L’ESPLETAZIONE DI N FUNZIONE IN LOGGIA ED I SUOI EVENTUALI EFFETTI SU CHI LA COMPIE

L’espletazione di una Funzione in Loggia ed i suoi eventuali effetti su chi la compie

Maestro Venerabile e Fratelli carissimi, ho voluto prendere in esame questo argomento, cioè l’espletazione di una qualsiasi funzione in Loggia, per cercare di trarre considerazioni utili al perseguimento della Via Massonica ed anche per trovare significati utili nell’esecuzione, sia essa la più umile, come potrebbe essere quella di preparare il Tempio ai lavori, anche se personalmente credo che essa sia molto importante, fino al Venerabilato.

Naturalmente non intendo, con questa tavola, parlare dettagliatamente di tutte le funzioni di Loggia, ma della Funzione in generale, intesa in una accezione a carattere iniziatico, riguardante la nostra gerarchia, la quale potrebbe chiamarsi più propriamente Funzione Tradizionale

Di questa funzione tradizionale, vorrei sottomettere all’esame dei Fratelli una definizione trovata nella recensione ad un libro di un autore che scrive su questioni tradizionali (Michel Valsan): “dicesi Funzione Tradizionale il ruolo che un essere, o un insieme di esseri, in un dato stato di manifestazione, ricopre nell ‘ambito di una istituzione tradizionale, quando vi siano presenti certe circostanze e l’essere, o gli esseri in questione, abbiano le qualificazioni corrispondenti “. A mio avviso, questa definizione, oltre ad essere, direi, lampante, mette particolarmente a fuoco il concetto di Funzione Tradizionale permettendo di trovare interessanti sviluppi atti a chiarirci tutto ciò che diciamo e facciamo in Loggia.

La nostra Istituzione comporta una gerarchia di gradi ed una gerarchia di funzioni; trattandosi di due cose distinte, credo non si debbano confondere. La funzione di cui si può essere investiti probabilmente non ci modifica in ciò che già possediamo, ma può aiutarci, se agita con una certa mentalità, ad attualizzare quelle possibilità latenti che, pur possedendo, non riusciremmo mai a realizzare.

La funzione tradizionale ha quindi, in rapporto al grado raggiunto, un carattere accidentale anche  se l’esercizio di questa può richiedere un determinato grado, ma non è legata espressamente a questo, anche in considerazione del fatto che in Massoneria, nella maggioranza dei casi, il grado è raggiunto solo virtualmente. Inoltre questa distinzione del grado raggiunto è ancora evidenziata dalla temporaneità delle funzioni massoniche e di qui scaturisce l’esigenza di viverla il più intensamente ed armoniosamente possibile.

Se la funzione tradizionale, come già detto, è un qualcosa di accidentale e contingente dal punto di vista dell’evoluzione spirituale dell’essere che la riveste è però molto importante dal punto di vista di chi, da una tale funzione, deve e può trarre tutti i benefici che le sono inerenti; parlo di benefici spirituali, naturalmente. Quindi una qualsiasi funzione di Loggia ha senso solo ed esclusivamente in vista della vera e propria Mediazione che essa può realizzare fra lo stato individuale, cioè di chi lo compie, e lo stato universale (G A.•.D U:.).

Essa può perciò costituire il mezzo con cui ciò che ha un grado di realtà minore viene messo in relazione con ciò che ha un grado di realtà maggiore.

Vista in questo contesto la Funzione Tradizionale si rende necessaria come azione ordinatrice, prima sull ‘individuo che la compie e, di riflesso, su tutta la Manifestazione, dando ad essa quel senso sacro che, in fondo, è poi il solo in cui vada intesa.

Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, come possa insorgere un modo profano di intendere la Manifestazione e tutta la realtà relativa in cui siamo immersi.

Credo perciò che la funzione misuri l’uomo e lo aiuti a crescere sulla via iniziatica; quando una funzione venga vissuta intellettualmente, ed intendo dire con questo termine in modo spirituale, cioè col cuore, essa può realizzare un contatto con i contenuti più alti della nostra tradizione. Conseguentemente colui che la compie può anche giungere a sentire realmente l’influenza spirituale che incarna la nostra istituzione e godere dell’ attrazione verso il centro che da essa perviene.

Ritengo ancora necessario, all’azione dell ‘influenza spirituale generantesi dalla funzione, un ridimensionamento, quasi uno scostarsi dall’individuo, per far posto a qualcosa di infinitamente più grande di esso. Il ricercare quindi una funzione in Loggia solo per un prestigio personale o per un’affermazione individuale è un atteggiamento squilibrante, non solo verso sé stessi, ma verso tutta la Loggia riunita virtualmente; al contrario, un puro desiderio di ottenerla come azione di conoscenza può anche trovare la sua legittima giustificazione da un punto di vista iniziatico.

E questa una qualificazione necessaria affinché la funzione agisca sull’individuo come spinta verticale verso il Grande Architetto ed agisca anche come forza di coesione e di insegnamento per tutta la Loggia.

Aggiungo quindi che il fatto di ricevere la funzione in una Loggia è da intendersi come un evento divino e come un momento privilegiato della propria vita iniziatica, sforzandosi di trarre da essa tutti i frutti possibili, piegandosi alla funzione stessa, escludendo il proprio io e, nel limite del possibile, esaurendo i propri limiti. Se questo mezzo (la funzione tradizionale), che ci viene offerto dalla nostra istituzione, verrà usato in tutta la sua indefinita estensione di possibilità, credo che possa diventare senz’altro un formidabile attrezzo operativo, permettendo ad ognuno di trovarsi, forse, in una situazione spirituale diversa da quella da cui era partito.

Concludo dicendo che è mio profondo convincimento che l’accostarsi al proprio compito o funzione di Loggia, veramente da Liberi Muratori, cioè da artigiani, sforzandosi di riappropriarsi dello stesso spirito con cui i nostri antichi Fratelli operativi si accostavano all’arte di costruire le cattedrali, sia un atteggiamento atto, prima, a tenere ferma e diritta la nostra intenzione, e poi, anche come forza trasformatrice per l’uomo tradizionale, consentendogli di passare da ciò che lo incatena al mondo terrestre a ciò che lo unisce al mondo celeste.

L. B. Grdn,

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