DELL’INTELLIGENZA

DELL’INTELLIGENZA di Amarilli

Sembra facile dire di una persona « è intelligente, è sciocca, è buona ». Ma un giudizio di questo tipo non può mai essere così categorico. Ben più sfumata è la materia. Definire un carattere, una personalità non è così semplice. Richiede la conoscenza dell’individuo, una indagine sul suo comportamento, senso psicologico, intuito, onestà di giudizio non deviati da un sentimento di simpatia o di antipatia preconcette.

Non esiste neppure un metodo scientifico per classificare l’intelligenza. Ciò può essere possibile con le piante, ma l’essere umano è assai più complesso dl un vegetale. ln esso esiste un certo che di indefinibile, di infinitamente particolare, che fa di ciascun individuo una eccezione.

Da cosa è formata la nostra intelligenza, la nostra capacità di giudizio, la nostra logica? L’intelligenza umana è in continua evoluzione, si forma, si trasforma e si deforma ogni giorno, senza mai raggiungere un equilibrio stabile. Le idee che vi germogliano, le teorie che vi si sviluppano, raramente si combinano in un insieme armonioso. Entrano invece in conflitto tra di loro. Siamo gli esseri più discordanti dell’universo. La complessità della nostra natura è determinata dagli eterni sussulti dei nostri sensi, della nostra immaginazione, della ragione, delle nostre tendenze innate — eredità ataviche, i nostri desideri, affetti, antipatie, i casi della vita, i casi fortuiti, le esperienze felici o deludenti, certe gioie, certi dolori che non dimenticheremo mai — se lasciano nella nostra mente la loro impronta incancellabile. E che dire delle contraddizioni della società in cui viviamo? Noi oggi constatiamo il costante affievolirsi di quelle tradizioni che già costituivano un richiamo sicuro, di princìpi che sembravano inalienabili, il cambiamento di costumi e il crearsi di una nuova morale, offerta con incessante martellamento dai « massmedia » , instancabili nel proporre una linea di vita nuova, un nuovo modo di pensare e di ragionare.

Dalla nascita abbiamo un numero infinito di precettori, educatori e corruttori. E poi ci siamo noi, come siamo fatti. Luci e ombre.

Senza una precisa volontà siamo come foglie al vento, possiamo orientare la nostra capacità di logica verso falsi obiettivi, o pigramente accettarci così come siamo, acriticamente, anzi con soddisfazione. Non vogliamo conoscere il nostro intimo caos.

Nelle passioni tutti gli uomini si somigliano. I loro pensieri diventano incoerenti quando sono impossessati da sentimenti come l’amore, l’odio, la collera. Senza accorgersene peccano mille volte contro la logica. E l’incapacità di interrogarsi, una certa pigrizia, costringono spesso l’uomo a vivere nelle contraddizioni, a non liberarsi da certe convinzioni preconcette, senza prova e senza esame. Un libero pensatore che non ha l’abitudine di pensare, si dichiara contro i preti, ma fa educare i suoi figli dai gesuiti. Vi sono poi individui che usano la loro intelligenza per riuscire nella professione e spesso lo fanno benissimo. Tuttavia, qualsiasi altro argomento li lascia indifferenti, non hanno dubbi o perplessità. La loro mente è a compartimenti stagni. Vi sono studiosi che, in fatto di scienza, applicano il metodo più severo, spingono l’analisi con scrupolo esasperato. Ma, usciti dal loro laboratorio, se si discute di storia, di religione, di politica, diventano approssimativi, superficiali.

Per una natura forte l’ordine, l’armonia sono esigenze imperiose. Per conoscersi a fondo l’uomo non deve avere una volontà fluttuante, confusa. Per essere dei grandi capi è necessario avere questo tipo di intelligenza, con il supporto di un animo nobile.

Ripeto, definire un carattere e, nel caso presente, misurarne l’intelligenza, è estremamente diŒcile. Sono considerazioni che si possono fare nei confronti delle persone che ci vivono accanto, o che dirigono la vita pubblica e incidono sul nostro sistema di vita. Ma, per citare un personaggio celebre, J. J. Rousseau, l’autore del « Contratto Sociale » e delle « Confessioni », rammento, proprio leggendo quest’ultima opera, nell’analizzare certi suoi comportamenti, il contrasto fra le idee dello scrittore e la consistenza dell’uomo. E poi ho compreso: gloria frammista a miseria. Era vissuto in una città in cui il dogma di Calvino aveva esasperato l’austerità e la disciplina ugonotte; l’atteggiamento mentale era rimasto ancorato a pregiudizi immutabili, un’esistenza meschina, un poco

triste della quale si vantava, fra piccoli borghesi che però si consideravano dei superuomini.

Quindi un nuovo ambiente, un prigioniero che prende il volo, fa un salto nel buio, la vita errante, l’amore per la natura fra le montagne, le grandi strade, un’immaginazione in continuo fermento, la Savoia, il Piemonte, un’abiura, un’apostasia, i figli naturali mandati in un orfanotrofio, la signora di Warens, i suoi capelli biondi, le sue lezioni e le sue concessioni, la Charmette, qualche anno di paradiso. Quanti elementi si sono combinati! Con suo padre, orologiaio, passava le notti in letture. Così realtà e fantasia convivevano.

E ancora: gli oltranzisti, chi non si contraddice mai, hanno spesso delle vedute limitate. E non sempre la logica è la parte migliore dell’intelligenza: esistono verità di sentimento che la ragione non conosce.

Riepilogando: incoscienti, pigri, indifferenti, improvvisatori, forti, coraggiosi, instabili, oltranzisti, genii, scettici, in questa interminabile ed affascinante galleria, per l’uomo comune, per lo psichiatra, per lo psicologo, quale materia di studio, quale impossibilità (o almeno diffcoltà), a catturare, e decifrare la linea retta dell’intelligenza!

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