LA BUCCIA E IL NOCCIOLO

La buccia e il nocciolo la tradizione del profondo

Caro maestro,

in quali testi trovo la nostra tradizione per poterla conoscere e approfondire?

Quante volte ci siamo sentiti rivolgere questa domanda da chi, entrato dopo di noi nella Istituzione, sperava che avessimo delle risposte precise per districarsi in uno spaventoso labirinto, costituito da migliaia di testi, che si rifanno tutti, a maggiore o minore diritto, a qualche forma tradizionale, orientale o occidentale, alchemica, magica, yoga, taoista, guénoniana, cristiana, buddistica.

Mi pare quasi di sentirmi chiedere una informazione stradale “Scusi, non conosce, per caso, l’indirizzo della tradizione?”

Nella cultura del mondo moderno la domanda è più che giustificata. Se amo la letteratura andrò in libreria e nelle biblioteche, se sono appassionato di musica ci sono i teatri e i conservatori, se prediligo la pittura diventerò assiduo frequentatore di musei. Ha senso affermare che la Tradizione è completamente contenuta nei simboli presenti nei nostri templi, nei rituali che andiamo ripetendo, nei testi fondamentali della Istituzione?

Io penso che la Tradizione sia calpestata e offesa quando è segregata dalla vita quotidiana e ingabbiata in qualche ora alla settimana trascorsa in tempio, quasi il suo compito fosse quello di isolare e pietrificare il sacro e non quello di nobilitare quotidianamente la natura umana.

Troppo sovente si ha l’impressione che la Tradizione sia ridotta a gesti e parole ripetuti con cura maniacale, a simboli sclerotizzati dei quali non è ben chiaro quali siano gli elementi che dovrebbero riunire, secondo il significato etimologico di “simbolo”. Allora, alla domanda preoccupata di coloro che sono appena entrati, fa eco, talvolta, quella angosciata di personaggi di lunga militanza, che si chiedono quanto sono riusciti a progredire nella ricerca.

Forse, qualche volta, si è dimenticato che la ricerca della Tradizione implica la preesistenza di interrogativi ai quali la Tradizione costituisce risposta, e una motivazione ansiosa di trovare quella risposta.

Il vero problema, o meglio il primo problema, non è la verità della risposta, mala situazione dell’individuo e il suo atteggiamento di fronte alla vita e quindi I ‘ autenticità dell’interesse a riscoprire le domande alle quali la Tradizione dà risposta e la disponibilità ad una faticosa ricerca.

Rituale e insegnamento, azione e scrittura sono, senza dubbio, due componenti fondamentali della ricerca e dell’approfondimento della tradizione, ma ne esiste una terza, che ne è ingrediente vitale, anche se, per la sua natura personale e indescrivibile, sfugge talvolta alla attenzione di un possibile osservatore esterno. È quella componente che interiorizza insegnamento, mito, rituale, simboli, senza la quale essi rimangono esteriorità e parole, sottili ragionamenti chiusi in se stessi. E il momento personalissimo e delicatissimo della identificazione e della compenetrazione del ricercatore, dello studioso, con ciò che sente, con ciò che compie, con ciò che gli viene trasmesso verbalmente o per scritto; la nostra lingua non dispone di parole adeguate ad esprimere questi momenti di coscienza che non è dottrina, non è operatività, ma puro stato di sapere intimo e non razionale.

Aperta la buccia del rituale e dell’insegnamento, giungiamo al nocciolo dal quale dovrà spuntare e svilupparsi quella che siamo soliti chiamare “realizzazione della iniziazione ricevuta”.

Questa componente misteriosa quanto potente chiamiamo “tradizione del profondo”.

La Tradizione orale formula; la Tradizione del profondo evoca. La Tradizione orale tratta dati di fatto permanenti e al di fuori del tempo; la Tradizione del profondo crea momenti di vibrazione all’unisono con quei dati di fatto, in ciascuna persona. La Tradizione orale sussiste in modo indipendente da ciò che accade nel mondo e tende a perpetuare se stessa, ma essa vive negli uomini nella misura con la quale essi garantiscono il loro coinvolgimento interiore.

La Tradizione orale si rivolge a tutto un gruppo di iniziati; la Tradizione del profondo si rivolge al singolo individuo. La Tradizione orale si trova nelle parole dei maestri e talvolta nei libri; la Tradizione del profondo si trova nell ‘intimo dell ‘uomo.

Le Parole Sacre che la Tradizione orale ci tramanda non possono avere l’unico compito di riprodurre in suoni i contenuti di simboli o di segni grafici: quelle Parole devono essere Parole di Vita, cioè far sì che la vita che in esse è contenuta si riproduca nelle nostre vite e le animi dall’interno.

La Tradizione del profondo è questa linfa vitale, fatta scaturire da quella trasmessa, che compenetra e coinvolge l’uomo nei suoi momenti di confronto con le domande fondamentali e gli procura le intuizioni decisive, quelle per cui uno sa certe cose, all ‘improvviso, senza poterle razionalizzare.

La Tradizione del profondo rifugge dalle generalizzazioni, dallo spiegare realtà di per sé inspiegabili, dal forzare il non comune negli angusti limiti del nostro “senso comune”; essa ci mette in guardia dalle nostre sciocche sicurezze intellettuali e dalla nostra continua volontà di “comprensione”.

Per altro verso, la Tradizione del profondo ha necessità di comunicare l’incomunicabile, di fissare intuizioni in idee, per avere un veicolo di trasmissione attraverso il quale provocare nuove intuizioni in persone diverse, nel tempo. Ecco allora l’affidamento alla Tradizione orale di quello che noi chiamiamo insegnamento orale, dottrina, credo. Essa svolge l’importantissima funzione di cristallizzare (nel senso etimologico della parola greca “far diventare sale dell’unzione” o “sale dell’Unto”) le intuizioni della Tradizione del profondo affinché esse possano svolgere la loro funzione nel tempo.

Senza i contenuti proposti dalla Tradizione orale la pulsione interiore rischierebbe di trasformarsi in vane elucubrazioni o in narcisismo spirituale; d’altra parte, per contro l’uomo è sovente tentato di fare della Tradizione orale un dio da adorare senza contributi personali, perché è più facile e più comodo, apparentemente, senza rendersi conto di confondere la mappa con il territorio.

La possibilità di realizzazione passa attraverso la capacità di mantenere il delicatissimo equilibrio fra i poli opposti, tra insegnamento e intuizione, tra rituale e risposta personale, tra Istituzione e individuo, senza mai permettere che la dimostrazione prenda il sopravvento sulla capacità di umile ma felice compenetrazione, né I ‘ apparenza esteriore sui contenuti, né la buccia sul nocciolo.

Raggiungere quell’equilibrio vuol dire saper rispondere alla domanda su dove trovare la Tradizione, ma, soprattutto, significa poter acquietare l’ansia contenuta nel secondo, più drammatico interrogativo sul progresso effettivo nella ricerca interiore.

F. Clnn,  

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *