IL SILENZIO

IL SILENZIO

In occasione di una recente riunione tra amici, accomunati dagli stessi interessi, ho provato ad evidenziare alcuni aspetti di quella Scuola Iniziatica alla quale siamo tutti iscritti.

In particolare vorrei, questa sera, proporre alla vostra attenzione un particolare che fa parte integrante del metodo proposto dalla scuola fino dall ‘ingresso dell’allievo: il silenzio.

Ho inteso molte volte, nell’ambito delle nostre discussioni, sottolineare il significato morale, relativo al comportamento che deve tenere il “nuovo allievo”, il quale deve imparare a tacere, modestamente, ascoltando con umiltà quanto viene detto e dibattuto da persone con maggiore anzianità ed esperienza.

Vorrei provare a dimostrate che significati assai più profondi sono collegabili a questa esperienza più o meno lunga del silenzio.

La metodologia che userò per la dimostrazione, a parte alcune considerazioni iniziali, è legata al suggerimento che viene dalla Tradizione: “ascoltate ciò che dicono i grandi maestri e confrontatelo meticolosamente; quando troverete delle ripetute coincidenze, sappiate che vi trovate di fronte a frammento della Verità”.

Il profano confonde il mondo con la propria attività e con il tentativo costante di trarre vantaggi dal mondo; secondo questa prospettiva, ci si rappresenta il mondo con una propria visione che è anche quella che suggerisce ciò che è buono e ciò che è cattivo per noi stessi, quindi quale è il nostro vantaggio, in una rappresentazione arbitraria, creduta “vera”.

Noi impariamo a pensare tutte le cose e addestriamo i nostri occhi a guardare le cose che vediamo, nel modo in cui le abbiamo pensate. I nostri atti ci sembrano importanti perché abbiamo imparato a pensare che siano importanti.

Inoltre noi parliamo continuamente di noi stessi. Parliamo del nostro mondo, della rappresentazione che abbiano fatto di lui: attraverso il nostro continuo discorso interno manteniamo vivo il nostro mondo.

L’iniziato è consapevole di tutto ciò e cerca si smettere di parlare a se stesso, ma è anche perfettamente consapevole che quando smetterà di parlare a se stesso il mondo cambierà e il colpo sarà terribile.

Egli sa che il mondo è questo o è quello, è cosi e così solo perché noi diciamo a noi stessi che quello è il mondo esistente. Se smettessimo di parlare a noi stessi, il mondo non sarebbe più cosi.

La scuola ci propone immediatamente, tra gli aspetti più caratteristici del suo metodo, il silenzio per un anno almeno, sperando che la lezione impartita attraverso una imposizione fisica serva a questo apprendimento.

Non credo che sia un caso che uno dei più famosi testi di Alchimia si intitoli “Mutus Liber nel quale, tuttavia, tutta la filosofia ermetica è dipinta per figure geroglifiche …” e nel quale le uniche parole scritte sono il famoso invito “ora, lege, lege, relege, labora et invenies”, prega, leggi, leggi, rileggi, lavora e troverai. Il Maestro sconosciuto non trasmette nella, né a voce, né per scritto: l’invito al silenzio e alla meditazione sui simboli non potrebbe essere più esplicito.

“Pensi e parli troppo. Devi smettere di parlare a. te stesso” afferma il vecchio saggio all ‘allievo Carlo De Castaneda, e aggiunge “ogni volta che smettiamo di parlare a noi stessi il mondo è sempre come dovrebbe essere. Noi to rinnoviamo, lo

accendiamo di vita, lo sosteniamo nel nostro discorso interiore. Non solo, ma mentre parliamo a noi stessi scegliamo anche i nostri sentieri. Perciò ripetiamo continuamente le stesse scelte fino al giorno della nostra morte, perché continuiamo a ripetere sempre lo stesso discorso interiore”.

“11 guerriero ne è consapevole e cerca di smettere di parlare.” (C. De Castaneda, Una Realtà Separata, pag. 191).

“Tutto ha il suo momento e ogni cosa ha la sua ora sotto il sole . . tempo di lacerare e tempo di cucire. Tempo di tacere e tempo di parlare” afferma Cohèleth, figlio di David nell ‘Ecclesiaste.

Un giorno, il governatore locale stava passando nei paraggi dell’abitazione di un maestro Zen, considerato un uomo santo e molto saggio. Incontrò il maestro e iniziò a parlare con lui chiedendogli di spiegare il significato della religione in una sola frase.

“Posso fare di meglio. Te lo posso dare in un sola parola” rispose il maestro. “Si può riassumere nella parola: Silenzio”.

“Ma come posso ottenere il silenzio?”, chiese il governatore.

“Silenzio”, disse il maestro Zen.

Ermete, nel Pimandro, rivolgendosi a suo figlio, afferma: “riposati, figlio, e intendi la benedizione perfetta, l’inno di rigenerazione che io non ho voluto rivelare tanto facilmente se non a te, in fine di tutto. Poiché esso non si insegna, ma si nasconde nel silenzio. Così, figlio mio, mettiti in luogo scoperto, e guardando verso il vento di sud, prosternati al cadere del sole e, al suo levare, prosternati dalla parte del vento di est.” (Ermete Trismegisto, Il Pimandro, Ed. Atanor, pag. 87).

“E cosi l’anima non deve attaccarsi a niente, né a meditazione, né a gusto sia sensibile che spirituale, né ad operazione alcuna; tale stato esige infatti lo spirito, tanto libero e annichilito che qualunque pensiero, discorso o gusto di cui ella (l’anima n.d.r.) si volesse appoggiare, le sarebbe di impedimento e di inquietudine e produrrebbe del rumore nel profondo silenzio che le conviene, secondo il senso e lo spirito per una profonda e delicata audizione di Dio” il quale, come dice Osea (2, 14) “parla al cuore in questa solitudine, mentre l’anima ascolta” (S. Giovanni della Croce, Fiamma viva d’amore, 3, 34).

“Le parole della sapienza si ascoltano in silenzio” (Ecclesiaste, 9, 17).

“Un guerriero della luce sa che, nel silenzio del suo cuore, c’è un ordine che lo guida.” (Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce, Ed. Bompiani, pag. 47).

Il guerriero della luce conosce il silenzio che precede un combattimento importante. E questo silenzio sembra dire: “le cose si sono fermate. E meglio lasciare la lotta e divertirsi un po”‘. A questo punto i combattenti senza esperienza abbandonano le armi e si lamentano della noia.

“11 guerriero presta attenzione al silenzio. In qualche luogo qualcosa sta accadendo. Egli sa che i terremoti devastanti giungono senza preavviso.” (Idibem, pag. 75).

“vorrei iniziare con il silenzio e vi dico subito il perché: ogni cammino che conduce a Dio deve essere un cammino che conduce al silenzio. Se un giorno volete arrivare all ‘unione con Dio, dovete iniziare con il silenzio.

Cosa è il silenzio?

Silenzio significa andare oltre le parole e i pensieri, lasciarseli alle spalle. Cosa hanno di sbagliato le parole ed i pensieri? Sono limitati.” (A, De Mello, Quebre o idolo, pag. I l).

F. Clnn,

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