NON VIOLENZA

Non violenza

(dedico questa parte della mia modesta fatica alla Comunità ebraica fiorentina e alla Massoneria di cui orgogliosamente faccio parte).

La non-violenza è la risposta ai cruciali problemi politici e morali del nostro tempo; la necessità per I ‘uomo di avere la meglio sull ‘oppressione e la violenza senza ricorrere all ‘oppressione e alla violenza. L ‘uomo deve elaborare per ogni conflitto umano un metodo che rifiuti la vendetta, l’aggressione, la rappresaglia. Il fondamento di un tale metodo è l’amore. (Martin Luther King – discorso pronunciato l’Il dicembre 1964 in occasione della consegna del Nobel).

I – Quando diciamo violenza, immediatamente evochiamo immagini di violenza fisica, scenari di sopraffazione, soprusi che vengono consumati da chi è armato contro chi è disarmato e inerme. Ma la violenza indossa spesso abiti gioiosi ed innocenti, è subdola, ingannevole e, quel che è peggio, difficilmente riconoscibile. Si presenta anche sotto le spoglie della educazione al buon vivere civile: in questo caso è irresistibile. Si impadronisce delle coscienze, conficca su di esse le pietre di confine a delimitare un territorio di cui presto sarà padrona incontrastata. “Date a me le loro giovani coscienze, e poi tenetevi per tutta la vita I ‘uomo che ne uscirà “, diceva una antica massima gesuita pronunciata la prima volta da chi la sapeva lunga sul “condizionamento”, al limite del plagio, che l’educazione può produrre. Anche questa può essere violenza.

La violenza è costrizione. Obbligare in qualche modo e con qualche mezzo, qualcuno a fare ciò che non vorrebbe fare o a non fare ciò che vorrebbe fare è violenza. In questo senso non esistono soltanto uomini violenti, ma anche società violente,

Non vi può essere legittimità per la violenza. Tuttavia viene da domandarsi: ma è sempre vero che costringere qualcuno a fare qualcosa che non vuol fare è violenza? E gli obblighi che abbiamo contratto con noi stessi e con gli altri, non sono anch ‘essi costrizioni, magari non molto gradite, ma certamente sacrosante? E perché non dovremmo essere obbligati a rispettare patti liberamente sottoscritti? E il rispetto della Legge? Se è vero che non vi può essere legittimità per la violenza, nondimeno va sottolineato che una costrizione legittimamente esercitata al fine di far compiere un dovere dimenticato, non può essere considerata violenza.

Ma chi può giudicare sulla legittimità o meno di una obbligazione’? La legge morale in primo luogo, perché è proprio la stessa legge morale a conferire legittimità alle  azioni degli uomini.

2 – Non violenza, segna il prevalere della ragione sulle forze, il netto rifiuto della violenza. E questo un termine dal significato molto esteso, che richiama una intera cultura legata alla libertà ed alla tolleranza. Una libertà ed una tolleranza interpretate secondo il punto di vista massonico. Libertà di fare tutto ciò che è nel nostro potere di fare, ma non senza limiti, bensì fino a quando non viene lesa la libertà degli altri. Tolleranza, non un trascurato e irresponsabile lasciar fare, ma comprensione e rispetto per le opinioni degli altri: un rispetto spinto fino a compiere ogni tentativo di comprenderle e, nondimeno, senza mai, in nessun caso, deporre la dignità delle proprie.

Il rifiuto della violenza nasce da qui ed impone il non uso della violenza non solo per imporre il nostro volerc, ma anche nel caso in cui si voglia impedire ad altri di imporlo a noi. Gli esempi non mancano: valga la citazione dell’indiano Gandhi che, nell’allocuzione di difesa contro l’accusa di sedizione il 23 marzo 1922 ebbe a dire: “La non-violenza è il primo articolo della mia fede. E’ anche l’ultimo articolo del mio credo.

Sostituire alla violenza la non-violenza, sostituire Fuso della ragione all’uso della forza, questo è il grande merito di chi sa intendere il richiamo della ragione, giacché con I ‘uso della ragione si costruisce, con l’uso della forza si distrugge.

Pure in questi ultimi tempi vi è un ritorno quasi nostalgico alla violenza: sessuale, violenza contro i minori, violenza negli stadi, violenza politica, scorribande contro gli ebrei, profanazione di tombe in Germania ad opera dei nazi„skin, scritte e simboli della persecuzione antisemitica anche a Roma, Come se gli orrori recenti di una guerra che ha sconvolto il mondo ed ha lasciato ferite ancora non rimarginate, fossero stati dimenticati: cinquant’anni, appena due generazioni. Ed è come se ce ne fossero trascorsi mille, tanta è labile la memoria umana, tanto sono forti i pregiudizi, tanta è la voglia di violenza che cova nell’animo umano, soprattutto nelle giovani generazioni, tanto i fatti attuali si ripropongono simili a quelli già accaduti, quasi una ripetizione di un film fin troppo tristemente noto. Ma con una differenza: questa volta non vi è la giustificazione di un nazismo e di un fascismo che premono con una massiccia propaganda di regime su folle di uomini ormai completamente plagiate, questa volta vi è una Europa orgogliosamente libera che non spinge nessuno a comportamenti in contrasto con le regole democratiche e, nonostante ciò, i naziskin operano senza alcuna regola né ragione che siano diverse dalla più pura e perversa logica della “violenza per la violenza”.

Segno che non si è fatto abbastanza affinché il rispetto dell’uomo, di ogni uomo, diventasse convincimento, costume. Segno che non è mai troppo il parlare, troppo il cercare di convincere che una convivenza civile non può non basarsi sul rispetto reciproco, sulla tolleranza, sulla eleminazione di ogni forma di violenza,

3 – Che fare? Stare immobili a guardare e sedersi sul morbido cuscino del lasciar fare? Non immischiarsi in queste faccende perché tanto non ci riguardano? E questo il miglior modo di esistere, oppure ciò equivale a tapparci occhi e orecchi e isolarci dal mondo come se il mondo fosse cosa che non ci riguarda? Personalmente non sono di questo avviso. Ritengo invece non si possa più consentire che giovani scalmanati in preda al più cieco fanatismo facciano uso del linguaggio della violenza in ogni occasione, partite di calcio comprese. Soprattutto non si può consentire che essi si abbandonino ad atti di teppismo nci cimiteri ebraici, nei quartieri ebraici, che ricorrano ai simboli di un passato ancora troppo vicino perché chi li scorge non sia percorso da brividi di sdegno e di paura, che si rivedano le scritte, le croci uncinate, le stelle gialle di David. C’è un passato di abiezione che, sia pure rievocato da sporadiche bande di irresponsabili, non può riaffacciarsi senza che ciascuno di noi non debba provare vergogna.

Qualcosa si deve fare.

Lo dobbiamo fare noi gridando con tutta l’energia che abbiamo in corpo, da uomini liberi che amano la libertà e la vogliono per loro e per gli altri. Lo dobbiamo fare noi dissociandoci da queste turpi manifestazioni ovunque esse si producano. Lo deve fare lo Stato con le proprie forze dell ‘ordine intervenendo per rimuovere ogni barlume di rivolta, perché di questo si tratta, di sfida alla pubblica e civile moralità e di sedizione nei confronti dello Stato democratico.

Ne va del nostro onore di cittadini, ne va della nostra credibilità di giovane, ma salda democrazia europea.

Che la violenza sia per sempre bandita dalla nostra vita civile.

Ma se tutto questo riguarda i comportamenti da tenere in questo frangente in cui si manifesta una crisi virulenta di fanatismo, occorrerà domandarci il perché dei fatti cui stiamo assistendo. II problema ci deve far riflettere per farci domandare se abbiamo fatto tutto quanto era possibile fare per evitare che il fanatismo tornasse cosi prepotentemente alla ribalta. Dobbiamo domandarci se, ad esempio, sono stati ricordati ai nostri giovani quali sono gli orrendi frutti della violenza ancora tanto vicini da potersi toccare con mano. Dobbiamo domandarci se abbiamo fatto tutto quanto era possibile per offrire ai nostri giovani un mondo nel quale i “valori morali” della convivenza civile, che significa rispetto dei diritti di ognuno, non fossero soltanto mere enunciazioni teoriche, ma concrete realtà. Ci dobbiamo domandare quale è il terreno sociale nel quale li abbiamo costretti a vivere i loro giovani anni e dobbiamo verificare se, per loro, sia stato prospettato un avvenire di giustizia, di pace, di concordia sociale, di lavoro.

E se non l’abbiamo fatto fin ora, lo dobbiamo fare d’ora ln avanti.

  • – Televisione italiana: lezione di violenza.

Non passa giorno che ciascuna della tre reti nazionali non somministri senza alcun riguardo programmi nei quali la violenza, se non viene esaltata, di certo viene presentata come qualcosa di familiare, di consueto con cui si deve convivere. In tal modo, con questa dosa massiccia, ritmicamente ripetuta, oserei dire sapientemente ripetuta, si fa credere che la violenza altro non sia che un modo usuale di essere, un ingrediente non occasionale, ma abituale della nostra vita, affatto evitabile e tutto sommato tollerabile e accettabile e, perché no? , quasi desiderabile, forse necessario. Ed è una violenza non di rado spietata, efferata, cinica, rivoltante: solo la realtà propone, talvolta, esempi peggiori.

Si contribuisce in modo forse decisivo al consolidamento di un mito: il mito della violenza. Si accredita la tesi che in questo mondo conti solo la forza, E si fa intendere che la forza può essere proficuamente usata per imporre le proprie idee: con la violenza il mondo può essere tuo, sembra dire la tivù e, intanto, offre a chi la guarda un modello di uomo violento da assumere pcr se stessi, un modello di uomo che ha in dispregio l’amore, la pietà, la solidarietà per il prossimo e non li riconosce più come sentimenti su cui si deve basare il sodalizio umano. Perché questo accade: la rappresentazione della violenza ha un effetto devastante nelle menti deboli e nelle coscienze in formazione; scaccia la pietà, distrugge la solidarietà, alimenta il cinismo. Come una mala pianta occupa i territori dell’anima e si sostituisce all’amore e alla solidarietà. Su questi territori la pianta della benevolenza non attecchisce più.

Vuole essere solo una riflessione. Anche i sentimenti umani, per nascere e per crescere, hanno bisogno di un clima favorevole. Occorrerà stare più attenti al clima morale che noi “costruiamo” per i giovani e non solo per loro. Facciamolo con rigore, se vogliamo che questa mala pianta venga estirpata.

  • – Ancora, osserviamo con tristezza alla ripresa su vasta scala di atti persecutori nei confronti di libere e benemerite associazioni come la massoneria. Da diverso tempo, dopo l’episodio P2, si poteva constatare il persistere di una relativa calma interrotta da qualche invettiva proveniente dalle postazioni che le sono state tradizionalmente ostili: Ic solite accuse gratuite c mai provate, eppure divenute abietta consuetudine nei secoli; ci siamo purtroppo abituati, anche se alle calunnie ed alle accuse non ci si abitua se non con pena e fatica. Qualche mese fa si è scatenata una nuova tempesta.

Il Paese è stordito da due episodi incredibili. Due giudici di prima linea nella lotta alla mafia, Falcone e Borsellino, vengono uccisi insieme alle scorte. Due attentati diversi, ma identici per la ferocia con cui sono stati eseguiti e per la peculiarità di vere e proprie azioni di guerra contro lo Stato. Lo Stato sembra accusare il colpo, ma reagisce sospinto dall’onda di sdegno e di protesta levatasi da ogni parte d’Italia, Sicilia compresa.

Il Paese reagisce dolorosamente. ma duramente cercando di svincolarsi dalla morsa della malavita che alza protervamente il tiro e sfida lo Stato reo di ostacolare il suo criminale disegno che ha i suoi momenti salienti nello spaccio della droga e nel raket delle estorsioni.

Intanto da pane dei giudici milanesi si dà inizio ad una azione di scoperchiamento di attività illegittime compiute prevalentemente da politici o da uomini che i partiti avevano indicato a capo di amministrazioni pubbliche. Da Milano dilaga in tutta Italia per divenire una vera e propria parata del malaffare, oggi meglio nota col nome colorito di Tangentopoli.

ln tutta questa triste situazione, fatta di prove provate e non di insinuazioni ed accuse generiche ed infondate, sono coinvolti, chi più chi meno, tutti i partiti che hanno avuto in qualche modo, anche occasionalmente, rapporti più o meno diretti col potere. Lo sapevamo e lo sapevano: la massoneria ne è fuori. E questo non solo era vero, ma, miracolosamente, appariva anche all’opinione pubblica. Ci siamo guardati intorno con malcelata soddisfazione, anche se successivamente abbiamo appreso che alcuni di noi, che pure avevano operato non certo per conto della massoneria, ma dei partiti, avevano partecipato a quelle tutt’altro che commendevoli imprese. Ma una cosa era assolutamente certa: la massoneria era estranea alle tangenti e al malaffare.

Ma una massoneria estranea a certe situazioni contrastava coi pregiudizi di alcune categorie di “ben pensanti” e, soprattutto, contrastava con gli interessi di una gran parte di gruppi, mafiosi e politici compresi. Si studia un diversivo. Per chi detiene il potere politico, economico e giudiziario è uno scherzo da ragazzi. Così si da inizio alla tradizionale persecuzione. Si parte da quello che è stato definito il teorema Pintacuda-Orlando “politica, affari, mafia, massoneria” e si avanza l’ipotesi di un patto sciagurato tra mafia e massoneria. Il teorema, ovviamente non provato, piace. A tutti. Ai politici, che finalmente vedono allentata la presa dell ‘opinione pubblica. Alla mafia, che vede di buon occhio la distrazione delle forze dello stato impegnate su altri fronti. Alla stampa, sempre alla ricerca di nuovi scandali, che vede con piacere giungere finalmente uno scandalo nuovo nel momento in cui quello di tangentopoli, ormai in atto da tempo, si sta logorando. Alle gerarchie ecclesiastiche che, quiete cd animate da sentimenti che invano ricercheremmo nel Vangelo, vedono finalmente combattuto un secolare nemico senza il rischio di un impegno diretto. Alla opinione pubblica che, in fondo, vede soddisfatto il desiderio di mettere finalmente le mani su qualcosa di solido e di inafferrabile .

Come se non bastasse, il Consiglio Superiore della Magistratura, richiede  al reggitore dell’importante procura di Palmi, i nomi dei giudici che si trovano compresi negli elenchi requisiti alla massoneria, Grandc Oriente d’Italia compreso. Questo è certamente l’episodio più grave, perché si configura come un vero e proprio attentato alla integrità dello Stato democratico, colpendolo nei suoi istituti più significativi conquistati dopo la caduta del fascismo, il diritto alla libertà individuale e il diritto di associazione. E ciò per almeno due ragioni: la prima, perché si infrange in tal modo il segreto istruttorio; la seconda, perché da tale segnalazione si vuole conoscere i nomi di quei magistrati nei confronti dei quali si ha in animo di adottare provvedimenti non certo orientati verso un avanzamento di carriera; e, si badi bene, non certo per un reato commesso, ma per il semplice motivo che essi hanno utilizzato il diritto garantito dalla Costituzione Repubblicana di associarsi partecipando ad una associazione legittima c come tale riconosciuta dalla Stato, quale è appunto la massoneria del Grande Oriente d ‘Italia.

Tutto ciò è grave per i riflessi, ma lo è ancor più per i presupposti. Si possono suddividere i cittadini tra buoni e cattivi solo in presenza di atti che consentano la formulazione di un tale giudizio. E una regola generale che certamente vale anche tra i selvaggi dell ‘Uganda. Non sembra valere invece  in questa Italia che, non comprendo per quali motivi, viene indicata come culla del diritto, ma che adesso sembra avviata a divenire piuttosto la bara del diritto. Prima di discriminare i giudici massoni da quelli non massoni e di discriminarli come è stato fatto a suo tempo con il giudice Vella, occorre accertarsi se l’associazione di cui essi fanno parte pretenda dai propri affiliati una fedeltà che va contro le leggi dello Stato e che tale fedeltà si contrapponga alla fedeltà che la funzione pubblica loro affidata esige nei confronti dello Stato. Ma questo certamente non è avvenuto. Potrei aggiungere che è stato sistematicamente evitato. Ciò sta a significare che si opera non in base a fatti accertati, ma a pregiudizi duri a morire oggi più che mai utili per attuare disegni eversivi, questi sì, occulti. E se questo accade nella magistratura è la morte di questa Italia repubblicana e democratica, è la morte dello stato di diritto, è il trionfo di una mentalità discriminatoria mai definitivamente scomparsa e che per tanti secoli ha guidato la mano pesante dell’inquisitore e gli ha consentito di “liberare” il mondo dal demonio con l’uso della tortura e del rogo.

D. Dl BIT, R.•.L.•. C. Nigra  

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