ARTE MURATORIA TRA PAROLA E SILENZIO

Arte muratoria tra parola e silenzio

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

nelle vicende che ancora travagliano la nostra Istituzione il profluvio di parole dette o scritte liberamente, a mio parere, ha contribuito in misura non irrilevante a turbare ulteriormente animi già legittimamente turbati e incentivato comportamenti già di per sé giustificati dalla gravità degli accadimenti; con questa premessa vi ripropongo alcune considerazioni su:

ARTE MURATORIA TRA PAROLA E SILENZIO

Nei due uomini – l’esoterico e l’exoterico – vi è una componente comune quanto essenziale, sia per l’uomo sociale, quanto per l’uomo interno: questa è la parola, la quale, pur conservando sul piano astratto sempre la stessa identità, non può non manifestarsi in aspetti diversi, a seconda che si operi nel mondo esterno o in quello interno iniziatico. Nel mondo frivolo e gaudente della società occidentale, che pure vive fra i suoi simboli ed i suoi segni, anche se di origine e di natura totalmente diversi da quelli del mondo iniziatico, la parola – la quale resta comunque uno strumento ad oggi insuperato e forse insuperabile per la sopravvivenza della relazione fra gli uomini – ha, nei cicli storici della vicenda umana, forme e dimensioni diverse, ma ha anche costantemente subito le inevitabili, devianti e traviate malformazioni della profanità chiassosa.

La letteratura ne ha fatto tesoro, e sono così emersi personaggi emblematici i quali sono tipica espressione di questa deformazione della parola, la quale, nei rapporti umani, finisce col perdere il suo significato vero e la sua intima essenza.

Basterà pensare, in proposito, a due campioni della logorrea e della verbosità irrefrenabile: Eutidémo (dialoghi di Platone) e Pangloss (Candido di Voltaire).

Eutidémo è il vanaglorioso per eccellenza, consumato maestro non soltanto di Ginnastica, di Diritto, di Eloquenza, di Strategia, di Morale, di Dialettica, insomma di tutto: valente nel difendersi e nell’attaccare in ogni lotta intellettuale e verbale.

Egli è un glorioso della parola, capace di affrontare con eguale successo il pro ed il contro di ogni disputa e di provare con pari facilità l’affermativa e la negativa di ogni

In questa condizione mentale Eutidémo – classico uomo delle parole – si serve di sottili ambiguità di linguaggio per colpire tutti sbalordendo con un fiume di parole.

Non da meno di Eutidémo è Pangloss, impareggiabile oracolo, insegnante di metafisica, massimo filosofo di tutta la terra, sperimentatore della legge di causa ed effetto e quindi Maestro di Teologia: un tuttologo di oggi insomma.

Questi personaggi, brevemente tratteggiati, possono essere gli esemplari del mondo esterno, il mondo di ogni giomo, dell’uomo comune.

Ma entriamo nel Tempio Massonico, sintesi del micro e del macrocosmo, e ritroviamo qui lo strumento parola.

Tutto il linguaggio dei costruttori del tempio si distende tra due momenti essenziali per la dimensione del costruire: la parola ed il silenzio. Due espressioni, queste, che vivono permanentemente insieme nella vita del Tempio Muratorio, e che non possono non essere anche puntualmente presenti nella volontà e nello spirito dei singoli Fratelli. Se vi è un momento di distacco totale tra mondo esterno (profanità) e mondo interno (Tempio), questo è quello della parola e del silenzio, punto di demarcazione (soglia) fra i due mondi.

Nella allusione più alta della tradizione iniziatico muratoria la parola è quella perduta, dissoltasi attraverso la tragedia di Hiram : un accadimento dal quale emerge, poi, tutto il cammino dell ‘iniziato, il quale resta sempre teso alla ricerca di quella parola smarrita e che serve essere rinvenuta, riscoperta e conosciuta.

Questa ricerca ha però due direttrici: una comunitaria, l’altra strettamente individuale. Nell’ambito di quella comunitaria il fenomeno si svolge attraverso la comunione di lavoro nel Tempio, mentre, sul piano individuale diventa riflessa in senso intimo iniziatico.

In entrambe queste direttrici la parola perduta tenta però di trovare compimento nel solco dei due segni: il discorso (insieme delle parole) ed il silenzio.

Troppo spesso, a mio sommesso parere, i Liberi Muratori non si rendono conto della realtà autentica da loro vissuta nel Tempio e finiscono col perdere di vista il fine ultimo della ricerca iniziatica, la quale si svolge e si compie, o potrebbe compiersi, gradualmente nel percorso della presenza simbolica e della vita rituale del Tempio.

Il ciclo muratorio dei tre gradi rappresenta un viaggio iniziatico totale, un circuito completo, che prende le mosse dall’oscurità della benda per concludersi nella Luce, la quale non conferisce mai il possesso pieno della Verità (parola perduta), ma realizza senza dogmi l’arte del conoscere.

Da qui emerge, nel percorso del lavoro di fondazione del Tempio interiore, tutta I ‘importanza sia dell ‘eloquio, sia del silenzio.

Nell’opera del costruire, volta a cogliere la parola perduta, anche le parole, intese al plurale come discorso, come eloquio non possono quindi che essere brevi, suadenti, calde, cordiali: valga ricordare in proposito le regole dello Zend Avesta, fra Ic quali prevale quella secondo cui non bisogna mai lasciare parlare il lato basso del carattere, perché al dire deve sempre essere riservata la intonazione cordiale ed il rispetto per la verità.

Fuori da questa regole il dialogo non sarà mai costruzione, né potrà conferire realtà compiute al silenzio, quest’ultimo, la più eletta componente esoterica, presente sia dalle origini dcl percorso iniziatico (apprendista), che attraverso il travaglio psichico (compagno), ritorna inevitabilmente nel momento in cui si realizza la spirituale Maestria nella simbologia dello stare lontani dalle passioni del mondo profano; una condizione essenziale per ogni individuale superamento e liberazione.

Una Loggia è destinata a perdere la sua stessa identità ogni qual volta le parole in sovraccarico diventino verbosità dissipatrici del valore della concordanza piena tra suoni e contenuti.

Avvertire l’aggressione di questa verbosità, che è poi il mondo profano (mondo delle parole), il quale attenta al mondo iniziatico (universo della parola e del silenzio), già porta alla deformazione del reale esoterico.

Concludendo, nella riverberazione interiore del nostro contesto iniziatico l’impegno del Libero Muratore è quello di riportarsi costantemente – spoglio di qualsiasi titolo accademico profano – nella veste di Maestro Libero Muratore, attraverso Io status di umile scalpellino levigatore della pietra, per realizzare anche l’esatto suono del dire al fine di rendere le parole strumenti di effettiva utilità muratoria.

S. Pnt,

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