RAMANA MAHARSCI

Ramana Maharsci

Venerabile Maestro, Fratelli tutti di ogni DiYÌità e Grado,

vi chiedo perdono per la mia, diremo così, petulanza nell’insistere a parlare, ma sento un forte impulso a comunicarvi quanto trovo sommamente importante, ai fini di quella Ricerca che siamo massonicamente tenuti a continuare.

In risposta a molte domande che sono emerse nelle tomate precedenti, mi trovo spinto ad esporvi le risposte che sono state date da Uomini che le hanno trovate in Spazi trascendenti, che sono accessibili a tutti coloro che, con certezza d’intento (quello che si suole dire anche purezza di cuore), con coraggio e senza alcun preconcetto, desiderano arrivarci.

Vi prego di non rimanere bloccati entro uno sciovinismo occidentalistico, come quello che impedisce a tante persone di accettare qualcosa che non proviene dalla cosiddetta cultura europea, comprendendo in essa quel prolungamento dell ‘Europa che è il Nord America. Anche con un esame superficiale, potrernmo trovare nelle dottrine orientali l’anticipazione di tutte le scoperte delle scienze e delle filosofie nostrane; vale quindi la pena di vederne qualcosa.

Vi riferirò le parole di Ramana Maharsci, il grande illuminato indiano passato all ‘Oriente Eterno nel 1950, dopo settant’anni di vita spesa nella contemplazione e nello spargere aiuto ed insegnamento alle innumerevoli persone che accorsero a Lui per trovare consolazione e risposta ai loro dubbi; e, fra loro, si contano molti ed anche illustri uomini dell’Occidente. Lo scrittore Paul Bruton, che lo visitò da scettico, con tutto un questionario predisposto in anticipo, rimase giorni e giorni davanti a Lui in silenzio e sentì che, nel silenzio, tutte le sue domande avevano avuto risposta.

Nel dialogo che vi riporto, un Indiano erudito, studioso di filosofia, laureato in un’Università Indiana, presenta a Ramana Maharsci quattordici domande alle quali rispose, per iscritto, su di una lavagna.

D. Swami (maestro), chi sono io? E come posso raggiungere la salvazione?

R. Con l’incessante ricerca interiore “Chi sono io?”, tu conoscerai te stesso e con ciò sarai salvato.

D. Chi sono io?

R. Il vero Sé non è il corpo, né alcuno dei cinque sensi, né gli oggetti dei sensi, né gli organi dell’azione, né la forza vitale, né la mente e neppure quello stato di sonno profondo nel quale non c’è coscienza di tutti questi.

D. Ma se io non sono nessuna di queste cose, che sono?

R. Dopo aver scartato ognuna di esse, ed aver visto che “io non sono quella”, ciò che rimane è I ‘IO e questo IO non è che consapevolezza.

D. Quale è la natura di codesta Consapevolezza?

R. Essa è SAT-CIT-ANANDA, Essenza, Consapevolezza e Beatitudine, nella quale non resta la benché minima traccia del concetto dell’ego. E anche chiamata MAUNA (Silenzio) oppure ATMA (il Sé). Essa è la sola cosa che È (v. la distinzione tra essere ed esistere). Se la triade del mondo, ego e Dio si considera formata da tre entità separate, esse non sono che mere illusioni simili all’apparire dei baleni argentei nella madreperla. Dio, l’ego ed il mondo sono in realtà forme del Divino (Scivasvarupa), o forme del Sé (Atmasvarupa).

D. Come ci è possibile rendersi conto della Realtà?

R. Quando le cose saranno sparite, appare la vera natura di colui che le osserva, del soggetto della consapevolezza.

D. Non è possibile rendersi conto di Quello mentre vediamo ancora gli oggetti esterni?

R. No, perché colui che vede e ciò che è visto sono come la fune della favola, che ha l’apparenza di un serpente. Finché non ti liberi dell’apparenza del serpente non potrai accorgerti che ciò che vedi è solo una corda

D. E quando svaniscono gli oggetti estemi?

R. Se la mente, che è causa di tutti i pensieri e di tutte le attività, si arresta e svanisce, svaniscono anche tutti gli oggetti estemi.

D. Quale è la natura della mente?

R. Solo per mezzo dell’indagine “chi sono io?”. Per quanto questa sia ancora un’operazione mentale, essa distrugge tutte le operazioni mentali, compresa se stessa (che non è che un coacervo di operazioni di pensiero), così come il tizzone usato a scuotere la legna della pira funebre, che si riduce anch’esso in cenere dopo che legna e cadavere sono stati abbruciati. Allora soltanto giunge la consapevolezza del Sé. Il concetto dell’ego è distrutto, anche se sussistono la respirazione e gli altri segni di vita. L’ego e la forza vitale hanno la stessa origine. Qualunque cosa tu faccia, senza ego-ismo la devi fare, ossia senza il senso di io sono colui che lofà. Quando un uomo raggiunge questo stato, anche la sua donna gli appare come la Madre Universale. La vera Fede è l’abbandono dell’ego e del Sé.

D. Non c ‘è altro mezzo perfare sparire la mente?

R. Non c’è altro mezzo adatto salvo la Ricerca del Sé, se la mente si acquieta con altri mezzi, essa rimane in quiete per poco, e poi toma ad apparire e riprendere le sue attività di prima.

D. Ma quando tutti gli istinti e le tendenze congenite, come quello della conservazione, possono essere superati in noi?

 Più ti immergerai nel Sé, più tutte codeste tendenze appassiscono e finiscono con cadere come foglie secche.

D. È davvero possibile sradicare tutte queste tendenze che si sono radicate in noi attraverso tante rinascite?

R. Non lasciare mai nella tua mente spazio per simili dubbi, ma immergiti nel Sé con animo risoluto. Se la mente è costantemente. diretta verso il Sé per mezzo di questa indagine, finirà col dissolversi e trasformarsi nel Sé. Quando tu senti qualche dubbio, non cercare di delucidarlo, ma cerca di sapere chi è quello a cui viene il dubbio.

D. Quanto tempo devo andare avanti con questa indagine?

R. Finché nella tua mente c’è il minimo impulso a creare dei pensieri. Finché il nemico occupa la fortezza continuerà a tentare delle sortite; se tu ammazzi i nemici via via che si affacciano alla porta, la fortezza finirà per cadere nelle tue mani. Allo stesso modo, ogni volta che un pensiero alza la testa, schiaccialo per mezzo di questa indagine. Lo schiacciare ogni pensiero alla fonte è detto spassionatezza o distacco (in lingua indiana, Vayraghia). Cosi la Ricerca del Sole (Viciara) continua ad essere necessaria fintantoché non è stata presa coscienza del Sé. Ciò che si richiede è un continuo, ininterrotto ricordarsi del Sé.

D. Ma questo mondo, e ciò che vi succede non è il risultato della volontà di Dio? E se è così, perché Iddio lo vuole?

R. Dio non ha dei propositi. Egli non è legato da nessuna azione e le attività del mondo non lo tangono. Prendi per analogia il Sole; esso sorge senza che lo voglia, né si sforzi, né con alcun fine; eppure, al suo sorgere, il mondo si mette in movimento, la lente colpita dai suoi raggi dà fuoco, si schiude il bocciolo del fiore, l’acqua evapora, ogni essere vivente entra in attività, la continua, finché finisce di agire. Ma il sole non è toccato da tutte queste attività ed agisce solo secondo la propria natura, secondo certe leggi, senza alcun proposito e non è che un testimone. Così è di Dio. Oppure prendi in considerazione lo spazio, l’etere. In lui c’è la terra, l’acqua, il fuoco e l’aria tutta, e tutti vi svolgono le loro attività; eppure esse non affettato l’etere e lo spazio. Lo stesso è di Dio: egli non ha desideri, né propositi negli atti della sua creazione, della conservazione, della distruzione e del riassorbimento, ed anche della salvazione, a tutti i quali è sottomessa ogni cosa esistente. Poiché gli esseri raccolgono le conseguenze delle loro azioni secondo le Sue Leggi, la responsabilità è di loro e non di Dio. Dio non è legato a nessuna azione.

Col dire che la vera natura di colui che osserva appare solo quando le cose viste sembrano sparire, Ramana Maharsci non intende suggerire l’inconsapevolezza del mondo fisico, ma raggiungere quello stato nel quale il mondo appare un riflesso del Sé e si richiama alla parabola che diede ai suoi tempi (circa il 600) quel grande Saggio che fu Sri Shankara Ciaria. Egli disse che le cose del mondo ci appaiono cosi come ad uno che vede una corda nella penombra, la prende per un serpente e si spaventa, ma, crescendo la luce, l’illusione svanisce ed il temuto serpente si vede che è una fune sul suolo. La Realtà dell’Essere è la fune, l’illusione del serpente che lo ha spaventato è il mondo che ci pare oggettivo.

Fratelli  vi chiedo perdono se questa esposizione è gettata avanti con una certa, diciamo cosi, brutalità. Ho dato per sottintesa una cosa fondamentale che cercherò ora di esporre molto succintamente, in alcuni punti. Anzitutto, che cos’è la Realtà? Secondo il Vedanta, è realtà solo ciò che esiste sempre, che è immutabile e non ha mai né aumento, né diminuzione. Tutta le cose del mondo sensibile – vita, salute, possessi, affetti, intelligenza, ecc. – non hanno quindi realtà. Il discorso parrebbe assurdo, perché se ricevo una martellata su di un dito, o domani mi scade una cambiale, vivaddio, mi pare ben reale! L’unico argomento che si può opporre a ciò sarebbe dato dalla conoscenza diretta di codesta conclamata Realtà. Ma ecco che moltissimi ci insegnano come cercarla e come trovarla; ed una volta trovata, ecco che si ha Essenza, Conoscenza, Beatitudine. Non vogliamo credere loro? Allora, se non siamo solo dei Bastian contrari, armiamoci di buona volontà e di molto scetticismo, andiamo a vedere se quei Famosi Saggi non ci hanno contato della balle . . ed è molto probabile che, se ce la mettiamo tutta, la troviamo anche noi, Quella Realtà; e, en noi ci troviamo risolti anche un sacco di problemi projàni.

Una seconda considerazione, che ha fatto dubbiar ben saggi, è questa: se ci facciamo in po’ di introspezione, dobbiamo riconoscere che, dietro l’occhio che riceve uno stimolo luminoso, c’è qualcosa che prende atto di questo stimolo e lo trasforma in un messaggio ad un certo computer, che lo trasmette ad un altro, il quale registra certe emozioni, ma dietro a questo tipo che si emoziona ce n’è un altro che osserva colui che si è emozionato, e magari lo controlla; poi ce n’è ancora uno che, tutto soddisfatto, osserva: “toh, come mi sono controllato bene!” . come mi sono controllato, c’è un me stesso, ecc. ecc.. Dall’uno all’altro anello di questa catena, arriverò ad un me stesso che è l’osservatore immobile di tutto ciò che avviene nel suo campo d’osservazione. Chi ci dice che Esso non stia anche a vedere, inalterato, l’ episodio dell ‘amore e quello della morte?

Fratelli carissimi, vi ringrazio della vostra indulgente attenzione e vi abbraccio in nome del G:. A:. D:. U M. Bnc

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *