Dell’ingresso di nuovi Fratelli
Responsabilità dei votanti
I Fratelli di Loggia (e per essi tutti i fratelli del mondo) con l’atto di ammettere un nuovo anello nella “catena” si assumono una grande responsabilità. Il candidato non idoneo, se ammesso, sarà sicuramente, prima o poi, uno scontento e provocherà dei turbamenti più o meno evidenti che la nostra saggezza vorrebbe fossero evitati. Viceversa, non ammettere il candidato fornito delle qualificazioni, per eccessive pretese, sarebbe parimenti un grave errore: chi di noi può assumersi di negare all ‘idoneo l’iniziazione, cioè la possibilità di percorrere una via di perfezionamento?
La valutazione che ogni fratello dà, deve essere quindi, come e più di ogni nostro atto in Tempio, adoma di tutte le virtù di cui sovente parliamo; ma, in sovrappiù, deve essere la più consapevole possibile.
Il presentatore
Ma la valutazione che ogni fratello fa, al momento della votazione, su che cosa è basata? Non, di solito, sulla conoscenza personale, né su capacità specifica riconosciuta al Maestro presentatore (che , lo ricordo, deve essere sconosciuto a tutti, tranne che al M:. V:. ), a parte il non trascurabile fatto che si deve dare fiducia la grado (maestro, appunto) del presentatore. Egli è colui che, unico di solito, ‘conosce” il candidato e può (serenamente) testimoniare quegli aspetti del candidato di ordine morale e storico che sono previsti nei primi 4 punti del questionario oggi in essere e che per comodità qui riporto:
- moralità, costume e reputazione;
- probità costante nel corso della vita;
- esattezza nel disimpegno dei doveri del proprio stato;
- fermezza di carattere nei principi professati
Solo in presentatore, dicevo, può assumersi la responsabilità di questi aspetti in quanto è abbastanza trasparente che i Tegolatori non possono scoprirli (o perlomeno ciò è molto difficile e dispendioso).
La tegolatura: dove, come, quando, chi
Su quali dati quindi i fratelli di Loggia possono basare la loro votazione? Su due soli: il curriculum vitae e le tre tavole di tegolatura.
Il primo è di solito pressoché irrilevante ai termini di una valutazione, non rimangono quindi che le seconde!
I Tegolatori devono quindi investirsi della responsabilità del loro lavoro proprio perché su questo i fratelli decideranno se annettere o respingere il candidato che, se respinto; non potrà più essere ammesso nella Libera Muratoria.
Occorre quindi che le tre tavole (e, raccomando, mai meni di tre) siano le più chiare e circostanziate possibili. A questo scopo non reputo un solo incontro, per lungo che possa essere, sufficiente a chiarire in modo fimpido e inequivocabile la o le motivazioni che spingono il candidato a bussare alla porte del Tempio.
Vorrei, a questo proposito, capovolgere un’opinione purtroppo molto diffusa: non dobbiamo essere noi a cercare accoliti, bensì deve essere il profano a bussare alla porta. Niente proselitismo, quindi, ma orecchie aperte per “sentire” i colpi. Questo non vuole assolutamente significare preclusione, ma richiede solo consapevolezza da parte di chi bussa!
Molte persone, specie in questo momento storico, sono annoiate dalla loro vita e ricercano continuamente cose nuove, studi nuovi, ecc. (si spiega così certi continui cambi di abiti, mogli, amanti, lavoro, ecc.). Penso che nessuno tra noi voglia degradare la nostra Istituzione al rango di oggetto di consumo! Ecco da cosa deve derivare questa posizione passiva, di difesa.
Venendo ora alla tegolatura vera e propria, direi che, per prima cosa, va chiarito “dove” farla.
Forse, come faceva osserva un fratello pochi giorni fa, il luogo migliore è nell ‘habitat naturale del candidato, cioè a casa sua o, in sub ordine, nel suo luogo di lavoro. Ciò allo scopo di poterlo vedere anche nei suoi comportamenti con chi abitualmente lo circonda e lo conosce. Egli sarà a suo agio, mentre i Tegolatori non dovrebbero avere problemi grazie al compito che in quel momento svolgono. In ogni caso è d’obbligo un luogo tranquillo e privo di orecchie indiscrete.
[n “quanti”, infine essere presenti a tegolare il candidato?
A parte la considerazione personale che non vedrei ostacoli al fatto che anche altri fratelli maestri contattino il candidato (cosa d’altronde inevitabile nel caso che ci si conosca), penso che almeno uno dei contatti avvenga a “quattr’occhi”, eliminando qualsiasi filtro o ingerenza nel discorso che il tegolatore ritiene di dover fare con quel candidato.
Ma, tutto sommato, che cosa deve “scoprire” il tegolatore?
In poche parole, direi che deve accertare le “qualificazioni”, parola che forse non ha per tutti noi il medesimo significato e che forse non abbiamo mai chiarito sufficientemente, in questa Loggia.
La formula “libero e di buoni costumi” non da, di per sé, la esatta misura del candidato ideale, ma deve essere integrata da altri requisiti.
Il significato di “libero e di buoni costumi” è una verità diversa per ciascuno di noi: essa è sempre giusta, anche la migliore se vogliamo, ma incompleta sicuramente. Non mi addentrerò nei vari siglificati, limitandomi a ricordare le varie tavole già tracciate sull’argomento negli scorsi anni.
Una qualificazione per me essenziale è l’essere “uomo di desiderio”. Ma che significa ciò?
Innanzitutto, desiderio di ricerca. Ricerca da intendersi esclusivamente spirituale (allo scopo di divenire sempre più uomo libero).
Questo desiderio deve essere autentico, sentito, direi “vissuto”; non vago, saltuario, velleitario: solo così saranno superabili ostacoli e difficoltà che il mondo profano frappone alla via iniziatica.
Le competenze da indagare in questo senso sono tre: desiderio di ricerca;
— attitudine alla ricerca; valore dato alla ricerca.
Per quanto possibile, si dovrà verificare, inoltre, il desiderio di concretizzare, vivendole, le verità che via via il neofita farà sue: ben diverso è, infatti, voler conoscere (sul piano culturale, mentale) dal voler divenire.
Visto così, e potendo, in linea di massima, prescindere dal dover approfondire questioni morali, in quanto di ciò ne è garante il fratello presentatore, il lavoro del tegolatore risulta arduo, lungo e faticoso ma tutt’altro che impossibile! Esso sarà però ben ricompensato se, saggiando giustamente il candidato, farà introdurre nell’athanor solo quel materiale che si amalgamerà perfettamente con quello già in cottura.
La tavola di tegolatura
Essa sarà tanto più limpida e completa, quanto più il colloquio sarà stato ampio, sereno e … sedimentato. Allo scopo di intervenire sull ‘unico aspetto aperto ad interventi di terzi (non si può far nulla per la serenità né per la sedimentazione, oltreché consigliarli) ho preparato e distribuito una “bozza di tegolatura” che comprende i punti da toccare nel corso dei colloqui. Mi è ben chiaro che ogni candidato è, e deve essere, una storia a sé, non riconoscibile a nessuno schema prefissato, tuttavia ritengo che una traccia utile ad approntare in modo simile tra loro i vari colloqui sia auspicabile, allo scopo di rendere un po’ più impersonale la figura del presentatore (e della tavola di tegolatura).
Diciamo quindi che si tratta di promemoria che vi chiedo di voler considerare con benevolenza per le sue manchevolezze, che confido vorrete aiutarmi ad eliminare.
Ma qui, piuttosto, sorge un grave problema: siamo certi che abbiamo, noi, le stesse idee su coloro che dovrebbero entrare? A questa domanda, volutamente, non do alcuna risposta e lascio aperto l’argomento.
A. Bgg, 22 marzo 1979 dell’e:. v (3 0 grado)
allegato
Carissimo M:. V :. ,
succede sovente in questo Tempio di sentire delle tavole che sono, più che altro, delle enunciazioni di propositi, encomiabili sotto ogni punto di vista, e che riscuotono il più incondizionato appoggio (a parole, o anche per il silenzio che va interpretato senz’ altro come accordo).
Ma, domando, se siamo tutti d’accordo con questi propositi, perché non li mettiamo in pratica?
Riconosco che molti sono allo stato di pura formulazione di
desiderio, che sono poi quasi impossibili da rendere efficaci sul piano
pratico, concreto, di tutti i giorni: ma molti altri sarebbero, a mio giudizio,
realizzabili. E certo che richiedono uno sforzo, ma non siamo forse qui per
“sforzarci a diventare migliori”? Non dobbiamo forse “elevare
Templi alla virtù? E pensiamo che ciò possa avvenire senza rinunce, senza
sacrifici, per il solo fatto che passiamo due ore alla settimana, e neppure
sempre, a parlare di cose edificanti?
Non credete invece che ci corra l’obbligo, morale verso noi stessi, innanzitutto, di “operare” (ecco una vera operatività) una trasformazione quella trasmutazione iniziata nel gabinetto di riflessione allorché, semplici candidati a Liberi Muratori, dichiarammo dl voler morire alla profanità e voler divenire “iniziati”?
Siamo solo velleitari? Se si, dichiariamocelo apertamente.
Se invece vogliamo passare dal dire all’azione, bene, allora chiariamoci quali sono i nostri obiettivi (ciascuno per sé o anche tutti insieme, coralmente) e perseguiamoli.
Quando viene detto di voler improntare i nostri rapporti col prossimo all’amore, ad esempio, è sicuramente cosa possibile, non facile ma possibile. Ma quanti di noi lo fanno? E quanti semplicemente si sforzano di farlo?
Vedere il lato buono di ogni individuo che viene a contatto con noi non è affatto difficile, e comportarsi con costoro con amore può essere più facile di quel che si possa immaginare.
Riuscire a dedicare qualche minuto del giorno, di ogni giorno, al silenzio, e successivamente alla meditazione, anche questo non è difficilissimo, a condizione che si voglia veramente fare qualche passo innanzi sul cammino che ci siamo prefissi.
Per queste cose, si noti bene, non occorre assolutamente nessun’altra cosa che la Volontà (meglio se coadiuvata dalla discriminazione) per cui non ci sono alibi: o si ammette il proprio fallimento come Imiatl, traendone poi le conclusioni che ognuno vorrà, o ci si incammina!
Evitiamo che i nostri lavori siano una palestra di buoni oratori con un numero enorme di tavole che finiscono inevitabilmente per sovrapporti ed annullarsi l’un l’altra ma cerchiamo, prendendo lo spunto da una tavola (cioè da esperienze interiori di uno di noi raccontate e spiegate a tutti noi) di “comprendere” e di aiutare chi espone; sfruttiamo il tempo del rituale come un sacrificio che possa avvicinarci all’Unità, alla Verità non fosse altro che perché dichiariamo di lavorare