L’ACACIA

L’Acacia

Venerabilissimo, Rispettabili Maestri

quando ho iniziato a scolpire questa tavola speravo di trovare un ricco materiale e di poter riferire ai Fratelli una quantità di interpretazioni connesse a questo simbolo.

Nel corso della ricerca mi sono reso conto che il materiale reperibile da me, in questo momento, è piuttosto scarso; non va oltre riferimenti generici come innumerevoli sono i significati del simbolo .

Peraltro ho sentito, sempre più distintamente, più l’impulso di meditare sul c nel simbolo, che non la razionale esigenza di andare alla ricerca di altri testi autorevoli.

Metto di fronte a voi, pertanto, questa mia constatazione.

Dei due simboli del terzo grado, l’acacia e la tavola da disegno, il primo porta verso la meditazione del simbolo; sembra indicare la via della immersione e della immedesimazione come mezzo principale di ricerca e interpretazioni.

Il secondo, secondo anche nella enunciazione, porta chiaramente l’indicazione che il compimento dell’opera avviene attraverso fasi successive ed altrettanto indispensabili: lo studio, la rappresentazione, l’applicazione.

Mi sono lasciato coinvolgere da questi suggerimenti ed ho iniziato a meditare …….

Qualche cosa è avvenuto: sono emerse delle considerazioni utili, sc non altro, come campione di cosa può uscire fuori se si procede su questa via.

Mi accorgo che durante questo periodo io sono cambiato. Sarà un caso oppure un effetto?

Dal punto di vista botanico “……. tra le innumerevoli varietà di acacie solo due hanno per noi un particolare significato:

l’acacia autentica, ACACIA VERA, il rovo egiziano, una delle varietà dalle quali si estrae la gomma arabica; appartiene alla famiglia delle mimose, dell ‘ordine delle leguminosa; la falsa acacia, ROBINIA PSEUDOÀCACIA, d’origine americana e, a quanto si sa, ignota in oriente sino al XVII secolo ‘

L’acacia autentica si distingue facilmente da quella falsa. Nella prima i gambi terminano in numerose fogliette, mentre nella seconda hanno foglie singole.

Alcuni ritengono che l’acacia nella Massoneria sia in realtà la cassia che viene talvolta menzionata nella Bibbia. Il poeta Tennyson ne parla come una delle piante del paradiso e si pensa anche che fosse l’albero della conoscenza del bene e del male e l’albero del serpente. Una iscrizione sulla tavoletta d’argilla scoperta a Nippur, in Babilonia, parla della caduta dell ‘uomo dicendo: “Egli perse la Cassia mangiò ….. .. la pianta che causò il loro destino ‘ .

Gli egizi attribuivano onori divini all’acacia, una delle piante con le quali i popoli antichi facevano serti e ghirlande funebri. Si dice che gli Ebrei piantassero ramoscelli d’acacia sopra le tombe, ma non sappiamo su quale fonte si basi tale affermazione. La leggenda afferma che anche il roveto ardente che parlo a Mosè era una acacia.

L’acacia era il biblico legno sacro agli Ebrei e simbolo della immortalità; di esso erano fatti l’Arca, la Tavola (?), i bordi del tabernacolo e l’altare (Esodo XXV).

La leggenda mette in relazione l’acacia col legno della croce di Cristo e con la sua corona di spine, ma molte sono le piante che si contendono tale onore.

Il ramoscello di cassia in cima alla tomba viene citato nelle Costituzioni di Anderson ed un testo del 1760 afferma:

D. Come è chiamato il Maestro Libero Muratore?

R. Cassia è il mio nome e vengo da una Loggia regolare e perfetta.

Procediamo oltre le citazioni. La leggenda di Hiram racconta che i Fratelli trovano dov’è seppellito Hiram vedendo un tumulo con piantato un ramoscello. Oppure, non è ben chiaro, trovato il posto lo segnano in quel modo.

Riflettiamo su questo fatto. Quel segnale indica che quello è un punto particolare; che li sotto c’è qualcosa.

Il segno è rappresentato da un ramo spezzato, non da un mucchietto di pietre come d’uso, ma da qualcosa che aveva vita ed ora non l’ha più. È il segnale di una morte; o della morte. La separazione violenta di una parte viva dal suo ceppo.

Una prima interpretazione naturalistica ci mette a confronto con il nostro atteggiamento verso le piante o, in genere, verso la Natura: rompere un ramo ha l’inequivocabile risultato di poterci trovare sotto il cadavere del Maestro.

L’uomo era perfetto, ha dato la vita per il rispetto della regola, ma per intanto è estinto. La vicenda della sua fine fa parte di un contesto più generale del suo attaccamento alle regole.

Tra gli innumerevoli simboli presenti nel Tempio, non molti portano il colore come rappresentazione intrinseca della loro natura, anche se in qualche modo sono colorati. Il bianco ed il nero infatti portano in sé il totale o la totale assenza di vibrazioni: il tutto ed il nulla.

Il rosso, colore della fiamma, ci suggerisce l’energia. Ma l’acacia porta il colore specifico e caratteristico di una azione legata alla vita: la fotosintesi, il principio della trasformazione della materia inorganica in organica.

Il primo simbolo della Camera di Maestro ci dice che oltre la fine dell’uomo e della sua civiltà sta il principio della vita legato alla natura vegetale.

L’acacia è associata, nel rituale, alla tavola da disegno: questo indica che ciò che essa rappresenta viene prima del lavoro di progetto.

L’uomo non può, pena la estinzione, applicare la sua capacità di invenzione se prima non conosce il valore della Natura.

Queste allusioni non possono essere casuali. Si sovrappongono alle concezioni uomo-centri che sono espresse nei contesti filosofico religiosi. Personalmente le recepisco come una delle risposte più concrete alla domanda del “che fare?” per il bene dell’umanità.

Il rituale dice che la morte di Hiram è dovuta al rifiuto delle regole tradizionali di alcuni compagni i quali volevano conoscere la parola sacra prima di esserne degni. Anche Adamo compì il tradimento della regola divina perché voleva possedere la conoscenza .. ….. e divenne mortale.

Nelle due narrazioni attori e vittime sono invertiti, comunque l’associazione dei due concetti ci porta a considerare insieme morte e tradimento. C’è forse l’intenzione di rappresentare che la vita e là sua fine, come la tradizione e la sua interruzione, contengono tradimento e violenza costituzionalmente in sé?

L’intenzione di Colui che ha inserito questo rituale era forse di far pensare se la morte è o no un tradimento? Nel senso che la morte è positivamente un momento di passaggio di stato come la rottura della tradizione è un trauma di evoluzione.

Cosa significa tradimento? Avere o compiere atti ostili all’interno di un certo contesto senza farlo vedere palesemente, con lo scopo di un proprio giovamento o, perlomeno, nella speranza che un cambiamento dell’intero contesto porti ad un proprio miglioramento. Se il traditore palesasse le proprie intenzioni, il contesto o il detentore delle leggi reagirebbe immediatamente nel lecito fine di realizzare la propria essenza attuale e neutralizzerebbe immediatamente il germe del cambiamento.

Ciò significherebbe che in qualsiasi contesto, universo . . stabile, sarebbe impossibile il passaggio ad uno stato diverso. Ogni inizio di cambiamento è in realtà un tradimento rispetto alla tradizione precedente.

In un liquido alla temperatura di congelamento se non passa di stato una prima molecola, anomala rispetto a tutte quelle che la circondano, il congelamento della massa non può avvenire.

Ma allora è giusto dare genericamente questo senso dispregiativo al tradimento, nel caso in cui esso non rappresenta altro che il primo, forse inconsapevole sintomo, di instabilità del contesto attuale?

Gli elementi anomali più sensibili alla situazione di instabilità rappresentano l’inizio del processo di cambiamento, quelli più adeguati alle condizioni di sviluppo, pertanto tendenti ad una futura situazione di nuova stabilità.

In questa chiave di lettura la morte che tradisce la vita, che aggredisce il vecchio, contiene l’indispensabile germe del rinnovamento: per brutta c ostile possa sembrare, senza questa rottura violenta sarebbe impossibile ogni evoluzione.

La tradizione ed il rituale ci raccontano di una generazione, ritenuta non matura, che vuole la parola sacra. Non ci dicono nulla su come e quando questo passaggio deve procedere.

Forse ciò significa che sempre il passaggio avviene attraverso la rottura: la morte del vecchio maestro, il quale si sentirà sempre tradito dal tempo e dalle nuove generazioni di compagni, i quali egli non potrà, non dovrà mai giudicare maturi, perché in natura ciò che è venuto dopo è meno maturo di quello che c ‘era prima.

La nuova generazione non riceverà mai la parola sacra da quella precedente. Se vorrà conoscerla dovrà ricostruirsela leggendo quello che vede intorno a sé: realtà apparente e simboli.

Stando così le cose, la tradizione ed il metodo massonico vengono ancora una volta dimostrati come unici mezzi validi per conoscere e valutare la realtà dell’Universo.

Il luogo della sepoltura viene segnalato con un ramoscello fresco. E vero che sotto vi è un cadavere umano tradito, ma il ramo può mettere le radici. Il ramo, affondando nuove piccole radici nel terreno, reso fertile dagli umori di un essere in putrefazione, potrà diventare pianta robusta. La pianta rappresenta allora la continuità, non la povera vittima destinata a sparire.

La pianta dunque rimane a segnare ciò che è stato. Essa è destinata a mettere radici, emettere germogli, tronco, rami e foglie. Fin troppo facile assimilare la nostra Istituzione vitale, oltre il destino dei singoli, basata sulle radici della Verità, il tronco del Rituale, i rami delle Logge, le foglie, attraverso le quali viene continuamente rigenerata e nutrita, i Fratelli Massoni.

Ecco perché occorre stare in guardia contro i possibili veri traditori: la dimenticanza, l’interruzione della Tradizione ed il cattivo uso della propria intelligenza.

La pianta, il colore, la legge naturale, la tradizione sono la base della conoscenza, punto di partenza e obiettivo del Maestro Libero Muratore.

Osserviamo il ramo d’acacia, quali sono le cause che determinano la forma delle foglie, il loro numero, la loro disposizione?

Andiamo oltre la risposta deterministica del caso. Una legge naturale avvolge ogni manifestazione dell’essere, dal materiale allo spirituale più puro, in modo silenzioso, inavvertibile da chi non vi presta la necessaria attenzione, ma totale ed immutabile.

La pianta sta a rappresentarci che esiste un progetto, un disegno della natura. Impossibile separare queste parole dal concetto di una Volontà, Se c’è una volontà ……. verso dove sta andando? Cosa vuole? Vuole forse un Uomo che la percepisca, perché solo se esiste un percettore Essa comincia ad esistere?

Prende così forma il rapporto tra destinazione dell’uomo e conoscenza. La luce si manifesta come unità totale ottenuta con la conoscenza ed interpretazione di tutto l’essere.

Il mondo minerale e fisico con le leggi atomiche e chimiche.

Il mondo vegetale con le leggi della vita e della sua trasmissione.

Il mondo animale con le leggi dell’adattamento e della sopravvivenza.

Il mondo dell’uomo con le leggi della consapevolezza e della convivenza.

Il mondo dello spirito, di tutto quello che sta oltre la nostra comprensione razionale, ma che si manifesta in una piccola parte dei nostri sentimenti ed in modo maestoso nel complesso ordinato dell’universo che ci circonda.

Non basta. Nel nostro Mondo della percezione, così articolato e complesso, qualcuno o qualcosa ci ha messo una chiave di accesso affinché ci rendessimo conto di quale potrebbe essere il confine di ciò che non è percepibile né quantificabile con la nostra razionalità:

non le leggi della fisica; non cos’è la vita; non cos’è l’ordine; non cos’è il movimento, né l’energia; non cosa sono il colore e le vibrazioni; non cosa sono le percezioni ed i sentimenti.

Questo confine e meta dei nostri architettonici Lavori sono l’intera ricerca della comunione totale che parte dall’immersione nei livelli sempre più profondi della nostra spiritualità, per forse farci ritrovare immersi nell’universo totale dell’essere.

Per stimolarci ed aiutarci ci ha messo di fronte un monticello di terra segnato da un rametto

S. Vibrg,

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