Fraternità
Maestro Venerabile, Fratelli carissimi di ogni dignità e grado,
vi chiedo il permesso di riprendere l’argomento del mio intervento, che fu troppo estemporaneo, alla tavola del Fratello Vttr. Come avevo detto in quell’occasione, l’impressione fattami da quella Tavola veniva a intessersi con quella provocata dalla lettura di alcune conferenze di Krishnamurti; ed entrambe mi offrivano maggior luce sul principio della Fratellanza, principio che caratterizza, forse più di ogni altro, il nostro Ordine.
Che lo caratterizzi fortemente è dato da constatare, ricordando le tegolature ed i testamenti di gran parte dei recipiendari; infatti, la più ricorrente motivazione alla richiesta di accettazione nella Massoneria è quella di un’aspirazione ad una Fratellanza. Tralasciando spinte deteriori, questa aspirazione può in gran parte essere dovuta all’immensa solitudine in cui viviamo in questa società modeRNa.
Il principio della Fratellanza che permea il nostro Ordine, anche a detta di autorevoli Fratelli scrittori di cose Massoniche, travalica le mura del Tempio e si estende a tutta I ‘Umanità. Non senza intenzione il Fratello Ex Maestro Venerabile, o in sua assenza il Fratello Oratore, al ricevere la fiamma che ha acceso le tre Luci, ripete il mantra rituale: “per il bene dell ‘Umanità e alla Gloria del Grande Architetto dell ‘ Universo”.
Non vi nascondo che, sulle prime, questo continuo richiamo all’Umanità sapeva di Ottocento illuministico, vagamente populista, e mi odorava di rimasuglio giacobino e risorgimentale. Mi ci volle, dapprima, una rimeditazione su J. W. Dunne e, ultimamente, l’incontro con Krishnamurti per rivedere le mie opinioni. In verità, avrei dovuto rivederle senza bisogno di agenti extra massonici. Tutto ciò che è in Massoneria, che ce ne accorgiamo o no, discende da un punto primigenio, che è la giustificazione metafisica della presenza stessa della Massoneria: questo asserto fondamentale avrebbe dovuto smorzare i miei sospetti e indurmi ad una ricerca più seria di una semplice impressione. Nel caso presente, questo sentimento di Fratellanza non può venire soltanto da un impulso sentimentale di una generica buona volontà; e la dichiarata presenza di tutta I ‘Umanità che il Rituale propone alla nostra meditazione non può essere contraddittoria con i principi di tutte le metodologie di ricerca della Luce; che ripetono sempre che il lavoro di ricerca è un fatto individuale, da compiere in assoluta solitudine, salvo l’assistenza del Maestro. La radice di questo principio di fratellanza deve essere trovata dentro la dottrina esoterica.
Krishnamurti, del quale ho avuto occasione di tradurre alcuni passi, parte dall’analisi dei fatti psicologici che stanno all’origine della conflittualità, nell’intimo di ciascuno di noi. E evidente che i grossi fenomeni sociali, che affliggono l’umanità sempre, anche nei periodi di pace politica, sono il risultato della somma dei tanti fatti individuali; una comunità i cui componenti non hanno tendenze aggressive, non può essere aggredita.
La conflittualità nasce da uno stato di malessere psicologico; e la causa principale del malessere psicologico è il confronto, ci si confronta sempre contro qualcuno; su scala di collettività, si confronta il nostro stato attuale con uno stato ideale, che si cerca di raggiungere, lì nasce il conflitto. Su scala individuale, io mi confronto con qualcun altro; vorrei essere come lui, più bravo di lui, ecc. ecc.; e me ne nasce un dispiacere. Vorrei avere quello che non ho; ritengo che la Società mi faccia un torto, perché non sono ricco, non sono apprezzato, mi fa pagare le imposte, perché mi manda in guerra, perché incombe la minaccia dell’atomica, e così via; tutto ciò produce un dispiacere sordo, che sbocca in neurosi, e la mia neurosi la trasferisco nei miei rapporti sociali e nella mia azione, o inazione politica.
Occorre eliminare le cause del conflitto; occorre eliminare il confronto. Ora, il confronto è bipolare; soggetto ed oggetto; l’osservatore che si mette in opposizione alla cosa osservata, e la cosa osservata Se si riesce a far sì che un polo svanisca, non c’è più confronto. Quale è il polo che possiamo far svanire? Non certamente l’altro; se volessimo far svanire l’altro, occorrerebbe sopprimerlo; e questa intenzione esalterebbe la conflittualità, oltre ad essere di impossibile realizzazione. L’unico polo sul quale possiamo agire è il nostro. Osserviamo una cosa; Cl sono dei momenti, nella nostra vita di tutti i giorni, nei quali la nostra attenzione è afferrata in modo totale; ed allora ci dimentichiamo di noi stessi, i nostri dispiaceri sono scomparsi; abbiamo degli attimi di “serenità”, se non vogliamo chiamarla “felicità”.
Qualora ci fosse possibile estendere a tutta la nostra giornata una simile condizione, avremmo prosciugato in noi la fonte dei dispiaceri. C’è nella gente che lo fa, e tutti noi ne conosciamo qualcuno; l’artista che, totalmente assorto nelle sue visioni, dimentica i piccoli problemi della vita quotidiana; così lo scienziato o il tecnico veramente e profondamente interessato al suo lavoro; chi si dedica a servire ed aiutare gli altri, dimentico di sé. La realizzazione di una simile condizione, oltre che darci serenità, ci allenerebbe anche a far meglio il nostro lavoro; infatti saremmo capaci di avere una visione integrale di ogni problema, perché sapremmo dedicargli tutto l’intero orizzonte della nostra attenzione, orizzonte al quale normalmente sottraiamo una grossa fetta, che dedichiamo alla nostra importantissima (per noi) persona.
Siamo tutt’uno con il tutto; a cominciare con ciò e chi è più vicino a noi. Ma questa è fraternità?
La Massoneria è da sempre Maestra. Lo si voglia credere o no, Essa ha ricevuto un insegnamento che, prima o pi, per chi viene a conoscere altre dottrine, si deve riconoscere coincidente con quel fondo generale che è la base di tutte. Ogni tanto appaiono delle verifiche che dovrebbero essere abbacinanti. Vediamo le considerazioni di J. W. Dunne. Dai suoi scritti non appare che egli abbia ricevuto la minima influenza dalle Dottrine Tradizionali. Eppure, le conclusioni che egli trae dalle sue considerazioni, direi, di metafisica geometrica e gnoseologica, coincidono con quelle della dottrina teosofica. A livello del secondo Osservatore, siamo già immersi nello Spirito Universale; ossia, superando con un primo passo la condizione di menti legate ad una visione tridimensionale di un universo a quattro dimensioni (Larghezza, lunghezza, altezza e durata), siamo tutt’uno con lo Spirito Universale; siamo tutt’uno con tutto I ‘Universo sensibile, ed ultrasensibile. Siamo un’unica unità! E non siamo quindi tutti Fratelli? Ecco che, a quanto mi sembra, abbiamo intravisto una immensa profondità metafisica, esoterica, nell’insegnamento Massonico della Fraternità. Nella sua minuta, anche materiale attrazione di ogni giorno, l’esercizio della Fraternità è pari alla ripetizione delle sacre sillabe OM. Laus Deo, Baruch Hu, Sai Ram; è I ‘affermazione di una grande verità cosmica.
Per chi lo voglia, da questa constatazione si potrebbe trarre una linea di lavoro di Officina. La pulitura della pietra grezza si potrebbe esplicare, dal lato pratico, nell ‘esercizio continuo della Fratellanza, anche in azioni minime; dal lato spirituale, ed ancora pratico, nell’abituarsi a vedere il mondo dimenticandoci di noi stessi: vedere, non osservare, Dimenticandoci dell ‘osservatore; solo allora saremo capaci di vedere.
Maestro Venerabile, Fratelli carissimi, vi ringrazio della vostra benevolenza nell’ascoltarmi.
M. Bnc,
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