NERO E’ BELLO: CERTO, PERO’

Nero è bello: certo, però…

di Dighatapassi

La situazione razziale in Sud Africa è tanto grave da coinvolgere tutti i cittadini del mondo e, per i princìpi che seguiamo, noi liberi muratori più che altri.

Sull’iniquità del fatto di considerare come una sorta di Untermenschen (peraltro accuratamente subdivisi) i neri, i meticci e gli asiatici — praticamente gli indiani — ci pare di non dover insistere. Quella che forse merita di essere esaminata più da vicino è tutta una serie di aspetti locali e non che, obiettivamente, rendono molto diffcile una soluzione rapida ed equa, tanto più che molto, troppo tempo è già stato perso.

Intanto i neri sono in grande maggioranza: la immediata concessione di una totale uguaglianza consentirebbe ad essi di ribaltare democraticamente la situazione. Si potrebbe essere sicuri — al punto cui si è giunti — che il revirement sarebbe di 180 gradi, con i bianchi e gli indiani ridotti nello stato in cui si trovano attualmente i neri — almeno quelli tra loro che sopravvivrebbero.

Un altro aspetto, tenuto conto che i neri sudafricani non sono per niente una popolazione omogenea, è dato dai contrasti e conflitti intraetnici, attuali ma soprattutto latenti che, nel ricordo di recenti mostruosi genocidi perpetrati da neri su neri, fanno temere il peggio a non lunga scadenza. Il fatto che poliziotti neri vengano bruciati vivi da altri neri fa paura, anche se la sorte del vero (o proc[amato a furor di popolo) Quisling è sempre stata la eliminazione. Altrettanto si deve dire, del pericolo — temporalmente successivo al primo ma altrettanto reale — dell’insorgenza di dittature anche nulla meno che allucinanti, di cui pure abbiamo già avuto concreto esempio. La decolonizzazione violenta o anche solo troppo rapida e non sufficientemente preparata comporta guerre civili, corruzione, malamministrazione, bancarotta c soprattutto fame e miseria per gran parte dei popoli « liberati ».

Giunto in Redazione il 5 settembre 1985.

Perciò dobbiamo tutti auspicare che il governo sudafricano riesca a trovare, al più presto, la saggezza e la determinazione necessarie per avviare riforme graduali ma sincere ed effettive, senza arrièrepensées, sperando che sia ancora in tempo per evitare il peggio e per porre riparo esso, conservatore, ai guasti provocati (anche) dal suo predecessore, laburista.

Tutto questo sembra abbastanza ovvio. Un po’ meno lo sono forse due considerazioni di ordine completamente diverso. La prima è la strumentalizzazione, palesemente in atto, da parte di certuni, che sfruttando la reale indignazione dei neri, la incanalano ed utilizzano per fini propri. Ce ne danno, se non la certezza almeno il fondato sospetto, il saluto a pugno chiuso con il quale da poco hanno cominciato ad essere ripresi i rivoltosi, quanto certi tipici aspetti di guerriglia urbana che cominciano a caratterizzare le « dimostrazioni ». È difficile che, come è avvenuto per la Raf tedesca, per le BR nostrane, nel Paese Basco, in Irlanda del Nord, in Angola ed in tanti altri luoghi, dietro le quinte non vi siano precisi interessi stranieri, direttamente presenti o rappresentati dai soliti compari. L’attacco — la novità è di questi giorni in cui scriviamo — dei neri agli indiani, con massacri, saccheggi ed incendi, sa troppo di pogrom per non metterci in sospetto. Gli indiani, in Sud Africa sono quello che erano gli ebrei in Russia ed in Polonia, i cinesi in Indonesia: i bottegai quasi in esclusiva, i benestanti piccoli ma sicuramente creditori di miriadi di famiglie di sottoproletari. Il resto è ovvio, ma lo è un po’ meno in Sud Africa, dove entrambe le comunità sono discriminate (sia pure con nuances diverse) dai bianchi epperciò hanno in comune le aspirazioni anti-apartheid.

Questo può essere un particolare tecnico, di importanza relativa nel grande quadro della tragedia.

Ma che vi siano interessi precisi per spingere taluno a soffiare sul fuoco, lo può confermare un semplice sguardo alla carta geografica: con la base navale già statunitense di Canh Ram in Vietnam ampliata ed in saldo possesso dell’URSS, con il canale di Suez che può essere reso impraticabile in un baleno, con i sovietici in grado di arrivare senza troppa resistenza alle sponde del Golfo Persico, un eventuale punto d’appoggio nell’Africa australe modificherebbe

radicalmente la situazione strategica mondiale, anche nell’era dei missili a testata atomica: le 120 guerre combattute dal 1945 ad oggi sono ben state tutte « convenzionali » anche se ad alçune di esse erano interessate, direttamente e palesemente o meno, entrambe le grandi potenze atomiche.

Un indizio a conferma, banale ma non privo di significato, è dato dall’angolatura con cui riferisce dei fatti sudafricani il 1 0 canale TV della RAI, notoriamente portavoce dei due principali partiti italiani anzi, si direbbe, valutando i contributi dello sta’ redazionale, soprattutto del secondo. Certe insistenze, certe parzialità grossolane (le violenze antindiane appena riferite e subito dismesse anche se, secondo la stampa internazionale, continuavano estendendosi, sottolineano i nostri dubbi.

D’altronde nulla di nuovo sul fronte degli sforzi per catturare in modo subdolo e surrettizio l’opinione pubblica per manipolarla ed ottenere un acquiescente consenso.

Nessun dubbio sull’esito della manovra, se non vi sarà una rapida, diffusa presa di coscienza dell’uomo della strada e, soprattutto degli « intellettuali ».

Abbiamo, purtroppo, già altre volte avuto occasione di richiamare l’attenzione su questa realtà, da cui dipende, dopotutto, anche la possibilità, per noi, di sopravvivere come uomini liberi.

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