IL MITO DI ERCOLE

Il mito di Ercole

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi di ogni Dignità e Grado,

Il mito di Ercole è parte integrante della simbologia massonica: lo testimonia il fatto che il suo simulacro, insieme a quelli di Minerva e Venere, fa parte dell’arredamento del Tempio.

Il significato da attribuire a questa presenza è, secondo la spiegazione corrente la Forza, così come per Minerva è la Saggezza e per Venere è la Bellezza; si tratterebbe degli attributi propri delle tre Luci presso cui le statue sono collocate.

Ma sappiamo bene che la simbologia Massonica nasconde significati ben più profondi, oltre a quelli che appaiono in superficie. È alla ricerca di questo insegnamento più intimo che è dedicato questo modesto lavoro.

Ci fonderemo su osservazioni:

  1. la collocazione della statua di Ercole nel Tempio;
  2. la posizione reciproca delle statue di Ercole, Minerva e Venere;
  3. i risultati dell’interpretazione psicologica del mito di Ercole.

Cominciamo con l’osservazione che il punto in cui la tradizione massonica vuole collocata la rappresentazione di Ercole è nel lato occidentale, in prossimità delle colonne J e B: quanto basta per suggerire, attraverso un linguaggio architettonico figurativo, l’associazione Colonne di Ercole.

Nella mitologia classica le colonne trasportate da Ercole dalla Libia a Gades segnavano il punto dell’occaso, dove il sole termina il suo ciclo diurno, ma indicavano anche il limite dell’habitat dei mortali, perché oltre le colonne si trova un mondo che non appartiene più all’uomo comune, un mondo sacro perché riservato agli dei ed ai mostri sovrumani, o a quegli uomini capaci, per il loro coraggio, di spogliarsi delle qualità dell’uomo comune per assumere quelle dell’uomo iniziato.

Ercole, padrone di questa porta che mette in comunicazione i due mondi, è uomo mortale per nascita (anche se porta un’impronta divina nella sua ascendenza) che ha raggiunto livelli superiori.

Eroe immortale accolto all’Olimpo in virtù del suo coraggio, della sua forza, della tenacia impiegata nel condurre a termine le imprese cui aveva dedicato tutta la vita, le mitiche dodici fatiche; Ercole è quindi il prototipo dell’uomo che sa ritrovare, attraverso la dedizione costante di tutte le sue forze, la dignità della propria origine divina, è quindi il prototipo dell’iniziato.

La sua presenza iconografica nel Tempio è perciò molto di più che un simbolo di forza fisica, è il richiamo lanciato agli adepti perché conservino la consapevolezza di quella che è la via da seguire.

Può darsi che questa interpretazione appaia a qualcuno troppo gratuita e troppo immaginosa. La riconfermiamo ricordando che anche per il Porciatti le due colonne all’ingresso del Tempio evocano, fra molti altri significati, anche quello della porta costruita da Ercole  al limite fra i due mondi; ed aggiungiamo che è sempre lo stesso studioso che vede in Ercole il modello, la guida del Compagno iniziando che, fermo tra le Colonne, all’ordine e munito di regolo, si accinge ad un cammino che lo porterà alla

Ma ecco un’altra conferma; e siamo al secondo punto che vogliamo considerare in questa tavola. Poniamoci come Ercole-iniziando all’inizio del sentiero, fra le Colonne di Occidente e guardiamo in avanti verso l’Oriente di quel mondo simbolico che ci è rappresentato dall’architettura del Tempio. Entro un angolo visuale relativamente ristretto ci si presenta a destra, abbastanza vicina, Venere e a sinistra, lontana sul fondo, Minerva. E un ‘altra associazione singolarissima che non può non richiamarci un episodio della vita di Ercole.

Il mito ci tramanda che Ercole, ancora adolescente, appena dopo aver preso congedo dai maestri che lo hanno istruito, si mette per la strada verso l’ignoto che sarà la sua vita e si trova subito davanti ad un bivio. Da una parte si dirama un sentiero corto e facile al termine del quale gli appare una donna di rara bellezza, sfarzosamente abbigliata, di aspetto attraente e di sorriso invitante (Venere, con i suoi attributi di sensualità e di sentimentalità). Dall’altra parte, al termine di un sentiero lungo e difficile, appare una donna semplicemente ammantata di bianco, dal viso austero, dall’espressione di virtù e di dignità (Minerva, la sapiente, la saggia). Di fronte alla scelta che gli si impone, Ercole non ha esitazione, lascia la strada facile, senza lotte, piena di allettanti piaceri e si avvia per la strada difficile, piena di fatiche e di lotte, che porta alla saggezza, alla conoscenza.

Ritomando ai termini massonici, il Porciatti conclude: “fra le colonne I ‘iniziando non sia da meno dell’Eroe mitologico .

Dopo le letture effettuate crediamo di poter affermare che Ercole è creatura del pensiero greco, nel periodo successivo all’insediamento degli Elleni nel Peloponneso, e ne rappresenta gli ideali aristocratici. In lui sono radunate le qualità del buon combattente di un’era che non conosceva altro genere di lotta sc non quella individuale, egli non ha il comportamento prudente e difensivo dell’astuto Ulisse, esploratore girovago suo malgrado, o quello eroico, ma militarmente inquadrato, di Ettore o di Achille, egli è l’uomo di fronte al suo fato, animato da ardore di conquista, modello dell’incessante bisogno umano di superare se stesso.

In che cosa consistono, che cosa ci insegnano le peregrinazioni dell’Eroe? Le dodici fatiche (le quali peraltro non sono che le parti più famose delle gesta di Ercole) sono state studiate da numerosi esoteristi che vi hanno ravvisato elementi di simmetria tali da permettere di connetterle ai dodici segni dello zodiaco.

Questa sarebbe quindi, in ultima analisi, la via dell’evoluzione lunga e faticosa che ha portato Ercole, ancora uomo, al bivio, suo punto di partenza, alla conquista dell’immortalità divina. E troviamo allora un altro legame con i simboli che illustrano le pareti del Tempio; non si tratta di segni solo ornamentali e decorativi, ma di un linguaggio che diventa abbastanza preciso se appena si comincia a decifrarli.

Vediamo allora come le fatiche di Ercole aiutano questa decifrazione alla quale vogliamo, per ora, solo attribuire valore di suggerimento e di ipotesi.

Secondo l’ordinamento suggerito da alcuni studiosi (fra le fonti antiche non vi è concordanza nella successione delle imprese) la prima fatica è consistita nel domare le cavalle di Diomede, mangiatrici di carne umana (Diomede destinava alla loro alimentazione gli stranieri che giungevano nel suo regno, situato nella parte più selvaggia della Tracia). Ercole vince Diomede e lo dà in pasto alle cavalle che riconduce, poi, in paesi civili. Il significato esoterico della vicenda è che la prima fasc dell’ascesi sta nel domare le forze brute dell’istinto che hanno sede nella parte più primitiva ed inconscia dell’uomo. Questo è in concordanza con l’Ariete, il primo segno dello zodiaco, significatore dell’energia primogenia, dello slancio delle forze fisiche e dell’istinto che bisogna padroneggiare prima di passare oltre.

La seconda fatica è la cattura del Toro di Creta, oggetto dell’amore morboso di Pasife e fatto impazzire da Poseidone in odio col suo padrone, il re Minosse. Il fatto è da associare al segno zodiacale del Toro e l’insegnamento da trame è che la seconda tappa nella vita delle ascesi esige che vengano padroneggiate le forze dell’affettività e della concupiscenza, significate appunto dal segno del Toro.

La terza impresa è il trafugamento dei pomi d’oro coltivati nel giardino delle Esperidi, in riva all’oceano e custoditi da guardiani tenibili. Il successo ottenuto con l’uso dell’astuzia contro i guardiani dei frutti dotati di sorprendenti poteri, insegna a chi percorre la via iniziatica che deve rendersi padrone totale dei mezzi intellettuali e mentali, tipiche caratteristiche del segno dei Gemelli.

La quarta fatica è la cattura della cerva di Cerinea dalle corna dorate, contesa fra due dee. Ercole giunge al successo dopo un inseguimento durato un anno ininterrottamente e condotto fino al limite del mondo conosciuto, col rischio di sconfinare in un paese ignoto dal quale non c’è ritorno. La lezione è che la perseveranza e la continuità tenace (attributi del segno del Cancro) devono essere acquisite da chi vuole inoltrarsi ancora di più nella via dell’evoluzione.

L’uccisione del leone di Nemea, che devastava la regione omonima, è la quinta fatica. Ercole ne viene a capo dopo una caccia durata un mese che mette in luce soprattutto il suo coraggio. Ecco il requisito suggerito dal segno del Leone, indispensabile per chi vuole procedere sulla via iniziatica.

Sesta fatica: la conquista del prezioso cinto di Ippolita, regina delle Amazzoni. Ercole, aiutato da qualche compagno, vince in battaglia militare le agguerrite amazzoni e si impadronisce dell’oggetto prezioso che adornava la loro regina. E l’unica volta, nelle dodici imprese, che un manufatto, frutto di tecnica umana, costituisce la meta di Ercole. L’organizzazione, la tecnica, il dominio sulle cose sono, secondo la tradizione astrologica, gli attributi del segno della Vergine. Il possesso di queste capacità è richiesto a chi segue la via dell’evoluzione interiore: ecco come si può intendere questo episodio.

La cattura del cinghiale di Erimanto, devastatore della zona, avviene, senza l’uso delle armi e senza uccisioni, con l’impiego del minimo indispensabile di forza. Ercole stana la bestia con l’astuzia e la cattura bloccandole le zampe posteriori ed obbligandola a muoversi con le anteriori per andare nella direzione da lui voluta. L’armonia ed il rifiuto della forza sono appunto gli attributi astrologici del segno della Bilancia, la settima fase del sole nel suo giro zodiacale.

L’idra di Lema, mostro acquatico, abitatore di abissi profondi e infestatore di paludi, invincibile da partc dei comuni mortali per Ic capacità di rigenerare e di moltiplicare le sue teste uccise, viene distrutto da Ercole, dopo una lotta accanita, con l’esposizione all’aria e al fuoco. Questa ottava fatica rappresenta per gli esoteristi la lotta contro l’inconscio, forza abissale dalle molte vite da cui gli uomini normali non riescono a liberarsi nella loro vita. I suoi attributi sono simboleggiati dal segno dello Scorpione, segno appellato, appunto, profondo, infernale.

La nona fatica è la liberazione della palude di Stinfalo dai terribili uccelli carnivori, dotati di penne affilatissime, dall’effetto mortale su chi ne era colpito. Ercole iniziò la caccia con l’arco, ma il loro numero era incalcolabile e lo stormo oscurava il sole; li mise in fuga per sempre stanandoli con nacchere di bronzo dall’insostenibile fragore. L’idea di caccia, di movimento, di espansione al servizio della giustizia, di moltiplicazione di effetto mediante il controllo del pensiero (rappresentato nel mito dalle onde sonore che raggiungono tutti i rifugi degli uccelli all’interno dell’impraticabile palude) usato in silenzio e in luogo delle altre normali armi, è congruente  con i significati che la tradizione assegna al segno del Sagittario.

La decima fatica è la cattura di Cerbero, il tricefalo custode del regno dei morti, allegata alla liberazione di Teseo, condannato ad essere in eterno incatenato ad una roccia. Ercole entra così nel regno degli inferi per riemergere vittorioso. Sembra che questa esperienza ultra terrena, il contatto con l’aldilà, sia una parte dell’evoluzione iniziatica simboleggiata dalla duplice natura del segno del Capricorno, uno dei più segreti dello zodiaco.

Undicesima fatica: le stalle di Augia pulite dallo strame accumulato in trenta anni, in un solo giorno deviando il corso di due fiumi; non è tanto da intendersi come un lavoro di ingegneria idraulica, quanto un’opera di liberazione dell’umanità dalle sozzure accumulate in lunghi periodi di abbandono. Questo corrisponde allo spirito umanitario e collettivo caratteristico della natura del segno dell’Acquario.

L’ultima fatica è la liberazione della mandria di buoi rossi illegalmente detenuta da Gerione, mostro a tre teste. Ercole vince il mostro, ma indulgente alle sue suppliche gli risparmia la vita, uccide il cane a due teste che lo aiutava nella custodia, si libera degli attentatori all’integrità del gregge sulla via del ritorno e lo porta al completo nella Città Sacra, in sacrificio ad Atena. Ecco il punto culminante che ribadisce Ercole servitore mondiale sottomesso solo al comando supremo, come vuole la tradizione zodiacale del segno dei Pesci.

L’iter iniziatico si conclude a questo punto quando, dopo i primi quattro momenti dell’acquisizione del controllo di sé, dopo gli altri quattro dedicati a rendersi padrone delle tecniche spirituali, l’adepto si integra con gli altri uomini mettendosi al servizio.

Molte altre avventure mitologiche sono tramandate, ma queste formano un ciclo conchiuso degno di essere meditato per il suo valore esoterico. Vi sono indubbiamente incertezze nell’attribuzione delle corrispondenze tra fatica e segno zodiacale. In parte questo è dovuto alla presenza di numerose varianti, qualche volta contraddittorie, fra le fonti letterarie attraverso cui conosciamo il mito di Ercole. In parte le difficoltà su quanto esposto dipendono, anche, dalla necessità di sintesi che ha imposto di tralasciare molti dettagli che avrebbero la loro importanza per giustificare le conclusioni cui siamo giunti.

Quello che però importava più di tutto era di far rilevare la forte presenza del mito di Ercole fra i fondamenti della simbologia massonica ed i suoi profondi significati iniziatici.

G. Bitt,

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *