DIVAGAZIONI

DIVAGAZIONI

Tempo fa, riflettendo sulle mie vicende personali, mi accorsi di quanto potesse cambiare, e in quanto poco tempo, il mio modo di considerare le cose, quelle piccole e insignificanti e pure quelle importanti. Mi accorsi di guardare il mondo con occhiali che passavano dal grigio al colore e viceversa in perfetta correlazione con altre esperienze, la scoperta dell’acqua calda, mi direte. Nei libri che parlano della Tradizione il capitolo sul sesso manca, nella vita invece no.

Sarà che ai tempi di Salomone o delle Cattedrali non conoscevano il Signor Freud, ma mi sembra un tantino strano che si possa pensare di “conoscere se stessi” saltando a pie’ pari la sfera sessuale. In quasi cinque lustri di Massoneria non ne ho mai sentito parlare. Tranquilli, credo di non confondere il Lavoro di Loggia col lettino dello psicanalista, ma qualche considerazione di carattere esoterico sul tema, penso si possa azzardare. Certo non un’analisi sistematica, solo considerazioni alla rifusa, divagazioni appunto. Precisazione: intendo per esoterico il significato più semplice e letterale di interno, intimo, nascosto.

Quando pensiamo in termini astratti possiamo avere il dubbio di non esistere, di essere il sogno di una farfalla addormentata, ma quando i nostri sensi patiscono un dolore fisico acuto oppure stimoli gradevoli, allora la percezione della nostra esistenza è mille volte più evidente e tangibile. La percezione della propria natura corporea è indispensabile per guardarsi allo specchio. Pensare che la materia sia solo una componente accidentale, transitoria e marginale del nostro essere è un po’ come illudersi di assomigliare agli angeli. La materia, intesa come fisicità (brutta parola) è l’aspetto caratterizzante della nostra natura, non a caso siamo pietre. La squadratura della pietra, è un lavoro sulla materia, inventarsi un’immagine più ideale è solo più appagante, ma è ingannevole.

La sessualità ci fa urtare con un mare di divieti. Usualmente i limiti posti dalla morale, anche se sempre scomodi, sono chiarissimi. Impediscono di arrecare danni al prossimo. Non ho mai capito che male possano farsi un uomo ed una donna se desiderano unirsi anche solo saltuariamente. Comunque si voglia girare la questione resta il fatto che la cultura che abbiamo respirato persiste a gettare una luce negativa sulla problematica generando scrupoli e amare perplessità. Il senso di colpa del sesso ha radici misteriose. Vi siete mai chiesti perché, per insultare qualcuno, lo chiamiamo come un organo sessuale?

Tutti gli altri istinti principali dell’uomo sono volti all’autodifesa dell’individuo, alla sopravvivenza, il sesso no, lui lavora per la Specie, non per l’individuo. E come un inquilino che ci abita e ci usa. Quando l’individuo ha procreato, o non serve più a riprodurre, può pure scomparire. E un padrone spietato e cinico, quando lo serviamo siamo riccamente ripagati, se lo contrastiamo siamo puniti. La punizione può essere bruciante o più subdola e sfuggente: insoddisfazione, monotonia, rassegnazione. Limitare la sessualità equivale a spegnere il gusto di vivere. Seguirla può condurre il nostro senno, come quello di Orlando, sulla luna.

Il buon selvaggio, più vicino di noi all’età dell’oro, come possiamo ancora vederlo in remote parti della terra, si abbandona senza alcuna remora alla propria inclinazione naturale. È forse la morale che frena lo sviluppo della vitalità, la vera responsabile della nostra era di decadenza? Il vero peccato originale?

31

Il nostro tappeto a scacchi dovrebbe insegnarci il rapporto, l’equilibrio fra bene e male. Quale rapporto può esservi fra bene e male? Nessuno, uno andrebbe perseguito e l’altro evitato, uno schema semplicissimo, banale in teoria. O forse i quadri bianchi e neri, tra cui cercare l’equilibrio, significano altro?

La realizzazione coincide con il dissolvere l’individuale nel generale. Un animale che evita le scelte personali e si abbandona alla superiore volontà della specie, si realizza?

Il saggio, che con la forza della sua volontà e del suo intelletto, riesce a vincere la propria natura, abbandona i metalli e vive nella purezza più assoluta, è un realizzato o un folle arrogante che sfida I ‘armonia disegnata dal Grande Architetto?

L’illusione della “realizzazione” è forse una delle idee più infauste prodotte dal nostro pensiero e dalla nostra cultura, una grande invasione dei tartari, nella cui vana attesa spendiamo buona parte delle nostre migliori energie.

Un architetto disegna, inventa strutture, col proprio pensiero e la propria cultura traccia un disegno. Se il progetto obbedisce alle leggi naturali della gravità e dell’equilibrio, se tiene nel debito conto la pesantezza e la qualità dei materiali, allora è realizzabile, diversamente è destinato a rimanere sulla tavola da disegno, se realizzato produce macerie. Una costruzione troppo ardita, come una torre che unisca la terra al cielo, è destinata a produrre solamente danni.

La cultura degli ultimi secoli, rivoluzione scientifica, riforma, controriforma hanno dilatato la sfera del pratico, del conveniente, del dovuto, del lecito, del buon senso applicato a tutto. Per esempio la sessualità è lecita solo se giustificata dall’amore come suo completamento. E una penosa bugia, la realtà indica l’esatto contrario, un buon rapporto può generare amore mentre un rapporto non buono consuma ed esaurisce l’amore. Sovente ci inganniamo scambiando l’amore con l’affetto e l’abitudine. Dalla lettura degli scritti degli antichi mi sembra che il mondo classico avesse raggiunto un miglior equilibrio fra il pensato e l’istintivo, fra apollineo e dionisiaco. Anche se oggi pensiamo di essere in crisi di valori e ci sentiamo trasgressivi, in realtà il dionisiaco è tutto catalogato nel non consentito, tutto biasimevole. Più che i valori, secondo me, si sono smarriti il senso della misura, la percezione della nostra vera natura, la necessità di uno spazio per ciò che è naturale ed istintivo. Per produrre una pietra cubica occorre lavorarla secondo i piani e gli angoli della sua struttura cristallina, cioè in armonia con la sua natura più intima.

Terminando vi ricordo un saggio consiglio degli antichi: “Semel in anno licet insanire …”.

G. B. Plin, 24 settembre 1998 dell’e.•.v  (1 0 grado)

32

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *