PLATONR DICE CHE

Platone dice che …

A Platone dice che l’anima è dotata di ali e vola alto, ma poi le perde e cade: si salva entrando, nella caduta, in un corpo. Il corpo quindi salva l’anima, ma contemporaneamente essa perde la sua libertà le sue ali.

C Il corpo, non avendo il paradiso terrestre, quindi non conoscendolo, mira a perseguire le gioie della vita, subendo però anche il dolore.

B L’anima però è poco interessata a questo e vorrebbe ritornare a volare verso la libertà.

D Il corpo usufruisce di varie cose, alcune potenzialmente molto piacevoli (sesso e cibo, ad esempio), e altre no (il freddo e le malattie).

B Direi che questi sono limiti del corpo, ma certo non dell’anima, comunque. Per questa il corpo è una prigione, da cui si desidera evadere al più presto!

D Anche se è, o può essere, una prigione dorata.

B Verissimo: se stai mangiando bene, se ascolti della buona musica, in tutta tranquillità, non puoi dire che sei in prigione: direi che queste cose ricordano forse di più il paradiso…

A Però il corpo è molto “terreno”, è schiavo di necessità, di bisogni…

C E questi non hanno mai fine, sono inesauribili ed infiniti, ogni bisogno ne genera almeno altri due, con una crescita quasi esponenziale.

B ln questa direzione non vi è crescita, non c’è evoluzione: non si esce mai dal limite umano, terreno. … Crediamo di cambiare, invece rincorriamo sempre le stesse cose, gli stessi ideali: questo perché non “centriamo” mai il vero bersaglio, la vera “mancanza”.

A    Su questo piano, la vera vittoria è giungere a non avere più alcuna necessità, alcun bisogno da soddisfare.

D Però il corpo, il solo corpo, vuole avere dei bisogni: è la società, intesa come tutti gli altri uomini, questo lo sa bene, e se ne preoccupa e glieli crea, assecondandolo (o guidandolo?) imponendoglieli. Sarò troppo figlio del mondo e di questo secolo, ma io trovo bellissimo soddisfare i miei bisogni-desideri e poter permettere a mia moglie ed ai miei figli le stesse.

C Non è che vorremmo che si abbandoni il mondo, che si diventi asceti. La nostra

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istituzione mai ha prospettato queste soluzioni, tuttavia può essere sensato domandarsi se e quali sono i limiti.

  • La vera natura dell’uomo è ricercare la felicità, che non è la stessa per ognuno di noi. Qualcuno vuole la verità, altri l’amore, altri ancora il potere. Credo personalmente che un mix dei suddetti beni possano rappresentare effettivamente un rilevante modo per almeno avvicinare la felicità … terrena.
  • Per me il bene massimo è dato dalla libertà, comunque intesa: libertà dal bisogno, ma anche libertà di perseguire il piacere ed il sapere.

B Apprezzo maggiormente il concetto di verità, che ti fa conoscere il bene ed il male, lo scopo della nostra presenza nell’universo, la vita e la morte: se non avessi questi intenti, certamente non mi troverei tra te colonne.

A Credo che la necessità di ricerca sia, tra le cose elevate, l’elemento più “umano” che abbiamo: “fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”, dice il sommo Dante.

D Di fatto però siamo circondati da idoli, da violenza: l’uomo è la somma di tutti i difetti, non delle virtù. Compresi i sedicenti “iniziati”! Per un uomo leale e sincero che conosco, ne conosco almeno dieci volte tanto che non lo sono affatto. E lo stesso posso dire di saggi e stolti, dei caritatevoli e degli egoisti e cosi via.

B Quando prima parlavo dell’uomo che ricerca la felicità intendevo dire che non la si può perseguire che con equilibrio: se in noi c’è corpo e anima dobbiamo soddisfare entrambe le componenti. in uno sviluppo armonico.

Il corpo è rappresentato dalla materia, che è ben rappresentato dal nostro grado di apprendista, dal piano orizzontale, mentre l’anima, o spirito, è tratteggiato dal grado di maestro, è la verticale che unisce la terra al cielo, l’uomo al divino.

D Siddartha insegna che c’è un momento per il corpo ed uno per lo spirito…

A L’incontro tra l’orizzontale ed il verticale (la croce) genera un punto, ed è quello il luogo dove deve collocarsi il libero muratore, almeno colui che raggiunge il grado di maestro.

D Già, perché il maestro dev’essere tale non tanto per sé, ma per i suoi simili, cominciando magari dai propri figli.

  1. Lo scopo dell’uomo è conoscere i ritmi della natura, innanzitutto della propria: dalla stato d’animo al pulsare del proprio cuore, dal percepire tutte le nostre componenti fisiche, come ci insegna lo yoga, alle pulsioni erotiche per sottolineare e rafforzare le armonie e per tentare di ridurre tutti gli squilibri.
  2. Prima tuttavia occorre riuscire a fare un esatto quadfo di quello che importa e quello che importa meno: intendo dire che bisogna conoscere ciò che è bene e ciò che è male, e non sempre è cosi facile come sembra. … Insomma, un enorme

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A Occorre talvolta fare silenzio in noi, ascoltare il nostro intimo, coltivarlo anziché zittirlo e sopraffarlo.

D Avete notato come invece questa società faccia, imponga esattamente il contrario? Il silenzio viene bandito, evitato, visto ed additato come un male, come un sinonimo di solitudine.

Cercano al contrario di stordirti, di evitare che uno abbia la possibilità di riflettere, di domandarsi il perché di certe cose.

Vi faccio l’esempio, eclatante, dei negozi più proiettati al futuro, i supermercati: possono essere visti come esempio di alienazione, ognuno con il proprio carrello della spesa, che compera cose di cui, almeno in parte, non ha affatto bisogno. E, non a caso, stordito da colori e dalla musica.

B Per parte mia, vi dico che invece, ogni tanto, faccio un bagno di … umiltà. Penso di sapere di non sapere, e così smetto immediatamente di sentirmi un po’ onnipotente, per combattere quello che il vivere quotidiano, per via del mio lavoro (profano), mi instilla.

A Ciascuno di noi è, deve essere, sinceramente orientato alla ricerca del bene e del giusto. Ma ognuno con percorsi differenti: l’istituzione è l’alveo, ma poi ognuno è una goccia che segue una diversa via, per cui qualcuno entra nella corrente impetuosa del centro del fiume, e qualcun altro si ferma nella pozza stagnante sul bordo; altri ancora viaggiano lentamente bordeggiando le rive. Alcuni, pochi, sono invece destinati a cambiare di stato, evaporando. E ancora, ci sarà chi verrà bevuto e chi arriverà al mare.

D Occorre che qualcuno invece si preoccupi di propagandare i (buoni) risultati raggiunti.

Perché molti non hanno la cultura, la necessità, la possibilità di cercare (bene o vero, fa lo stesso), né comprendono il senso, la necessità di farla, questa ricerca.

Noi, come istituzione, in questo momento e luogo, non abbiamo certo I ‘autorità, il rilievo e la credibilità per fare, del nostro operare, alcuna propaganda positiva. E la scuola non é più ben messa di noi, senza contare che, per definizione, si rivolge solo ai giovani.

Purtroppo, non c’è che la Chiesa (guarda un po’ la novità!), che possa proporre un lavoro di prospezione interiore.

  1. Tuttavia solo chi cerca il bene può sperare di realizzarlo! E la stessa cosa vale per la verità, la libertà e quant’altro vogliate. Insomma, l’intenzione deve essere retta.
  2. È molto facile, in questa società del benessere, vivere male!

A La lotta è infatti, tra l’intenzione e i vari condizionamenti, i quali, vorrei adesso ricordarlo, nascono sovente dall ‘esperienza.

C Ma torniamo ad un aspetto che mi interessa molto: indipendentemente dal fatto di avere, ora, un piccolo uditorio e una scarsa credibilità, unite al sistematico boicottaggio dei media, ma in buona sostanza, secondo voi, che cosa esattamente

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lavoro, tuttavia un po’, come dire, riduttivo.

C Serve a poco conoscere la nostra natura, che cambia continuamente. La soluzione può essere scoprire ciò che in noi è immutabile!

B E la nostra cultura, il nostro ambiente sociale. gli obblighi che il vivere ci ha procurato, dove li mettiamo? Non possiamo comportarci, questo lo abbiamo già detto e riconosciuto molte volte, come certe “teorie” vorrebbero, e forse anch’io, ma…

D Ricordo a tutti voi che i bisogni cambiano, tutti, con l’età, con i luoghi e con la cultura. La precarietà è ciò che contraddistingue l’essere umano (solo il profano?). L’iniziazione, da questo punto di vista, è il tentativo di agganciare il transitorio all ‘immortale, l’umano al divino, l’animalesco che è in ciascuno di noi insomma, con il sovrumano.

  1. D’accordo, l’uomo con l’iniziazione comincia una costruzione che Io deve rendere più libero.

E credo che l’elemento che renderà più forte l’iniziato sia il raggiungimento, o quantomeno I ‘avvicinarsi, alla sua libertà.

Libertà dai condizionamenti, dai sentimenti, dai bisogni e dall’egoismo.

I condizionamenti che, come credo tutti voi concorderete, dovrebbero essere i primi, e più facili ad eliminare perché riconoscibili con facilità, anche perché immessi un po’ forzatamente in ciascuno di noi. E insomma la società, con le sue regole, che ce li ha imposti, ed il rifiutarli dovrebbe, almeno apparentemente, esser facile.

I sentimenti, che sono di norma limitati nel tempo, o comunque destinati in gran parte a diluirsi, ci sono suggeriti dalla società e dalla cultura, sono invece dei vincoli molto potenti. Superarli richiede una convinzione, una fede che è solo di pochi.

Tuttavia, a riprova che vadano eliminati, basterebbe osservare ciò che fecero il Cristo, o San Francesco e Siddartha. Tutti costoro, che possiamo certo annoverare tra i grandi iniziati, hanno abbandonato gli affetti più cari, per seguire la via! E, chi più esplicito, chi meno, invitano tutti coloro che desiderano seguire i loro passi a fare altrettanto…

I bisogni invece sovente non dipendono da noi, almeno in maniera diretta: penso ovviamente non al cibo quanto alla salute, magari anche al sesso, con il risvolto illiberale del senso di proprietà del bene amato.

L’egoismo, che credo sia il più facile da vituperare è anche, sicuramente, tra i più facili da superare: forse è persino una componente del nostro spirito di sopravvivenza.

  • Nessuna idea credo si possa veramente sviluppare se non nella libertà.
  • La libertà non può che basarsi sul vero, se no significa arbitrio, indifferenza, relativismo morale. Il libero muratore infatti, che fa della libertà una delle sue bandiere, deve lavorare, nel senso di ricercare, mettendo continuamente sempre e tutto in discussione, soprattutto interrogandosi sulle sue certezze fin lì acquisite. E riconoscendo i propri limiti.

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sa proporre la nostra istituzione, sia ai già iniziati che, e forse soprattutto, ai profani?

  • Dei simboli, un rituale …

B No, no. Procediamo con ordine: se vogliamo affrontare un tema siffatto, occorre ordine!

Già, ora che ci penso, ordine alle cose nella loro giusta gerarchia di valori è proprio quello che si propone come risultato primo, immediato, l’iniziazione. Allora, dicevo, per prima cosa occorre dire che la nostra istituzione vanta un’antica origine, consentendo cosi di poter disporre di una tradizione (da tradere, portare e consegnare). Che cosa, se non un insegnamento? Esso è, non può che essere orale. Addirittura, quando sono stato iniziato io, mi si insegnò che in Massoneria ogni scritto era proibito! !

L’insegnamento, in origine, forse era una tecnica di mestiere (il triangolo di Pitagora, la sezione aurea o chissà cos’altro…); noi ora lo intendiamo come metodo, che si basa sui simboli, abbondanti nel Tempio e fuori (specie nel gabinetto delle riflessioni), che vanno interpretati. Ognuno di noi lo farà con la propria sensibilità e con I ‘uso della propria cultura.

Per far questo, è necessario essere in una comunione con altre persone che, attraverso il dialogo, il confronto ci aiutino e soprattutto ci impediscano di imboccare vicoli ciechi o, peggio, strade errate.

Affinché possa esserci dialogo, occorre che i componenti si stimino reciprocamente, si sentano pari in dignità: ecco la necessità dell ‘uguaglianza. E quando alcune persone condividono lo stesso ideale, scelto e perseguito liberamente, come non chiamarsi fratelli?

Come prima ha ben detto il fratello “C” questo tipo di ricerca, questo percorso non può che essere svolto nella più totale libertà, dato che qualsivoglia limite impedisce una corretta ricerca.

D Bravo, con pochi colpi di pennello hai illustrato alla perfezione il senso maggiore del nostro trinomio: Solo per dovere di una prima informazione vi ricordo che questo trinomio ha seguito nella Massoneria neo-latina: nei paesi anglosassoni il trinomio é sostituito da: umiltà, tolleranza e benevolenza. Volendo, anche questi tre valori sono da meditare ed approfondire…

A Già, ma noi dobbiamo piuttosto chiarire il senso del nostro rituale, l’uso dei nostri simboli: l’uso di un rituale, che deve essere quanto più possibile “stabile” nel tempo, è necessario per collegare il nostro operare ad un qualche cosa di non fisico, non materiale che ci trascende e che, se ben realizzato, consente di rafforzare il nostro lavoro. Permette di concentrare l’attenzione, di non portarci dietro gli affanni quotidiani: è per molte persone riunite e partecipi di una medesima scelta, un’operazione che sacralizza un’area, un momento e un’intenzione!

C Sono d’accordo. Per i simboli, viceversa, posso dire che sono degli strumenti offerti all’attenzione dei fratelli affinché, vivendoli nel pensiero (anticamente erano utilizzati per svolgere il proprio lavoro) sappiano cogliere dei significati che possono far intuire realtà che non sono di normale ed immediata comprensione.

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In questa ottica, un simbolo non finisce mai di essere “compreso”. Può sempre riservare delle sorprese o, meglio, far trasparire nuovi significati, nuovi accostamenti che ci portano a capire sempre più aspetti della vita.

B Verissimo! Ci sono degli aspetti che ci siamo abituati a vedere come simboli, anche se non ci sono proposti come tali: ma tanta è l’abitudine e le sollecitazioni che ci hanno insegnato in questo senso… Vi faccio l’esempio del silenzio dell’apprendista: questo è un fatto che, se ben compreso, può e deve esercitare un forte insegnamento su chiunque, e nel neofita tanto maggiore quanto, nella sua vita profana, è abituato a parlare ed a farsi ascoltare! Ma, se interpretato un po’ più a fondo, rivela, come sappiamo, altri insegnamenti.

A Non dilunghiamoci su questo, ma ricordiamo che la prima regola di un qualsiasi simbolo è che deve essere meditato da ogni singolo individuo: perché solo con il proprio approfondimento può farlo suo: mi pare che ricordi la condanna che Dio inflisse nel Paradiso terrestre ad Adamo per la sua nota trasgressione: d’ora in avanti dovrai guadagnarti il pane “con il sudore della fronte”.

D Ecco, il richiamo al sudore della fronte ci permette di concludere questa discussione: ricordiamoci che a questo mondo ci dobbiamo guadagnare tutto: a maggior ragione la nostra via, che promette un traguardo molto importante, deve esser intrapresa solo se si è disposti a sacrificarle tempo con volontà, discriminazione e perseveranza!

A. Bgg, 16 dicembre 1999 dell’e:.v:.

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