SIBOLOGIA DELLO ZERO

SIBOLOGIA DELLO ZERO

Il gruppo di studio si è preoccupato di individuare la categoria «simbolo» in contrapposizione ad altre figure conoscitive — come il segno, l’allegoria o la metafora — concludendo che il simbolo ha una • forza propria, insita nella potenza di ciò che esprime, comunque al di là della sua capacità di unire un significante con un significato. La prosecuzione della ricerca si indirizzò poi verso il tentativo di individuare simboli primordiali, cioè comuni a tutte le civiltà, identificati nella Pietra, nella Caverna, nella Croce, nel Triangolo, nel Quadrato e nel Cerchio.

Applicazione pratica della metodologia e dei risultati conseguiti fu, infine, l’analisi, a tre livelli, della simbologia di alcuni arcani del Tarocca.

La volontà che sta alla base di questo lavoro è stata precisamente quella di continuare lo studio dei simboli primordiali, esaminando la simbologia dei numeri.

Per scelta unanime dei Fratelli si è partiti dallo ZERO.

Questo simbolo, infatti, si manifestò subito con una potenza ed una ricchezza di immagini tale che il gruppo stabilì la necessità di un suo esame approfondito. Studio preliminare a quello sui numeri e congruo con esso, studio che ha prodotto questa tavola.

Data la complessità dell’argomento, per maggiore chiarezza e facilità di lettura, forniremo immediatamente lo schema del lavoro, che si compone di due parti.

Nella prima parte, a carattere «polemico», ci si proverà a confutare le opinioni ed i pregiudizi correnti intorno allo zero. Esso verrà perciò esaminato:

  1. Nelle accezioni derivate dal linguaggio e dal pensiero comune.
  2. Dal punto di vista matematico (lo zero non è un numero).
  3. Dal punto di vista filosofico (lo zero non è simbolo del nulla).

Nella seconda parte, a carattere affermativo, si esamineranno invece: 1) La storia e le rappresentazioni grafiche dello zero.

2) Sulla scorta di ciò, quale possano essere le più corrette conclusioni sull’interpretazione della sua simbologia.

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PARTE PRIMA

Lo zero nel linguaggio e nel pensiero comune

Nelle definizioni fornite dalle enciclopedie, lo zero è indicato come sinonimo del vuoto, dell’assenza, del nulla.

Abitualmente, la più comune immagine dello zero è quella aritmetica. Esso è considerato il numero cardinale che esprime la mancanza di qualsiasi unità e che non è successivo di altri numeri.

ln algebra è anche immagine del limite che divide la serie dei numeri positivi dai numeri negativi.

Lo zero può anche indicare il termine di un’attesa e l’inizio di una nuova attività, cosa evidente specialmente nel conto alla rovescia

La sua accezione più comune rimane, tuttavia, quella di nulla. Ciò che non ha dimensione, peso, valore è definito zero. Non a caso i Tedeschi lo chiamano «null»,

Tutto ciò è particolarmente evidente se facciamo riferimento alla cosiddetta saggezza popolare, soprattutto ai detti ed ai proverbi, quali:

L’«ora zero», cioè la mezzanotte.

«Meriti zero», cioè «niente».

«Opinione che vale zero», cioè «nulla».

«Non capisci proprio uno zero», di nuovo: «nulla».

Quanto a voi, siamo rimasti a zero». «Zero più zero fa nulla».

Detti ripresi anche dalla cultura ufficiale:

«… E tanto più che ‘l lor litigio è un zero.

Né degno in prova d’arme esser rimesso…» (Ariosto)

«E le sue genti, che n’aveva tante, furon stimate d’Alessandro un zero…» (Berni)

Ma se è opinione diffusa che lo zero sia un numero, e che simboleggi il nulla, forse che per l’ iniziato le cose debbono pure stare così? E a questo che cercheremo di dare una risposta.

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Anche questa impostazione non è però una novità. Già Platone aveva introdotto, nella sua filosofia, un concetto di NULLA non più ASSOLUTO, ma RELATIVO.

Infatti egli diceva — ogni qualità delle cose NON È un’altra.

E cioè, il movimento è il NON-ESSERE della quiete, la quiete è il NON-ESSERE del movimento, ecc. 11 NON-ESSERE negato da Parmenide sembrerebbe per un attimo ricomparire (Platone stesso ironizzava di un suo «parricidio» nei confronti di Parmenide…).

Ma è evidente che quest’altro NON-ESSERE non ha più significato assoluto (il NULLA), bensì relativo: è la negazione di una qualche cosa che implica, nello stesso tempo, l’affemzazione di un QUALCOSA d’altro. Non c’è una cosa, ma ce n’è un’altra.

La filosofia moderna, pur accettando questa relatività, va ancora oltre. Negando anche l’esistenza di questo qualcosa d’altro, dà al NULLA un puro valore logico-linguistico, riducendolo ad ASSENZA di un qualcosa che ci poteva essere, a NEGAZIONE Dl UNA POSSIBILITÀ Il concetto è molto semplice.

Per il filosofo Henri Bergson si DICE che «non c’è nulla» quando non c’è la cosa che aspettavamo di trovarci o che poteva esserci. D’altronde anche per Bergson l’Idea del NULLA ASSOLUTO è altrettanto assurda di quella di un circolo-quadrato: è una «pseudo-idea»…

Questa tesi è quindi conforme al concetto che della NEGAZIONE hanno i logici contemporanei. CARNAP afferma che la sola nozione di NULLA logicamente corretta è appunto la negazione di una possibilità determinata.

Dire «Non c’è nulla fuori» equivale a dire «Non c’è qualcosa che sia fuori». Ma dal momento che la negazione che qualcosa sia fuori implica che qualcosa potesse essere fuori, la negazione, è, in questo senso, l’esclusione di una possibilità determinata.

Se dunque il NULLA ASSOLUTO non esiste, anche il NULLA RELATIVO viene contestato nella sua essenza e ridotto al rango di puro SEGNO LINGUISTICO.

Tornando allo zero, possiamo quindi trarre una seconda conclusione: oltre a non essere simbolo del NULLA, lo zero si conferma SOLAMENTE SEGNO DELL ‘ASSENZA Dl QUALCOSA, in perfetto accordo con quanto dedotto dal suo impiego matematico.

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Lo zero dal punto di vista matematico

(lo zero non è un numero)

E ovvio come i numeri, proprio perché crescono all’infinito, non possano concludersi con un «numero infinito».

È, dunque, altrettanto ovvio come i numeri, che pure all’infinito decrescono, non possano concludersi con un «numero nullo».

Non è, infatti, ammissibile l’esistenza di un «numero infinito» (il più grande dei numeri), così come di un «numero nullo» (il più piccolo di essi). Lo zero, che rappresenta l’assenza di ogni quantità, non è quindi un numero.

Parlare di «Zero di grandezza» è perciò contraddittorio, Infatti esso sarebbe ancora una grandezza, e risulterebbero tanti zeri quante sono le varie specie di grandezza.

In realtà non può esserci che lo zero puro e semplice, che è la negazione di ogni grandezza e di ogni quantità.

Quanto allo zero metafisico, che è il Non-essere, esso non è lo zero di quantità più di quanto l’Unità metafisica che è l’Essere, non sia l’unità aritmetica.

Noi spesso assimiliamo una quantità, per noi trascurabile, all’assenza di ogni quantità. Ma ciò che è nullo per un aspetto, può non esserlo per altri. Per esempio il punto, essendo indivisibile è per ciò stesso non esteso, viene considerato spazialmente nullo: nondimeno è il principio di ogni estensione.

I matematici considerano lo zero un puro nulla, ma lo ritengono — per contro — dotato di potenza infinita.

Infatti, posto alla destra di una cifra «significativa», contribuisce a formare un numero che, per la ripetizione degli zeri, può crescere indefinitamente. Mentre, posto — in unione con la virgola — alla sinistra di detta cifra, contribuisce a formare un numero che può decrescere — per la ripetizione degli zeri — altrettanto indefinitamente. Lo  zero è, quindi, comunque necessario per indicare — aggiunto alle cifre — dei valori numerici.

Numerosi potrebbero essere gli esempi sulla potenza dello zero matematico.

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Lo zero è, dunque un segno convenzionale matematico che indica solo l’assenza di ana certa quantità: e quindi — per ciò stesso — non è un numero.

Lo zero dal punto di vista filosofico (lo zero non è simbolo del NULLA)

La Filosofia, nella sua storia, ha considerato lo zero sotto due angolazioni:

1). Dal punto di vista matematico.

2). Dal punto di vista metaforico, come sinonimo del NULLA.

Quanto al primo punto, lo si è appena trattato, per concludere come lo zero non sia un numero, ma solo un segno convenzionale matematico.

Per quel che riguarda il secondo, lo zero come metafora del NULLA, lo chiariremo adesso esaminando quale valore sia da darsi al concetto stesso di NULLA.

La più antica e conosciuta concezione di NULLA la troviamo nel greco Parmenide, filosofico vissuto nel v secolo avanti Cristo, che lo chiama NON.ESSERE.

Egli affermò che «I’ESSERE È e il NON-ESSERE NON È», vale a dire che il Principio, l’Infinito (l’Essere) esiste, mentre il Nulla (il Non-Essere) non può esistere.

Ed infatti, se esso esistesse, sarebbe un limite all’Essere stesso, che quindi non sarebbe più infinito. Gorgia, filosofo greco sofista, portava il discorso ancora più in là. Se il NON-ESSERE esistesse — diceva — il Tutto, l’Infinito, risulterebbe composto dalla somma di Essere e di Non-Essere, cosa che è una contraddizione in termini… Questi semplici concetti sono rimasti alla base di tutto il pensiero occidentale. Noi stessi, che crediamo nel G.A.D.U., possiamo immediatamente verificare come l’affermazione stessa dell’esistenza di Dio, o di un Principio, escluda automaticamente la possibilità dell’esistenza di un qualsivoglia NULLA alternativo o limitativo.

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A questa conclusione arrivano, oltre alle Scuole Filosofiche, anche le Religioni e le Vie iniziatiche.

Se dunque il NULLA ASSOLUTO, non può esistere, perché tuttavia è presente nella mente dell’Uomo?

Perché è un’IDEA.

E quello che dice Cartesio quando afferma che il NULLA è «quella IDEA NEGATIVA DELLA MENTE con la quale ci si rappresenta ciò che è infinitamente lontano da ogni sorta di perfezione», in opposizione alla REALTÀ di Dio, «somma di tutte le perfezioni». «CONCETTO VUOTO SENZA OGGETTO» 10 definisce pure Kant. Del NULLA, così inteso come IDEA, è stato fatto uso prevalentemente teologico e metafisico.

Giocando sulla metafora, si è addirittura talora affermato che il NULLA è DIO STESSO. Ma ciò è da intendere così: la natura di Dio è talmente al di là delle cose che qualunque nostro pensiero è inadeguato a conoscerlo.

Egli è quindi ciò che è oltre il limite della nostra mente. NULLA per la nostra mente. Si esprime così metaforicamente la negazione di tutte le forme d’esistenza conosciute, ritenute inadeguate alla natura di Dio. E questo il motivo per cui nella ZOHAR (il «libro dello Splendore della Kabbalah ebraica) Dio viene indicato come il « Nulla» o il « Nulla del Nulla» o «Quintessenza del Nulla».

Un «Nulla super-essente» è definito Dio da Meister Eckart; un «Nulla Eterno» da Jacob Bôhme.

Posta in tali termini, la questione è rimasta tale fino ai nostri giorni. IL NULLA ASSOLUTO, non esiste. Esiste solo un «concetto vuoto», o IDEA del NULLA, di cui si fa ampio uso metaforico. Questo ci porta subito ad una prima conclusione. LO ZERO NON PUÒ ESSERE SIMBOLO DEL NULLA, se non nel linguaggio co-

mune.

Infatti il simbolo è il tramite fra l’ Uomo ed una REALTÀ Superiore. Ma il NULLA non esiste, e quindi lo zero non può esserne il simbolo.

 La filosofia moderna, meno sensibile ai problemi metafisici, si è orientata a studiare il NULLA maggiormente sotto l’aspetto logico-linguistico.

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