Nascere
Maestro Venerabile e Fratelli tutti carissimi, nascere non è così certo come morire!
Infatti si può morire senza mai essere nati (intendo aver preso parte attiva alla vita) o passando in modo superficiale ed incolore attraverso la vita.
Ogni anno, a Natale, il Cristianesimo ripropone il suo messaggio-richiarno a tutta I ‘Umanità, e lo fa con una festa, “la” festa Una festa che sottolinea ed esalta i valori che Cristo ci indicò, praticandoli:
AMORE PACE SERENITÀ LETIZIA.
Purtroppo, io credo, noi ci sentiamo sempre meno permeati da questi valori, e quando tentiamo di applicarli finiamo per farlo in modo impacciato o anche, talvolta, in modo patetico.
IL rvflTO.
Nascere in una grotta, nella notte del solstizio d’inverno, è un mito che troviamo già, sia nel mondo orientale (India e Persia), che, poi, in quello greco-romano, dove si festeggiava la nascita di Mitra.
Mitra, il Dio indoeuropeo della Luce celeste, garante dei giuramenti e della verità, nei bassorilievi è raffigurato come iniziatore del Sole, suo grande mentre, in ginocchio, col braccio teso addita al Sole stesso la regolarità del suo corso.
Evidentemente gli antichi vivevano come evento fondamentale il ciclo solare, ed era molto sentita la necessità che esso fosse puntuale alle varie scadenze: alba, dì, tramonto e notte; non solo, ma anche la successione delle stagioni aveva la stessa importanza.
Mitra viaggia su un cocchio e con il Sole percorre tutto l’orizzonte, fino a sera, quando giunge l’ora di riposare e di mangiare.
Molto interessante, dal nostro punto di vista, il fatto che il culto a Mitra venisse esclusivamente praticato all ‘intemo di grotte! I
Al Dio solare per eccellenza! Dentro ad una grotta!
Ed in mancanza di grotte naturali, se ne scavavano di artificiali, magari nel sottosuolo.
DALLE TENEBRE ALLA LUCE.
Troviamo così sia nel Sole-Mitra che nel Cristo lo stesso simbolismo: dalle caveme (tenebre) al Cielo (luce). E, guarda caso, anche l’uomo per nascere deve percorrere lo stesso itinerario: dall ‘oscurità del grembo matemo, “viene alla luce”.
Ma, noi lo sappiamo bene, questa è una nascita non sufficiente: da sola non basta, necessita una ri-nascita. Solo così può acquisire un vero valore ed un senso compiuto! Ciascuno di noi
dev’essere antro di se stesso per ri-generarsi esattamente come fecero Mitra e Gesù Cristo.
Ed infatti la nostra Iniziazione ci fa passare dalla prova della TERRA, nel gabinetto delle riflessioni, immersi nel buio quasi totale, alla prova del FUOCO per ottenere la luce, motivo unico e dichiarato della nostra Iniziazione.
FINE E LA FINE.
Mitra alleato del Sole garantisce la regolarità del ciclo. Il Cristo annuncia un nuovo tempo, con nuovi cicli e nuove terre, dividendo di fatto la storia in prima e dopo di Lui.
I cicli non hanno finalità, hanno solo un fine. Il finito è perfetto perché è compiuto, non lascia nulla fuori di sé: con la sua fine raggiunge il suo fine.
È la morte insomma che consente la nascita del nuovo, avendo distrutto la vecchia visione, ed appare qual giudice: un giudice che non destina, bensì ribadisce come un ritorno, facendolo così durare in eterno.
In questo ciclo non c’è attesa né rimpianto, non c’è pentimento o aspettativa, come ben possiamo immaginare. La regolarità del ciclo, dove niente può accadere che non sia già accaduto e tutto avverrà nel modo già previsto, ci dà la nozione del tempo: nozione per nostro uso, poiché il futuro è la ripetizione del passato, mentre il presente è il punto di equilibrio, quasi inesistente, che sottolinea e valorizza il passato ed il futuro.
Si attende solo ciò che DEVE tornare!
Tutto questo prima di Cristo.
D’improvviso lo scorrere del tempo ed il passaggio degli esseri sulla terra acquista un senso diverso, nuovo. Con la nascita del Dio fattosi uomo il tempo non può più essere un non-senso e si parla di etemità, dando al termine il significato di fuori portata umana.
L’uomo così acquista una dimensione escatologica, delinea il concetto che la fine non coincide con il fine; il tempo che scorre diventa “la storia”.
Si può vedere il fluire del tempo come storia solo se, e in quanto, abbiamo una visione escatologica, cioè una prospettiva dove il fine prevale sulla fine, e dando quindi al tempo, o meglio una direzione. Scrive Milan Kundera che il tempo non va visto come un cerchio, ma come una linea retta che ci porta in un punto ben preciso.
Alla fine si compie quello che all’inizio era stato voluto! !
La fine del tempo è l’ Apocalisse, che significa s-velare, dis-occultare: l’Apocalisse rivela quindi tutto il senso occulto del divenire del tempo, facendo VEDERE la storia nella sua prena luce, mentre finora era velata e senza un senso, per noi, comprensibile e compiuto.
RNASCITA.
Il futuro non dipende dall’uomo, ma al contrario è esso che suggerisce ed irradia aspettative sull’Uomo. L’uomo allora vi proietta i suoi sensi di colpa o comunque di negatività: forse per questo motivo tutte le mitologie hanno il bene all’inizio dei tempi e ci fanno vivere il presente come nostalgia e/o attesa.
Nostalgia, che significa dolore (algos) del ritomo (nostos), ma non del ritomo ciclico del tempo e della natura, bensì del ritomo “in patria” che, solo, ci dà il senso del nostro vagabondare: viceversa c’è solo il dolore dell’ attesa.
Dicevo delle mitologie primitive che fanno iniziare il tempo dal Paradiso Perduto, o Eden, o Età dell ‘oro e lo fanno terminare con il ritorno alla salvezza, o alla felicità e al non-ritomo.
Nel tempo ciclico l’Uomo ottiene qualche briciola di senso, ma con la visione escatologica pretende la TOTALITÀ DEL SENSO. Ma con esso troviamo anche la sconfitta dell’Uomo, perché il tempo ed il suo senso sono Dio. Ecco il significato di Apocalisse: fine del mondo, o meglio, fine del tempo e dello spazio umano.
Da questa visione nascono utopie e rivoluzioni!
Il Cristianesimo suggerisce la Triade colpa, redenzione e salvezza che nel “sogno” utopico vengono riformulati in passato (malattia), presente (decisione) e futuro (salvezza e felicità).
L’utopia pensa di eliminare tutti i mali con il controllo razionale degli effetti. La rivoluzione invece vuole semplicemente rovesciare e distruggere il MALE, sostituendolo POI con il BENE in modo, di solito, indefinito o molto approssimativo. Dopo ogni rivoluzione si fanno nuovi calendari, nuovi sistemi di misura.zione, e subito. A differenza dell’utopia che ha davanti a sé tutto il tempo necessario, essendo un cambiamento PROGRESSIVO e non ESPLOSIVO.
Entrambe, utopia e rivoluzione, sono tutto sommato figlie del Cristianesimo e sono varia.zioni sul tema della salvezza. Esse sono concepibili solo se la storia ha “un” senso, una direzione univoca di marcia e non possono accettare un “tempo senza meta”.
L’occidente ha accettato questo modello e celebra, nel Natale, non tanto il ri-tomo quanto la ri-nascita, ovvero quanto il futuro può promettere.
IL NATALE CRISTIANO. 1 DOM.
Al Cristo, nato nella grotta, i pastori portano in dono cose materiali o, come diremmo oggi, generi di prima necessità. I Magi, viceversa, portarono soprattutto beni “simbolici”.
Di tutto ciò non è rimasto ormai più nulla in quello scambio di doni che ci facciamo ora: oggi i doni sono delle sfide all’apparire o delle riparazioni o, ancora, un mercato degli affetti.
Ma, in fondo, che ciclicamente l’intera umanità, e non solo i cristiani osservanti, non riesca a rinunciare a questo stereotipo e che si senta ancora la necessità di questo simulacro di amore e di donare e che vi si aggrappi come un naufrago alla zattera è positivo, vuol dire che l’esigenza di DARE, anche senza contropartita, è ancora viva, anche se non eccessivamente sentita Di questo però intendo parlarvene in una prossima tavola.
LA FESTA.
Emanata dal sovrano o addirittura dagli dei, un tempo la legge era sacra, escludendo dai propri effetti solo l’emanatore: motivo per cui a re e dei era tutto lecito, essendo al di sopra delle leggi. Sudditi e fedeli potevano partecipare a questa “liceità” durante la festa. Festa, quindi, perché si permette di evitare le leggi date. Ciò valse in special modo per la religione, che giunse persino ad introdurre il concetto di “festa comandata”!
Come interruzione della regola, anche il Natale è festa, intervallo, dove si celebra la *trasgressione e si infrange, in una prodigalità senza misura, la riserva di quei beni che erano stati raccolti e prodotti nei giomi di ciclo feriale. Oggi non è più così, a stretto rigore, ma è ancora rintracciabile il senso di ciò così come è facile rintracciare il filo logico e conduttore del DARE = Rr•.1UNCIA = GODIMENTO – ESPIAZIONE.
Potendo disporre di concedere la festa, l’autorità anticipa in piccola misura il godimento ed al tempo stesso rafforza la garanzia del futuro, possedendone i segreti e, volendo, ne spartisce i benefici: in sostanza noi sudditi godiarno non tanto della trasgressione festiva, ma del potere dell’autorità; di chi, in particolari momenti, volendolo, sospende la legge e concede trasgressioni.
La festa, col suo dispendio quasi senza limiti, dà inizio al ciclo di produzione e sospende ed annulla il sacrificio. La festa allora non la si paga se non nell’idea che ogni godimento si paga non solo con la fatica necessaria ad ottenerlo, ma anche con il senso di colpa inevitabile per espiare. Questo concetto lo troviarno, a ben guardare, in TUTTI gli insegnamenti (profani).
Il Tronco della Vedova è la possibilità che ci viene offerta, ad ogni tomata, di compiere questo dare, questo sacrificio. Ricordiamocene quando il fratello preposto passerà dinanzi a noi.
L’INNOCENZA.
Se vorremo distinguerci dai bambini che guardano al Natale con occhi innocenti, togliamogli provvisorietà ed inganno, facciamolo diventare veramente una fede universale e non solo un momento di semplicità ed innocenza!
Sappiamo bene delle difficoltà dell’uomo contemporaneo che disperatamente tenta di uscire dalla propria solitudine, che cerca I ‘ Amore e la Fratellanza. Almeno per un giomo, Natale che non è certo nato per una confezione regalo o per l’esibizione di buoni quanto effimeri sentimenti, sforziamoci per vedere in questa festa l’Uomo, la sua storia e, perché no, anche il chiaro simbolo delle sue possibilità iniziatiche! !
E noi che siamo già rinati trasmettiamo all’umanità quel messaggio cui il singolo anela (e che smarrisce quando si trova tra i suoi sinfli) e che ci viene insegnato dalla nostra tradizione.
Fratelli, stiamo celebrando il solstizio d’invemo, con il Sole al suo momento apparentemente più negativo: con l’oscurità che predomina sulla luce. Ma noi ben lo sappiamo, presto la luce riprenderà poco per volta il sopravvento. E giustamente ne gioiamo! !
Diamo un senso concreto e pratico alla nostra Iniziazione portando all’estemo, come segno tangibile della nostra buona volontà, il messaggio di cui è detentrice la nostra Istituzione e che abbiamo la fortuna di condividere.
E per questo che dico che “nascere non basta”. Ed il ri-nascere deve trovare applicazione.
Maestro Venerabile e Fratelli tutti, con questo il vostro fratello maestro A. Bgg vi porge l’augurio di un BUON NATALE!!
A. Bgg, 6 dicembre 1990 e:.v:. (1 0 Grado)