Ubbidienti e liberi
Uomo libero, nella comune profana accezione del termine, sta a significare chi viva in uno Stato che, con le sue leggi, assicura ai propri cittadini la possibilità di esprimere diverse opinioni politiche, filosofiche e religiose.
Ma questo significato dell’espressione “Uomo libero”, se è relativamente sufficiente per la visione profana, non è certo bastante per chi voglia approfondire in senso iniziatico il concetto di uomo libero.
Nell’accezione profana, la libertà riguarda i rapporti fra gli uomini e le loro relazioni con la collettività in cui vivono. La libertà dell’individuo dipende quindi dalle garanzie che le leggi gli assicurano.
È libero, insomma, colui che vive in una cornice politico-giuridica che glielo consente.
Per contro, non è libero, se volgiamo, è servo colui che vive in una società che gli impone l ‘ adesione e l’ossequio acritico alla accennata cornice politico-giuridica.
Si può concludere che questo concetto di libertà dipende da forze esogene, cioè non della coscienza individuale, ma dagli istituti che determinate società elaborano nel corso della loro storia.
E tuttavia evidente, a mio avviso, che questo concetto della libertà, in qualche modo valido sul piano giuridico e, comunque sia, necessario per regolare la convivenza, non ha che scarso o nullo significato iniziatico.
Più precisamente, intendo dire che, se anche la cornice politico-giuridica si ispira a concezioni liberali, il singolo individuo può non fruire concretamente della libertà.
La vera libertà, noi lo sappiamo, nasce da forze endogene e si rafforza nell ‘intimo della coscienza, ed è verso questa libertà che la Massoneria indirizza i suoi adepti.
Si può affermare che non è libero, quindi non Massone perfetto, chi di noi rinuncia alla propria autonoma facoltà di scelta accettando in modo acritico i suggerimenti che gli giungono dall ‘esterno della propria coscienza.
Il Massone deve essere, a avviso, un ricercatore della verità e sapere che il primo segno della libertà riposa nella disponibilità ad esaminare con umiltà le idee e le opinioni degli altri, traendone, di volta in volta, tante piccole verità che lo aiuteranno ad evitare i luoghi comuni, le frasi fatte, a ripudiare l’aria fritta che trabocca nella vita profana. Tutto questo potrebbe far pensare che al Massone, ricercatore della libertà vera, non vengano posti canoni di obbedienza, in quanto I ‘obbedienza potrebbe significare non libertà.
Secondo me, invece, è proprio nell’ambito dell’obbedienza, che ritengo un valore fondamentale per una società iniziatica, che si può trovare un buon grado di libertà.
Vediamo come: ricordando 2 LANDMARKS ed esaminando alcuni brani di Costituzione e Rituali, che trascriverò per rendermi più agevole la spiegazione.
Landmark no IO (n.d.r.: Mackey): “11 governo dell’ARTE, durante le riunioni di Loggia. mediante il M:. V:. e due Sorveglianti Maestri”. E un Landmark che si fonda sulle più Antiche Tradizioni delle scuole iniziatiche, nelle quali il M:. V:.
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effettivamente svolgeva, come tuttora deve svolgere, le funzioni proprie del nome, con compiti di governo e conseguente obbedienza dei governati.
Landmark no 17 (n.d.r.: Mackey): “Ogni Libero Muratore resta sottomesso alle Leggi e Regolamenti della Giurisdizione Massonica nella cui circoscrizione si trova a risiedere”.
E un concetto che si ritrova, peraltro, anche negli “Old Charges” e deriva direttamente dalla Massoneria Operativa.
Se il profano sente e vive l’obbedienza come una imposizione, il credente dogmatico come una “rivelazione indiscutibile”, il Massone la deve sentire come scelta libera e consapevole.
Nella Tradizione Massonica, “l’obbedienza” è uno dei punti di riferimento costante della filosofia e della storia muratoria, tanti da usare il termine per individuare la regolarità e la discendenza di una Gran Loggia o di un Grande Oriente.
La vigente Costituzione esige il “giuramento di fedeltà all ‘Ordine” dal profano che bussa alla porta del Tempio; esige altresì il giuramento del M:. V e dei Dignitari di osservare le deliberazioni del Grande Oriente d’Italia, di cui sono all ‘ obbedienza.
Nel Regolamento, poi, troviamo all’articolo 31: “La Loggia giura obbedienza al M:. V ” e all’articolo 129 “1 Grandi Maestri Aggiunti ed i Grandi Dignitari giurano obbedienza al Gran Maestro”.
Durante l’iniziazione, il M:. V nell’enumerare all’iniziando i doveri che dovrà compiere, così si esprime: “11 terzo dovere (dopo il silenzio e la pratica delle virtù) è conformarsi alle leggi dell ‘Ordine e ai Regolamenti della Loggia”.
Dunque, non soltanto dal concetto stesso della gerarchia, dal simbolo del maglietto, dalla leggenda di Hiram (tragedia della disobbedienza e dell’arrivismo arrogante) discende l’insegnamento della necessaria obbedienza, ma dalla stessa normativa costituzionale e regolamentari e dalla trasmissione di precetti dal M:. V :. al neofita.
A questo punto si potrebbe pensare che obbedienza significa “non libertà”, però non va dimenticato che la Libera Muratoria non espropria il potere-dovere del singolo Massone del controllo, della verifica, soprattutto dell’impegno valutativo tra precetto e condotta conforme nell’armonia delle funzioni che annullano il concetto profano di cariche e di potere.
Già la Costituzione, postulando il dovere reciproco dei Fratelli all ‘insegnamento e all ‘ assistenza, lo subordina alla valutazione della rispondenza del Giusto e dell ‘Onesto (a mio avviso, questa valutazione richiede grande libertà).
E ancora, nella cerimonia di iniziazione viene dato grande rilievo alla libertà come potere di compiere o non compiere certi atti, secondo la determinazione della nostra volontà, diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge morale e alla libertà altrui”.
Potrei evidentemente citare ancora moltissimi altri brani di Costituzioni, Regolamenti e Rituali, ma non è certamente quello che importa a noi, bensì lo sforzo di comprensione del significato profondo dell’Obbedienza, della catarsi che dobbiamo compiere per liberarci di pregiudizi, presunzioni, dogmi per rimanere all ‘Obbedienza, appunto, “liberamente”.
S. Pnt,
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