ARABESCO

Arabesco

Quidam de populo

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ARABESCO

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UNA LETTURA DEL “FARINA”

Sfogliavo un “classico” massonico, e cioè il libro di Salvatore Farina sul R.S.A.A. quando mi imbattei nella descrizione di un vecchio rituale di ispirazione templare, che destò il mio interesse. Sentiamo. L’entrata del Tempio “è chiusa da una tenda sostenuta da due colonne”, al centro della quale è dipinta in rosso una croce greca, ecc. ecc.. Si susseguono, da parte degli officianti, vari discorsi sulla Scienza, di tono vagamente ottocentesco. A un certo punto il recipiendario è invitato a “abbattere le colonne e calpestarne i rottami, cioè il simbolo che domina l’entrata del Santuario”. Tra gli arredi del Tempio, oltrepassate le colonne, c’è la scala si sette gradini ognuno dei quali corrisponde ad una delle scienze fisiche.

L’abbattimento delle colonne, chiararnente il momento cruciale del Rito, doveva avere un significato simbolico che tuttavia non mi risultava chiaro, anche se intuivo che il concetto di Libertà doveva essere in qualche modo coinvolto. Decisi allora di farc una verifica avvicinando vari confratelli, Liberi Muratori di indiscussa dottrina, notoria saggezza e veneranda canizie, e ponendo a tutti lo stesso quesito: “Cosa significa, per te, abbattere le colonne?”.

Il primo fratello, quando lo raggiunsi, era intento alla lettura della “Enciclopedia” settecentesca, quella di Diderot e D’Alambert per intenderci, apparsa recentemente in ristampa anastatica. Quando gli posi la mia domanda mi guardò con una certa condiscendenza e rispose: “Fratello mio, qualcuno ti dirà che questo rituale è un retaggio templare. Le solite fanfaluche. Quanto a me, il significato mi sembra chiarissimo. Le colonne del Tempio, il velario con la croce. Abbattere tutto questo, cosa può voler dire se non liberare I ‘Uomo dalle catene del dogma religioso?”.

“Ecco – dissi tra me – ecco qui il collegamento col tema della Libertà”. Rimasi favorevolmente impressionato, anche se non riuscivo a liberarmi della convinzione che quella interpretazione fosse viziata da una certa banalità.

Quando raggiunsi il secondo fratello dovetti attendere qualche minuto. Mi ricevette fraternamente, non appena completata la sua meditazione su un Mandala. Ebbi qualche difficoltà a fargli mettere a fuoco il problema, ma poi la sua risposta fu limpidissima. Tradizionalmente, le due colonne simbolizzano la dualità, anzi, tutte le dualità. Esempio, Rigore e Misericordia (pensa alle due colonne dell’albero sEfirotico, mi chiarì); esempio, Cielo e Terra, Forza e Bellezza. E chiaro che il loro abbattimento ha un profondo significato metafisico in direzione vedantica. Addita la dottrina advaitica, e cioè non duale.

Il terzo fratello che avvicinai era intento a prodromi amorosi con una giovanc donna che mi presentò come la sua yogini. “Si, insomma, la mia shakti” si sentì in dovere di chiarire dopo aver colto un mio attimo di perplessità. Avevo dimenticato che era un cultore di tantrismo. Dissipò il mio imbarazzo accettando di dedicarmi qualche minuto. “Per capire il simbolismo dell ‘abbattimento – mi spiegò con pazienza – è necessario capire prima quello delle colonne stesse. Notoriamente, le due colonne simbolizzano la porta stretta, e cioè la via iniziatica”. Citò ‘anche il Vangelo di Matteo: “Quando stretta è la porta e angusta è la via che conduce alla vita. E pochi sono quelli che la trovano”.

“Comunque – concluse – la allegoria non potrebbe essere più chiara. L’abbattimento delle colonne può solo significare la scelta di una via secchissima: la via del diamante, ovvero la via fulminante” (ripeté lo stesso concetto in Sanscrito). “Ora scusami se ti lascio – concluse – ma devo ritrovare la mia concentrazione. Ci sono pratiche rituali nelle quali ogni errore può avere conseguenze gravi”. Me ne andai con sottobraccio, donatomi, una copia della “Metafisica del sesso” di Julius Evola.

Il quarto fratello è un cattedratico di filosofia teoretica e un abituale protagonista di tavole rotonde e di dibattiti televisivi. Accolse di buon grado l’idea di una chiacchierata. “Le colonne? Non mi ero mai posto il problema, disse in risposta alla mia solita domanda”. Lesse con attenzione il Farina e si soffermò su un passo. “Ci siamo disse – ecco la chiave. Leggi: ciò che avete abbattuto non è la Religione, non è la Libera Muratoria. Non sono ncppurc i simboli cccctcra, Ciò che avctc abbattuto è l’opinione che tali simboli abbiano qualche valore al di fuori dell ‘idea, ecc…”.

Sogghignò leggermente: “Si potrebbe obiettare che quella credenza costituisca l’essenza stessa, se non della Massoneria, certo delle religioni. E tuttavia il significato è chiaro. Viene abbattuta la credenza del valore oggettivo del simbolo, e ci viene proposto di edificare un tempio che è il tempio dell ‘Ideale, cioè dell’Idea. Il tempio è una mia rappresentazione, esiste perché io lo penso. E il tempio che distruggo, abbattendo le colonne, è quello che mi ero costruito senza rendermi conto chc cra pura illusione (altrimenti non avrei potuto distruggerlo). Conclusione, questo è puro idealismo. In Massoneria, risalendo per li rami – l’espressione mi piacque e la annotai, n.d.r. troviamo Giovanni Amedeo Fichte: non dimentichiamolo, mio giovane amico”. In realtà era un lapsus: voleva dire mio caro fratello, ma si sa, è l’abitudine dei dibattiti televi Sivi.

Le mie idee non erano molto chiare quando posai il solito quesito al quinto fratello, che è uomo di scienza.

“Ovviamente – mi rispose – quello che il rituale ci trasmette è un messaggio neo-positivista. Si vede bene là dove è detto che la Realtà con la R maiuscola è l’energia. La descrizione che segue è accurata, al punto che sembra scritta da un fisico. Senti”.

“L’energia, condensandosi nell’etere (…) ha generato l’atomo, nel quale essa si manifesta sotto la doppia forma di forza condensata e di forza viva: la prima si trasforma in un punto di resistenza nello spazio, ed è la materia, la seconda si rivela per i suoi modi di attività (…) che noi chiamiamo movimento, calore, luce, elettricità, volontà, ecc.’ .

“Praticarnente – continuò – abbiamo qui la descrizione in parole di quel formalismo matematico che noi Fisici chiamiamo un campo quantistico, e che è poi una imago mundi. Descrizione approssimata, ma sappiamo che più di così non si può fare. La impossibilità di descrivere in parole i contenuti matematici della fisica moderna è ben nota. Siamo su quel tcrrcno dovc fisica e metafisica convergono”.

Lo guardai con  cosicché si senti stimolato a proseguire. “Messaggio neo-positivista, dunque. Vuoi una conferma? Eccola. Cosa trova il recipiendario che ha abbattuto le colonne? La Scienza, perbacco! Sette gradini ascendenti che sono altrettante tappe nella conquista faticosa del sapere scientifico e cioè della Verità. E non fu forse detto La verità vi farà liberi? Semplice, no? Prova e pensaci”.

Ci pensavo ancora quando bussavo alla porta del sesto fratello che, avevo deciso, sarebbe stato anche l’ultimo. Piansi sulla sua spalla prima di porgergli il quesito. Delle mie idee, già inizialmente nebulose, lo sfacelo era completo. Mi consolò brevemente e passò a espormi il suo pensiero.

“I fratelli con i quali ha parlato – disse – non hanno colto quello che a mio avviso è il passo più importante di quel vecchio rituale, e la chiave per comprendere il resto. Leggi: non è senza (…) dolore che I ‘Uomo sacrifica le sue credenze famigliari, anche se si tratta di abbracciare dei concetti più alti. Ti rendi conto che qui vi è in embrione l’essenziale di tutto l’insegnamento massonico? Abbatti le colonne, cioè abbatti il tuo tempio, cioè abbatti con dolore quell’edificio di certezze che ti sei costruito. Non considerare nulla come acquisito e come definitivo. Metti sul tavolo il tuo patrimonio di certezze e sii pronto a giocarlo e a perderlo per poi ricostruirlo con logori arnesi, come insegna il Fratello Rudyard Kipling. Abbatti il tuo tempio angusto per ricostruirlo con quello che ha pcr volta il cielo stellato”.

Ci fu un momento di silenzio. Egli era emozionato, e io soggiogato.

“E la libertà, Maestro, la Libertà che c’entra?” fu la mia domanda successiva.

“Libertà – rispose – significa rompere le catene costituite dalle nostre radicate convinzioni. Quelle convinzioni che diventano dogmi, se solo non siamo capaci di considerarle criticamente’

Per la prima volta mi sentivo rincuorato. Salutandolo sulla porta lo vidi pensieroso, “Che c’è?” chiesi.

“Riflettevo – fu la risposta – che quando entri nella via iniziatica la tua via è tracciata, e quindi la tua libertà è finita. Solo il profano può essere libero, l’iniziato no. Per questo il profano bussa alla porta del Tempio: spera che Io liberiamo della sua libertà. In quest’ottica, abbattere le colonne significa abbattere la nostra condizione di iniziati, e ritrovare la nostra libertà. Ma cosa vale, cosa varrebbe una tale libertà? Sarebbe forse più che una libertà di ubriaco?”.

Scendendo le scale mi sentivo come alleggerito. Avevo fatto tabula rasa e me ne tornavo a casa mia, al punto di partenza.

R. Scch,

giugno2019

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