandiosi furono gli ospedali da essi costruiti in Europa e molti loro insigni medici sono tuttora ricordati.
Cinquecento anni più tardi la medicina araba si fuse con quella monastica dando luogo alla famosa scuola di Salerno. Ricordiamo che la medicina monastica, nascosta nelle chiese e nei conventi, svolse una utile funzione per l’opera di sconosciuti monaci che per anni si affaticavano a copiare, a miniare ed a tradurre gli autori classici. Salerno fu la sede della prima scuola medica organizzata d’Europa. Essa piantò quel seme che doveva dare in pieno i suoi frutti qualche secolo più tardi nel Rinascimento. Alcuni asseriscono che la scuola sia stata fondata da Carlo Magno, altri la dicono una diretta emanazione della medicina araba, ma non vi è alcuna prova sicura in favore dell’una o dell’altra tesi. Raggiunse il massimo della fama nei secoli x e XI, per poi cedere il passo nel XIII secolo, alle scuole di Napoli, di Montpellier e di Bologna.
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Montpellier, come Salerno, era un luogo di cura, oltre che un ambiente celebre per la complessa sua cultura, sensibile persino allo spirito dell’antica Grecia; inoltre la sua posizione geografica la rendeva facilmente accessibile sia dall’Italia sia dalla Spagna. Per tutte queste ragioni non ci stupisce il sorgervi ed il fiorirvi di un grande centro di medicina.
Il suo docente più notevole fu Arnaldo di Villanova: laureato in teologia, medicina e legge, scrisse molti testi, soprattutto di medicina. Il suo era uno spirito di ricerca insolito a quei tempi, e spesso di critica verso i predecessori. Col sorger delle scuole di Padova e di Parigi e con la partenza del Papa da Avignone, Montpellier perse parte della sua importanza, tuttavia anche ai nostri giorni rimane un centro di scienza medica.
A questo punto, il criterio di successione cronologica ci porta a ricordare due grandi studiosi, ciascuno dei quali influenzò la vita intellettuale del suo tempo: Ruggero Bacone e Alberto Magno. Bacone ebbe idee così avanzate rispetto ai suoi tempi da sembrare anacronistico come personaggio medioevale. Dopo aver studiato ad Oxford, insegnò per qualche tempo a Parigi; disponendo di mezzi, poté spendere somme ingenti per i suoi esperimenti. Gli si attribuiscono le invenzioni degli occhiali, della polvere da sparo. Egli insisteva sul valore dell’esperienza a fronte dell’argomentazione. La medicina si era smarrita tornando sui sentieri della filosofia aristotelica; la scolastica, con le sue discussioni a vuoto, sradicate dalla realtà, aveva danneggiato la scienza; vi era urgente bisogno di un soffio di vita nuova, e solo Bacone poteva darlo. Con lui, lo svevo Alberto Magno, uomo fra i più colti del Medioevo, scrisse originali saggi.
Ma nessuna relazione sulla medicina medioevale sarebbe completa senza un accenno alla terribile ed estesissima epidemia di peste, che con il nome «Morte Nera» devastò il mondo civile nel XIV secolo. Circa un quarto della popolazione civile della terra allora conosciuta perse la vita nel contagio. Boccaccio nel suo Decamerone ci ha dato una drammatica descrizione della peste in Italia: «a migliaia per giorno infermavano, e non essendo né serviti né aiutati d’ alcuna cosa, quasi senza alcuna redenzione morivano… Non bastando la terra sacra alle sepolture… si facevano fosse grandissime nelle quali a centinaia
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si mettevano i sopravvegnenti e in quelle stivati, come si mettono le mercanzie nelle navi, a suolo a suolo, con poca terra ricoprieno». Le cure erano di scarsa efficacia, ma opuscoli sulla peste scritti per illuminare il popolo consigliavano di praticare salassi e bere aceto. E interessante notare che un opuscolo di questo genere è stato forse il primo libro di medicina stampato in Inghilterra nel 1485.
Gli ospedali più antichi erano di fondazione ecclesiastica, e la Chiesa incoraggiava l’opera di ricovero ed assistenza a malati e feriti. Uno dei primi ospedali medioevali è ancora visibile nell’isola di Rodi, dove fu fondato dai cavalieri di San Giovanni durante le crociate. Nel tardo Medioevo furono costruiti molti begli Ospedali con vaste sale ben pavimentate illuminate da ampie finestre, e le pareti suddivise in cubicoli per i giacigli. Vi erano sufficienti provviste d’acqua e perfino sistemazioni di fognature. Libri e manoscritti dell’epoca, ricchi di illustrazioni, documentano ampiamente la medicina medioevale. Anatomici rappresentati nell’atto di sezionare cadaveri ed indicarne le parti agli allievi furono uno dei soggetti preferiti dai pittori olandesi del XVI secolo. Ma i disegni più antichi mostrano che l’operazione effettiva della autopsia non veniva eseguita dall’anatomico stesso. Anche la diagnosi mediante l’esame delle urine era soggetto comune di rappresentazione fino a tempi relativamente recenti. Troviamo, ad esempio, un medico con manto azzurro bordato di ermellino e berretto di velluto, mentre, nell’atto di tastare il polso all’ammalato, leva verso la luce, con mano carica di anelli, un bicchiere colmo d’urina; la madre del paziente segue le sue mosse con venerazione ed ansia. Molte altre miniature e xilografie antiche ci informano sulla vita medica dell’epoca, così che si potrebbe impararne la storia, senza la fatica della lettura e della traduzione.
E generalmente ammesso che la medicina raggiunse il vertice della crisi nel 1543, anno in cui comparvero in De revolutionibus orbium coelestium ed il De humani corporis fabrica, nei quali rispettivamente Nicolò Copernico ed Andrea Vesalio sovvertirono ogni sistema corrente di astronomia e di medicina.
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