AIUTO

Aiuto

Maestro Venerabile, carissimi Fratelli tutti,

perché proprio aiuto’? Forse il titolo giusto non avrebbe dovuto essere questo, forse era più giusto intitolare la tavola “Storia di un apprendista” in quanto proprio una storia, o meglio la mia storia, è alla base di quanto voglio esporre.

La storia di un uomo, con il suo carattere, il suo vissuto, che un giorno decide di affrontare una nuova avventura, l’ingresso in Massoneria. E una scelta diversa da quelle sin ora affrontate, non lo coinvolge nel lavoro o nel tempo libero e neppure da ciò ne è motivata. Non incide nella sfera affettiva, ma piuttosto nella non bene identificata ricerca dell ‘io, dell’anima, dell ‘esistere.

E una storia che inizia bene, così come se la era aspettata, secondo un copione pensato o, meglio, immaginato. Gli dicono che ha il diritto di imparare, di capire, e che la Loggia ha il compito di insegnargli, che la strada da percorrere è lunga, difficile.

E così un giorno dopo l’altro, senza traumi, senza scossoni.

La partecipazione ai Lavori, il Rito, i Simboli. Tante incognite, il buio, la speranza. Ha come obiettivo la Luce, come tutti i Fratelli, e più il tempo passa, più aumenta la speranza. Non è in grado di vedere, però prende coscienza del fatto di essere in una galleria al fondo della quale può trovare una risposta ai suoi dubbi. Chi è, da dove viene. dove va.

E poi i dubbi.

Perché? Per chi?

Non chiede aiuto, ma neanche aiuto gli viene offerto o, meglio, non lo percepisce.

Le domande, tante. A cosa serve l’apprendistato, è giusto fallire perché non si chiede, è giusto chiedere o piuttosto si debbono cercare le risposte all’interno di se stessi. Ma una su tutte lo assilla: cosa manca se manca un apprendista? Chi se ne accorge ?

Percepisce che il non frequentare è negativo, che non porta a nulla se non al fallimento suo, della Loggia, dell’Idea.

Però i dubbi restano, i perché sono sempre senza risposta.

Se la Loggia è una scuola, all’interno di questa scuola chi deve imparare e chi deve insegnare o, meglio, cosa si deve imparare e cosa si deve insegnare.

Il linguaggio, la parola, forse l’esprimersi, il confrontarsi può rappresentare una possibilità. L’intervento in Loggia non è personale, non è misurabile. I metalli sono rimasti fuori del Tempio, e con essi l’orgoglio, l’immagine profana, le reticcnze.

Una Tavola, forse uno spiraglio, una possibilità di aprirsi, di gettare la maschera, di chiedere.

Interrompo qui questa storia, non so se interessante per tutti, certamente lo è per me, e proprio interrompendola in questo punto capisco che il titolo non avrebbe potuto essere “Storia di un Apprendista”, ma che è giusto averla così intitolata. Aiuto!

R. Pir,

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