RIFLESSIONI SULL’ESOTERISMO

Riflessioni sull’esoterismo

” Voi li giudicherete da quello che hanno prodotto” ha detto il grande iniziato Gesù. Questo si applica alle dottrine come agli uomini. Essa forma il fondo di tutte le grandi religioni o dei libri sacri di tutti i popoli, occorre solo, soltanto trovarle e trarle in luce.

Se ci avviciniamo alle storie delle religioni alla luce di questa verità centrale, che l’iniziazione interiore solamente può svelare, resteremo sorpresi. Tutte le grandi religioni hanno una storia esteriore e un’altra intima; per storia esteriore intendo i dogmi e i miti insegnati, pubblicamente riconosciuti dal culto e dalla superstizione popolare e per storia intima intendo la scienza profonda, la dottrina segreta, l’azione occulta di iniziati con la “I” maiuscola che hanno percepito la luce cercando, sostenendo e propagandando la verità dell ‘esoterismo.

La prima è la storia che si legge ovunque, si svolge pubblicamente, ma è tuttavia oscura, imbrogliata e contraddittoria. La seconda è la dottrina dei misteri, la tradizione esoterica difficile da interpretare e percepire, perché si svolge in seno agli iniziati che non lasciano mai scritte le loro crisi supreme e le loro estasi divine. Bisogna intuirla, ma una volta che questa storia si svela, la vediamo apparire luminosa, organica e sempre armoniosa che vorrei chiamarla la storia della religione eterna e universale.

In essa scorgiamo il lato nascosto delle cose, il lato diritto della coscienza umana, la cui storia non ce ne mostra che il rovescio penoso. Qui intravediamo il punto creatore del tutto, questo punto corrisponde alle verità trascendenti, troviamo la causa, l’origine e la fine del meraviglioso lavoro degli uomini (corpo, anima, spirito) nei secoli.

Di ciò troviamo il germe ed il nucleo nei Veda e la sua prima cristallizzazione storica si rivela nella dottrina trinitaria di Krishna, che dà al bramanesimo la sua potenza e alla religione dell ‘India la sua caratteristica indelebile. Buddha, che secondo la cronologia dei bramini sarebbe posteriore a Krishna di duemilaquattrocento anni, non fa che palesare un altro lato della dottrina occulta, quello della metempsicosi e della serie delle esistenze concatenate dalla legge del Karma. Benché il buddhismo sia sorto come rivoluzione democratica, sociale e morale contro il bramanesimo aristocratico e sacerdotale, il suo fondo metafisico è il medesimo, ma meno completo.

Ermete risulta dai geroglifici decifrati e non soltanto dalla iscrizioni delle stele di Tebe e di Menfi, conferma tutta la cronologia di Manetone, ma dimostra altresì che i sacerdoti di Ammon•Ra professavano quell’altra metafisica che, sotto altre forme, s’insegnava sulle rive del Gange. Possiamo in questo caso ripetere con il profeta che “la pietra grezza e le mura gettano il loro grido”. Simile al “sole di mezzanotte”, che dicesi risplendesse durante i misteri d’Iside e d’Osiride, il pensiero di Ermete (l’antica dottrina del Verbo Solare) s’è riacceso nelle tombe dei Re e risplende fin nei papiri del Libro dei Morti.

In Grecia il pensiero esoterico è ad un tempo più visibile e più nascosto che altrove: più visibile, perché si svolge in una mitologia umana ed incantevole. Ma i principi della teosofia dorica e della saggezza delfica sono scritti nei frammenti orfici e nella sintesi pitagorica, non meno che nella dialettica di Platone.

La tradizione occulta d’Israele, che trae le sue origini complesse dall’Egitto, dalla Caldea e dalla Persia, ci è stata conservata sotto una forma oscura, ma in tutta la sua profondità ed integrità nella Kabbala o tradizione orale e tende a ricostituire la vera cosmogonia di Mosè secondo il

Ancora più massonicamente rilevato è il mito di Ulisse, espresso dallo stesso Fratello Pascoli nel poemetto intitolato L ‘Ultimo viaggio.

Ulisse, risalpando da Itaca la primavera del nono anno dopo il ritmo, rivede i luoghi che già furono meta del suo tempestoso peregrinare.

Rivede l’isola di Circe, ma la maga e la sua casa non ci sono più, perché si è spento in lui l’ anore che le aveva create.

Rivede la terra dei Ciclopi, ma il Ciclope e il dolce sogno di gloria che già avevano illuso il suo cuore sono svaniti, come sono svanite in lui le ultime illusioni.

Alla fine arriva malinconico al lido delle Sirene. Forse almeno esse sapranno dirgli quello che solo occorre ricercare: il vero. Sull ‘immobile ed arcana quiete del mare innalza la voce alta e sicura verso le Sirene, alle quali, secondo quanto ha narrato Omero, prima era sfuggito:

“Son io! Son io, che tomo per sapere!

Ché molto io vidi, come voi vedete me , .. E il vecchio vide un grande mucchio d’ossa d ‘uomini, e pelli raggrinzite intorno, presso le due Sirene, immobilmente stese sul lido, simili a due scogli. Vedo. Sia pure. Questo duro ossame …

… ma, voi due, parlate!

Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto, prima ch ‘io muoia …

Solo mi resta un attimo. Vi prego.

Ditemi almeno chi son io …

E tra i due scogli si spezzo la nave ‘ .

Le Sirene sono il simbolo tragico delle più alte aspirazioni che da sempre hanno affascinato l’uomo. Egli cerca angosciosamente nel mondo la ragione della propria vita e muore spesso senza averla trovata.

Ma per quanto sconsolata e stremante sia questa diuturna ricerca, egli non deve rinunciare ad esplorare, non deve fermarsi alla soglia del mistero.

Un Ulisse ancora più legato ai problemi del vivere quotidiano è quello presentatoci da James Joyce.

Lo scrittore irlandese ha scoperto che ogni umana esperienza, per quanto povera, semplice e squallida, può essere ricondotta a quel grande insuperabile modello che è Ulisse.

La vicenda del suo romanzo si riduce infatti ad un sol giorno, dalle otto del mattino alle due di notte del 16 giugno 1904.

Ne è protagonista un ebreo, agente di pubblicità per un giornale di Dublino, tale Leopold Bloom. Le sue avventure, i suoi incontri, le sue viltà, i tradimenti, le gioie, le passioni sono l’espressione della nostra quotidiana odissea, senza splendori e senza miti. Perché il fine che si propone Joyce è proprio questo: offrire agli uomini un punto di riferimento nel cercare di venire a capo del proprio destino.

L’Ulisse dantesco aveva dovuto scendere fino al regno dei morti perché gli fosse chiara la via della salvezza. Joyce si cala nel buio della coscienza, anzi nell’inconscio dell’uomo, per scoprire i drammi, reconditi e misteriosi, del vivere quotidiano.

G. Bitt,

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