LA PERPENDICOLARE

La perpendicolare

Questo simbolo ha un significato allegorico che subito colpiscc l’attenzione dell’apprendista ed, è abbastanza evidente, indica la direzione, la verticalità, la rettitudine…

Pur non sottovalutando la chiave di interpretazione etica dei simboli, giustamente preminente all’inizio dell’apprendistato, penso che su tale tipo di lettura esista già un ‘ampia letteratura e non intendo proporvi un riassunto di cose già note, preferisco divagare seguendo la fantasia, perché fissare sulla carta le idee mi aiuta a chiarirle.

La squadra indica una direzione normale ad un ‘altra, qualunque essa sia, il filo a piombo, invece, indica “la” direzione verticale.

La perpendicolarc è un corpo sensibile alla naturale attrazione delle cose e libero di abbandonarsi ad essa, per questo può indicarci la capacità di orientarsi naturalmente sulla direzione gravitazionale.

L’uomo non riceve dai suoi sensi delle indicazioni assolute, le deve ricercare indirettamente ed ha necessità di un metodo e di strumenti di lavoro.

Tutti i corpi sono soggetti alla gravità, solo il pendolo è libero di seguime la direzione senza esserne succube, ne recepisce l’orientazione, ma ha un punto fisso che gli consente di non precipitare.

La perpendicolare ricorda che esistono delle realtà che non vediamo, ma che agiscono su di noi e ci limitano pesantemente. Ciò che rimane invariato e perennc sfugge all’osservazione capace di conoscere solo per differenza, di qui la necessità di strumenti di verifica.

Occorre avere un’csatta percezione della propria pesantezza, intendo dire che è necessario rendersi conto della propria natura istintiva ed affettiva, conoscerc le proprie caratteristiche, anche se può essere impietoso. Ciò è indispensabile a stabilire una condizione di equilibrio, prerequisito a qualsiasi costruzione.

Il filo a piombo sente la forza di gravità, ma vi si oppone, il filo è teso e trattiene il peso, da questa opposizione scaturisce la possibilità di verificare la direzione. Un corpo abbandonato alla corrente del fiume non avvcrte il trascinamento, solo la reazione al moto ne rileva l’intensità, così solo l’esercizio attivo della volontà produce la consapevolezza.

Anche se per certi aspetti partecipa della passività, la perpendicolare è uno strumento attivo ed operativo, sulla tavola da disegno si tracciano le perpendicolari con6

la squadra, piantando un’asta od erigendo un muro, solo il filo a piombo può indicare la correttezza dell ‘opera.

Il muratore non sceglie né l’opera, né il luogo per edificare, è il committente che ordina un ponte per il mercante, un castello per il guerriero, un tempio per il sacerdote, ed indica il luogo ed il tempo della costruzione.

Il muratore esegue ciò che gli viene commissionato applicando sempre le medesime immutabili leggi.

Il diverso livello di conoscenza consente realizzazioni più o meno ardite.

La qualità di esecuzione è l’unica variabile sotto il cQntrollo dell’operatore. Forse è velleitario cercare grandi opere da compiere, ciò che è doveroso è compiere “bene” quello che ci viene assegnato.

La perpendicolare, come tutti i nostri strumenti di lavoro, può suggerire molte divagazioni, ma non indica la cosa più importante: “cosa fare”. E giusto che sia così, un metodo insegna “come” e non “cosa”.

Bussando alla porta del Tempio ho cercato una scuola in cui apprendere la capacità di individuare la mia via; cercare un Maestro che indica la sua via è cosa molto diversa.

Limitare la portata dell ‘esperienza muratoria alla “modalità di esecuzione” non mi entusiasma, riduce lo spazio di manovra che mi piacerebbe avere. Occorre però distinguere ed accettare la differenza fra ciò che piace e quello che invece sembra vero.

Ad un esame più attento la “qualità di esecuzione” si rivela più interessante di quanto mi era parso inizialmente. E infatti una traccia operativa, consente di spostarsi dal piano della ricerca teorica a quello della prassi.

Si possono aprire molte possibilità concrete se, con un poco di umiltà, si accetta l’idea di abbandonare grandi Œnbizioni di realizzazione e si decide di fare attenzione alle piccole realtà a portata di mano, anche se bisogna ammettere che sognare è bello, ridimensionarsi lo è molto meno.

Non rinuncio a sperare che, dopo aver salito questo faticoso gradino, si possa, con l’aiuto dell ‘immaginazione, trovare un orizzonte più ampio.

G. B. Plin,

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