LA SCUOLA OGGI
Le considerazioni che seguono non vogliono né possono essere un’analisi compiuta del tema in oggetto; spero tuttavia che riescano a costituire uno stimolo di discussione fra i fratelli in grado ‘di fornire un po’ di luce allo scrivente.
Perché questo tema?
Sono padre di un bimbo di 8 anni che è appena uscito dal primo ciclo della scuola elementare e che comincia ad esprimere in maniera netta, chiara e cosciente una «domanda» di istruzione che, mi sembra, non trova una risposta opportuna.
Dopo anni di interesse «accademico» per i problemi della scuola, attraverso agli occhi, alle orecchie, alle emozioni di mio figlio, sento questi come fondamentali per la vita dell’uomo.
Un articolista qualche tempo fa, durante alcune riflessioni sullo stato di pace quasi globale del mondo di questi ultimi tempi, affermava che in una società globale futura ove guerra, fame e povertà fossero sconfitte, quattro grandi sfide rimarrebbero agli uomini: la scuola, la difesa della salute, la condizione di vita degli anziani e la conservazione dell’ambiente.
Vorrei soffermarmi un attimo a considerare questi quattro elementi richiamando l’attenzione su come siano in fondo strettamente correlati e come la scuola sia la vera fonte di soluzione per gli altri: solo attraverso la scuola è possibile creare la cultura di base e quella specialistica per giungere alla vera conservazione dell’ambiente; lo stesso dicasi per quanto riguarda lo stato di salute fisica delle persone. La condizione di vita degli anziani poi in sostanza dipende non solo dalla cura per la salute o per l’ambiente ma anche da quanto la scuola riuscirà ad allargare una cultura di rivalutazione «democratica» delle persone anziane.
Pertanto la prima delle grandi sfide da intraprendere sarebbe proprio quello della scuola.
Ma quale è il punto di partenza?
Qui lo sconforto cresce immediatamente a livelli indescrivibili.
La sensazione più immediata (e qui parlo di sensazione perché non sono in grado di fornire analisi quantitative o di dettaglio) è che l’istruzione in generale stia subendo una involuzione in senso negativo con una velocità superiore a qualsiasi altro fenomeno di tipo socioeconomico.
Paragonando scuole elementari, medie e licei di non più di 30 anni fa con quelli di oggi mi sento quasi di affermare che un licenziando della scuola elementare della fine degli anni ’50 aveva conoscenze di base ed aveva acquisito mezzi di espressione e di calcolo se non superiori, identici a quelli di un allievo delle scuole medie di oggi, cito a questo proposito solo qualche elemento che costituiva materia di esame per l’ammissione alla scuola media quali l’analisi grammaticale, la soluzione di problemi matematici con una incognita, il dominio del calcolo delle frazioni ed ancora la geografia a livello europeo ecc. Ma ciò che rende ancora più sconcertati è che, nonostante la riduzione in sostanza dei programmi, chi finisce un ciclo di istruzione possiede in minima parte quel livello di cultura che può essere definito sufficiente per il ciclo stesso.
Impressionanti i risultati ad esempio di un’inchiesta compiuta per conto del Ministero della Pubblica Istruzione Francese su un campione di scolari giunti alla fine dei 5 anni della scuola elementare: l’ 80% dei ragazzi ha collezionato in un dettato di 8 righe più di 25 errori gravi di ortografia!
Anche se non dispongo di informazioni relative alle scuole italiane presumo che gli alunni delle scuole italiane non siano poi tanto meno somari dei loro coetanei francesi.
In compenso qualche tempo fa in una scuola superiore americana alla domanda dove si trova l’Italia l’unico allievo che non rispose «non so» collocò l’Italia «dalle parti del Nicaragua»!
Per esperienza personale posso poi assicurare che anche le scuole di tipo tecnico professionale sfornano più dell’80% di allievi che non sono in grado di risolvere problemi in cui è necessario applicare l’ABC delle relative specializzazioni. Ai periti in telecomunicazioni che negli ultimi anni ho intervistato per l’assunzione al primo impiego ponevo un semplicissimo problema basato sull’uso di 3 interruttori per l’ accensione di normali lampade da illuminazione; ebbene il 50% forniva delle risposte che se applicate da un elettricista avrebbero creato dei terribili corto circuiti!
La considerazione più sconvolgente è che questi bei risultati sono ottenuti in un ambiente, la società odierna, ricchissima di mezzi tecnici di ogni tipo in una attività in cui sono impegnati moltissimi insegnanti in una percentuale insegnanti/alunni estremamente più alta di quella degli anni ’50.
Anche i supporti culturali per gli insegnanti sono diventati più disponibili ma in sostanza la sensazione è che siano meno usati.
Un’altra cartina di tornasole mi pare costituita, almeno a livello italiano, dal fatto che 30 anni fa, con alcune prestigiose eccezioni, la scuola privata costituiva il refugium per coloro che non riuscivano a superare le difficoltà della scuola pubblica mentre oggi tutti pensiamo l’opposto.
Perché avviene tutto ciò?
A volte si chiamano in causa, ad esempio in Italia, presunti interessi particolari che guiderebbero questo sfacelo.
Personalmente ritengo che non sia così altrimenti non mi spiegherei come in tanti paesi con situazioni storiche tanto diverse la situazione sia praticamente la stessa.
Tenterò di darne qui una spiegazione diversa. Come già accennato in precedenza la scuola è comunque un qualcosa che rinchiude in sé il possibile orientamento della storia futura; qui forse sono le radici del problema: faticare per avere una buona scuola significa investire risorse in qualcosa che servirà a chi viene dopo di noi per vivere e soprattutto per plasmare un mondo che, se siamo fortunati, vivremo come anziani.
Ora quale può essere la spinta ad interessarsi di una cosa tanto lontana con un mondo votato al profitto ed al ritorno immediato di qualsiasi fatica?
La mentalità dell’investimento con ritorno in breve tempo, tipico delle attività industriali e finanziarie della società occidentale, in questi ultimi anni è diventata habitus mentale nelle manifestazioni sociali degli individui. Se talvolta viene spinta allo sviluppo intellettuale ciò è nel senso strettamente utilitaristico acritico nei confronti del sistema di valori imperante.
Riusciremo quindi a vincere la sfida della scuola? Sì, forse per il rotto della cuffia.
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