Vecchiaia
Venerabile Maestro, Fratelli tutti di ogni Dignità e Grado,
vorrei parlarvi di un problema che è particolarmente urgente per me, ma che deve essere presente non solo agli uomini che, come me, sono molto avanti negli anni, ma anche a coloro che, giovanissimi o maturi, vedono pur sempre avvicinarsi quello stadio della vita che è chiamato vecchiaia.
Nella società attuale abbiamo, da un lato, le scienze che sono riuscite, in continuo progredire, ad allungare la vita media dell’uomo (penso che, grosso modo, nel giro di un secolo e mezzo la vita media si sia raddoppiata), ed anche ad alleviare e quasi a sopprimere i disturbi della vecchiaia; con che, tutta l’umanità sta invecchiando, perché il numero dei vecchi, rispetto ai giovani, cresce continuamente.
D’altro lato, le generazioni giovani spingono; sono bramose di raggiungere al più presto la situazione di maggiore potere economico e sociale che consegue all ‘avanzare nelle carriere, quali che esse siano. E d’ altronde, sempre più presto negli anni i giovani acquistano capacità e cognizioni profane che un tempo erano raggiunte in età più avanzate.
Obiettivo generale è l’ottenimento del maggior numero possibile di soddisfazioni profane che, infine, la cosiddetta società dei consumi moltiplica fantasiosamente all’infinito.
Questo ottenimento è oggi universalmente l’obiettivo ‘,mico della vita; ecco che vediamo i giovani che lo vogliono realizzare subito; uomini maturi che lo vogliono conservare ed aumentare senza limiti; e vecchi che non si rassegnano ad aver sorpassato o perduto quello mentre la scienza si prodiga ad offrire loro tutti i mezzi per conservare le prerogative dell ‘età media.
Il risultato è quello di una senenza ostinata o Iarnentevole, sgradita a sé ed agli altri; ed al limite, di un gruppo posto all’estremo superiore della scala delle età, che la società deve pur mantenere, e che ha perduto le condizioni di elemento produttore della società.
Nella visione tradizionale della vita, i gruppi più giovani corrispondono allo stadio dei desideri e delle speranze; speranze che si attuano nel secondo stadio, quello della mezza età. In questo secondo stadio, nel quale l’uomo, pur irnmerso nelle sue funzioni sociali di produttore e di fruitore, di generatore di nuovi esseri umani, si rende conto della fugacità della soddisfazione delle proprie bramosie giovanili; avviene una riconsiderazione del significato della vita e si presenta un nuovo desiderio, che è quello di comprendere pienamente la vera finalità della presenza umana nel mondo fisico. Ci si prepara ad uno stadio nuovo; lo stadio di chi, ormai compiuta la propria funzione sociale, si può dedicare al raggiungimento di questa conoscenza, libero da quelli che erano i desideri dei due precedenti stati della vita.
Invece nessuno vuole invecchiare; la corsa al piacere la si vuole allungare all’infinito; il sostantivo o l’aggettivo giovane è diventato uno slogan che abbellisce o vuol rendere desiderabile ogni prodotto commerciale; i mass media, come la televisione ed il cinema, creano personaggi che brilland ed invecchiano nel giro di brevi anni, bruciati nella rincorsa del nuovo. Tutti vogliono parere giovani, senza rendersi conto del ridicolo di questa pretesa.
Non è il caso di farci prendere dalla disperazione. Nel seno della nostra Istituzione, nella pace e nell ‘augusta serenità del Tempio si va formando in noi quella giusta, ponderata visione della vita che con l’esempio e con l’azione possiamo trasportare nel mondo profano, per operare, nei limiti della nostra possibilità e con l’aiuto del Grande Architetto dell’Universo, per il bene dell’Umanità e, di conseguenza, a gloria Sua.
Il graduale affievolimento del nostro involucro fisico e delle sue urgenze ci lascia via via sempre più liberi per un lavoro di rieducazione interna, di revisione dei valori, della ricerca di una nuova visione del Tutto. Questo per i vecchi; ma a questo lavoro, della sgrossatura, prima, e della levigatura della pietra grezza, occorre accingersi fin dalle prime età; le pur legittime brame del giovane, le attività terrene dell’adulto e lo studio interiore del vecchio dovrebbero essere sorretti e dimensionati in vista di quella Conoscenza Superiore, unico bene imperituro e fondamento di tutte le speranze, che seppure vaghe ed indistinte, sono le uniche forze che ci spingono ad accettare la vita.
Nella mia esperienza personale, mi sono trovato davanti ad una scolta per la quale, or sono vari anni, mi sono visto svanire quella indistinta, addirittura inconscia, speranza di qualcosa di migliore che era stato sempre il vago sostegno del mio connaturato ottimismo. Forse era venuta quella che Giovanni della Croce chiama la nera notte dell ‘anima … e questa notte dura ancora, anche se vedo all’orizzonte un chiarore che è forse il lontano bagliore di quella Luce che noi cerchiamo nel Tempio. Il mio lavoro, anche se lo compio poco e male, è ormai – nel campo spirituale – la ricerca per l’ampliamento di Quella Luce.
ln questo modo la vecchiaia toma ad essere recuperata, viene ad essere il coronamento di una vita più o meno giusta e viene ad essere utile di esempio e di consiglio per le età più giovani.
M. Bnc,