IO (DALLA MOLTEPLICITÀ ALL’UNITÀ)
Venerabile Maestro, carissimi Fratelli.
Per evitare di ripetere sempre l’intercalare “secondo me”, premetto che quello che dirò è inteso che è solo la mia opinione senza pretendere, anche se mi piacerebbe, di convincere nessuno ad essere del mio parere che esporrò al giudizio dei miei fratelli allo scopo di sentire se il mio pensiero è considerato accettabile o meno dagli altri fratelli oppure se questa idea sarò invitato a rivederla.
Premetto altresì che con questo titolo non mi riferisco né a me stesso, né alla storia di me stesso, ma alla storia dell ‘unico destino che ci accomuna e che è il luogo a cui ci sta conducendo la Via che stiamo percorrendo insieme riunendo tutte le nostre aspirazioni e tutto ciò con cui noi siamo manifestati sia come corpo, come anima o psiche, sia come aspetto spirituale che secondo ciò che il mio livello di comprensione raggiunto percepisce fino a questo momento, sono convinto di aver compreso, ci accomuna nella sintesi in cui ci possiamo riconoscere.
Nel lontano 1992 mi era venuta l’idea di scolpire una tavola alla quale avevo pensato di dare lo stesso titolo che do oggi alla attuale, ma probabilmente le mie capacità comunicative non erano le più adatte ad esprimere ciò che è racchiuso nel mio animo, oppure non era l’argomento più adatto ad essere esposto in quel momento storico della nostra Loggia, perciò dopo diversi tentativi sono stato costretto a lasciare cadere l’intenzione, anche perché mi mancava la determinazione sufficiente per inserire l’argomento; ma da allora la incapacità di vincere quella tendenza insita in me o insinuatasi dopo il mio insuccesso mi ha perseguitato fino a quando nel 1998, dopo uno sforzo prodotto grazie a incoraggiamenti di un Fratello sono riuscito a riprendere il mio lavoro ricominciando a coltivare quell ‘idea presente nei limiti del mio spazio mentale, prima in modo nebuloso, ma in seguito in modo sempre più compatto tanto da ricominciare ad alimentare quella volontà di esprimerla. Oppure mi era venuto il dubbio che la percezione mia era talmente ovvia, anche secondo l’osservazione di un Fratello (durante la scultura di una mia precedente tavola dal titolo “Di fronte allo specchio”, del 5 novembre ’98, 40 paragrafo della pagina unica in cui già accennai succintamente al presente argomento ) che non è neppure necessario esprimerla.
Oggi mi sembra di avere una maggiore forza e mi cimento perciò a dare un ulteriore sviluppo alla espressione della mia antica e unica idea su cui mi sento per ora di lavorare. Anche perché lo stesso pensiero lo ho sempre intravisto aleggiare in tutte le opere da me lette, quindi o ho letto credendo di recepire una cosa che già stava nella mia mente oppure veramente era nelle intenzioni degli autori da me consultati di esprimere la stessa idea, quindi questo argomento mi sembra una realtà di cui è giusto parlare.
Con questo titolo ripeto che è chiaro che non intendo riferirmi a nessuna individualità, lungi da questa idea che viene da me considerato una eresia, potrebbe essere male interpretato da un distratto uditore (possibilità remota nella nostra Loggia, ma doverosamente da considerare per essere sicuro di non essere frainteso); bensì alla personalità che accomuna tutte le individualità in una sintesi unica.
Per individualità intendo definire ognuno degli aspetti mediante i quali ci viene manifestato l’Essere e che secondo una delle espressioni necessarie alla formulazione di questo concetto, con l’aggiunta della nozione tempo, l’Essere viene specificato idealmente dalle diverse individualità che vanno a comporre nel loro insieme la totalità di tutto il manifestato, cioè il “Creato”.
Questa specificazione la espongo, non per il timore di non essere stato compreso, ma per la convinzione che ho della insufficienza della caratteristiche grafiche e foniche delle lingue moderne occidentali che non si esprimono con geroglifici e alle quali mancano certe espressioni che specificherebbero certi concetti, (oppure esse ci sono ma io le ignoro) prestandosi alla esposizione che vorrei porgere e fissare in questa mia tavola.
Lo scopo che mi sono posto come attività Massonica, anche se inizialmente inconscio, torse, ma di cui sono convinto al punto che mi sembra impossibile che non sia anche quello dei miei fratelli, è quello di avvicinarmi il più possibile allo “Io” (questa è la definizione che trovo la più acconcia) o entrare nello “Io”. Questo è il mio punto di vista nei riguardi dello scopo ultimo dell’uomo per cessare di osservare il mondo in modo illusorio e dall’esterno come lo vede la mia individualità e forse anche quella degli altri Fratelli individualmente, ma vorrei sapere il punto di vista dei miei compagni di Lavoro per rompere quella barriera che mi rende difficile comunicare intimamente, cioè appunto da veri Fratelli.
Questo tipo di concetto espresso ad un profano lo indurrebbe a pensare che l’autore del discorso non sia normale, fatto in loggia potrebbe indurre qualche Fratello ad invitare l’estensore a limitarsi a pensarle certe cose senza esporre agli altri le proprie convinzioni, che senz’altro già hanno maturate ma se li tengono per se, invitandomi a fare altrettanto. Ma allora io mi domando: “a quale scopo scolpire una tavola se non per esporre le proprie conclusioni ai miei Fratelli proprio per confrontarle con le loro?” Può darsi che alcuni abbiano le stesse convinzioni, anche se con un orientamento un po’ diverso. E questa mi sembra un’ottima occasione per fare correggere il mio concetto o per continuare nella mia riflessione.
Secondo le mie opinioni ogni fratello non deve essere influenzato, né dal M:. V :., né dai F.lli e neanche dal Gran Maestro anche se egli può accettare un consiglio da qualunque fratello a cui è particolarmente legato da stima o da fraterna amicizia, ma dalla saggezza che simbolicamente discende dall’alto e arriva al centro delle tre luci che sono simbolo della Saggezza, Forza e Bellezza e che assieme rappresentano i tre aspetti dell ‘unicità dell ‘essere.
Il lavoro che svolgiamo noi Costruttori è orientato verso la facilitazione del flusso delle individualità “umane” verso l’Unità, come lo sono quelle animali, vegetali e minerali, cioè di tutti gli esseri verso l’unitarietà dell ‘Essere. Ma cito quelle umane perché essendo le più vicine al “Centro” hanno più possibilità; a tal fine questa unità comprenderà tutti gli elementi esistenti nell ‘universo; se ne rimane escluso qualcuno si va a riformare la visione duale e allora il nostro lavoro sarà stato vano.
Questo è il mio punto di vista attuale.
Ma l’elemento attraverso cui e per mezzo del quale si può andare verso questa unità forse non coincide con la materia fisica, ma con la parte fluida che è simboleggiata dalla psiche e che rende possibile il flusso delle varie individualità (che formano la molteplicità) verso I ‘Unità.
Questo è il punto a cui sono giunto, ma è solo una sosta per riflettere e prima di continuare il mio Lavoro, colgo l’occasione di questa “tavola” per fermarmi e confrontare con i miei Fratelli il mio operato che ho prodotto fino ad oggi.
Per quanto riguarda la Massoneria, I ‘Unità è costituita simbolicamente dal M:.V :. mentre l’individualità si trova discendendo, prima alle Luci e poi agli altri Fratelli, dai Maestri, ai Compagni ed agli Apprendisti ed infine ai Profani.
Uno dei mezzi che l’umanità ha a disposizione per cominciare a “navigare” verso l’unità è la religione. Infatti questo termine sta ad indicare, etimologicamente quella tendenza a legare tutto ciò che è omogeneo Essa si manifesta a noi sotto svariate forme. Lo “sciamanismo” portato alla conoscenza di noi occidentali da personalità come Carlos Castaneda e alcuni altri fra i quali eccelle Micea Eliade, il quale riporta la storia di una miriade di forme di sciamanismo esaminando le quali sono stato indotto a pensare ad una teoria di forme di religioni che hanno molto contribuito alla tendenza, volta all ‘unione di tutti gli individui verso quella unitarietà che ci porta a quella meta che ho preso come titolo di questa tavola.
Concludendo, per arrivare all’essenza dello “Io” è necessario spogliarci simbolicamente di tutti i metalli che lo appesantiscono, come si dovessero sfogliare ad uno ad uno tutti gli strati di una cipolla, arrivando cosi al centro dello “Essere”, lo “Io” essenziale (figura che mi è apparsa durante la lettura di un ‘opera di Guénon).
In un passo del Vangelo Cristiano si legge che Pilato presentando Gesù Cristo agli astanti lo indicò con le parole: “ecce Homo”.
Con la parola “Homo” Pilato non poteva che intendere la sintesi di tutta l’umanità; in ciò io vedo una conferma a ciò che io sostengo.
Lo “10”
D. Obrt,