Alcune riflessioni
Maestro Venerabile, Fratelli carissimi
Sono portato alla stesura di questa breve tavola dalla necessità di giustificare davanti a tutti voi una posizione da me presa e rimarcata dal M:. V nell’ultima tomata famigliare.
Si tratta di una mia “resistenza” all ‘avanzamento dal grado di Compagno a quello di Maestro.
Per giustificarla sono ricorso ad una esigenza, direi quasi di carattere estetico, asserendo di voler vedere trascorsi almeno tre anni dal mio ingresso nella Istituzione.
La realtà è però più diversa e, spero, più profonda.
Essa riguarda il mio domo di sentire questo avanzamento; ritengo che oggi i motivi ai quali il mio atteggiamento era dovuto possano considerarsi superati, e mi dichiaro quindi pronto ad accettare l’onore che mi viene fatto, se dopo le mie parole i Fr:. me ne riterranno ancora degno.
Il motivo fondamentale era il fatto che l’avanzamento era ancora rivestito, per me, di un significato ben preciso, significato che mi sembra oggi scomparso.
Si tratta, in breve, di essere ancora legato ad un mito, per il quale il conferimento del simbolo esteriore (in questo caso il grado di Maestro) viene considerato segno del raggiungimento effettivo di una qualità, o peggio ancora la conferisce automaticamente.
Con questo punto di vista verrebbe esclusa la responsabilità personale del lavoro continuo, non tanto per un Più o meno vago miglioramento, ma addirittura per tenersi desti.
Questo aspetto mitico non riguarda solamente i gradi, ma coinvolge pure la stessa appartenenza all ‘Istituzione, ossia il piccolo mito della qualità particolare costituita dal grado non è altro che un aspetto del più grande mito di una qualità generale che è poi quella di essere “Massone”, considerato come sinonimo di appartenere alla “Massoneria”.
Ebbene, gli stessi fatti di cui giorno per giomo, o tomata per tomata, siamo testimoni stanno a provare che è proprio in questo atteggiamento che si trova la radice di ogni crisi.
Fino a che portiamo dentro di noi anche solamente una piccola traccia di questo modo di pensare, ogni progresso reale è da escludere.
Dicendo ciò, non intendo affatto asserire implicitamente che mi sono liberato di queste idee, ma solamente che mi sono reso cosciente della loro esistenza e della loro portata.
Ciò che oggi mi sembra di avere compreso chiaramente è che i gradi sono, di per sé, privi di ogni significato, paradossalmente, ritengo, però, che sia proprio questa comprensione ciò che ai gradi può dare una qualche sostanza, nel senso che una volta raggiuntala il periodo provvisorio in cui si è apprendista o compagno può considerarsi terminato, e si può, con pieno diritto, fare il proprio ingresso in una comunità massonica.
Quanto poi si è detto per i gradi, trova corrispettivo in ogni aspetto della vita massonica: se debbono esistere, oppure no, credenze ed ideali; quali siano i significati da attribuire all’autorità, alla gerarchia, all’obbedienza ed al silenzio; quale ruolo debbano avere i simboli, e così via.
Ognuno di questi argomenti merita ampia considerazione a parte.
Vorrei ancora, per il momento, soffermarmi brevemente sul ruolo che, nel mio attuale modo di vedere le cose, ha il trinomio Autorità, Gerarchia e Obbedienza, essendo questo gli argomenti più direttamente collegati alla scala dei gradi che vengono conferiti nella Massoneria.
In particolare l ‘ Autorità è l’argomento che il Fr :. Vttr ha scelto per una sua tavola della quale ho potuto prendere visione, avendo egli voluto discuterla con me prima della sua presentazione. D’ altra parte, dei tre termini menzionati sopra, questo si presenta come il più importante
Da un chiarimento del concetto di Autorità seguono infatti quasi automaticamente la necessità della Gerarchia, che a sua volta comporta I ‘Obbedienza.
Il Fr:. distingue due tipi di autorità, che chiama funzionale e psicologica; il primo è quello connesso ad una funzione svolta in un ambito sociale, che viene, per così dire, delegata ad uno o più individui da tutti i membri del gruppo sociale. 11 secondo tipo si riduce invece, sostanzialmente, ad una specie di plagio di qualcuno da parte d qualcun altro, ed è questo il tipo di autorità al quale, per ogni organismo sano e giusto, è lecito ribellarsi.
Questo tipo di analisi interessa la sociologia. Esso non è però completo, ed in quella disciplina si riconosce infatti, anche se con un certo fastidio, l’esistenza di individui dotati di una qualità particolare, detta “carismatica”, capaci di influenzare gli altri in misura notevole con le proprie parole, i propri atti od anche solo con la propria presenza.
Tali qualità è posseduta da molti capi politici e religiosi, e si presenta nettamente come una manifestazione di autorità Direi anzi di autorità innata che sovente, ma (e questo è importante notare) non sempre, deve essere riconosciuta come quella che il Fr chiama autorità psicologica.
Una eccezione, a giudicare almeno da quanto è giunto fino a noi, è quella di Buddha; non certamente l’unica.
L’insegnamento di Buddha è sovente commentato sinteticamente: “Così ho visto, così è” e tale asserzione non è un atto d’orgoglio, ma molto più semplicemente la constatazione di uno stato di fatto.
Il Buddha è cioè un uomo che è in contatto con il reale (qualunque cosa questa frase significhi) e tale fatto gli conferisce automaticamente un’ Autorità, immediatamente riconosciuta da chi ha potuto avvicinarlo. Tanto forte è questa esperienza, che essa è oggi ancora valida negli scritti che ci sono stati tramandati.
Questa esperienza del Reale, condivisa da altri, che sono stati detti Illuminati, questo stato di fatto è la radice di una autorità di tipo diverso dalle due dette sopra e che può giustamente essere definita Autorità Reale (o fattuale, o, con un termine più suggestivo, Regale.)
Quando essa è presente, ogni cosa è chiara e non esistono dubbi e discussioni di nessun genere. Ed è inoltre questa l’unica base possibile per l’esistenza di quelle società che vengono definite tradizionali.
In questa prospettiva, ogni individuo occupa automaticamente il posto che gli compete (per il quale cioè è il più naturalmente competente) in Gerarchia, e l’Obbedienza ne è il necessario corollario, senza che per nessuno vi sia costrizione di sorta. A questi principi, in particolare, è ispirata la Massoneria, che si presenta quindi come struttura ideale e perfetta.
Ma la perfezione ideale, purtroppo, non è cosa umana. Se infatti deve ritenersi per data l’esistenza di individui dotati di Autorità Regale (e sono convinto di averne conosciuto qualcuno), è anche vero che è una società Tradizionale è destinata a rimanere, per quanto riguarda gli uomini, nel mondo dei sogni. Se pure infatti, si supponesse esistente, una simile società ideale in breve tempo, col passare degli uomini che sono riusciti a farla tale, essa si corromperebbe, e l’Autorità Regale, della quale le forme dell ‘autorità erano conseguenza, sarebbe sostituita da una autorità funzionale o psicologica, capace solo di mantenere in vita (ed eventualmente rinforzare) le forme, ma priva ormai di ogni sostanza.
Questa almeno è la lezione che è possibile trarre, sia dalla storia, che dalla singola esperienza individuale.
Ma il papere che una società ideale non è realizzabile, o se pure fosse realizzata non potrebbe durare, non esime dal compito di tendere ad essa; compito che d’altra parte non può presentarsi come un dovere, ma solo come una esigenza interiore.
Non soltanto, ma una volta compresi questi fatti non possono più esistere scuse o compromessi. O si è desti e si opera, oppure semplicemente si è in sonno e si declina, spegnendosi giorno per giorno. E solamente in queste considerazioni che riesco a trovare una ragione di essere nella Massoneria, tanto più importante in tempi quali quelli che stiamo vivendo, dal caos del quale essa stessa rischia di essere travolta, ma contro il quale (o dopo il quale) può presentarsi come uno dei pochi nuclei di speranza. E solo così che essere “MASSONE” può veramente venire una qualità distinta, ed effettiva quando (e solo quando) si esprime nei fatti.
G Bld,
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