… PSICHE, ANIMA E SPIRITO di Eta Beta
1. Premessa
Chiedere bruscamente all’uomo che passa una definizione dei tre termini equivale a non attendersi alcuna risposta.
Le intuizioni e le concezioni che si hanno del complesso problema sono infatti tali e tante che è opportuno chiarire, a logica premessa di quanto dirò, i punti di vista dai quali cercherò di affrontare le soluzioni.
Il psicologo, il filosofo, il credente e lo scienziato guarderanno, ognuno con i propri occhiali professionali o intuitivi, le rappresentazionl che si saranno costruiti di psiche, anima c spirito.
Diceva Jung, nel suo libro Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, che « ognuno si ritaglia dal mondo il suo proprio settore ed intuisce per il suo mondo privato il suo sistema privato, sovente con pareti impermeabili, cosicché dopo qualche tempo gli sembra di avere compreso il senso e la struttura del mondo ». È intuitivo che ciò è solo « sembrare » perché il finito non comprenderà mai ciò che è infinito.
Occorre, a questo punto tentare l’impossibile, travalicare i confini umani per cercare di indagare l’imperscrutabile, dimenticare che le sole cose del mondo direttamente accessibili sono i contenuti delle esperienze perché solo pochi avranno vissuto o potranno vivere esperienze di anima e spirito.
Volutamente ho tralasciato la parola « psiche » perché su essa mi soffermerò con una fede diversa da quella che mi anima nell’affrontare gli altri due termini.
2. L’anima
Per Aristotele è il principio della vita, il principio formale, l’atto, di qualunque organismo.
Per gli Stoici essa si identifica con il principio cosmico che anima il mondo, il Logos o la Ragione Fuoco.
Nella Scolastica veniva considerata una sostanza semplice e spirituale ma, sebbene sostanza per se stessa, destinata ad un corpo poiché, separata da esso, era incompleta. Come sostanza semplice e spirituale essa era ritenuta immortale.
Pitagora, Platone ed Origene pensavano che essa preesistesse al corpo al quale si univa al momento della concezione.
Broad, infine, le assegnò un’esistenza indipendente dal corpo perché esisterebbe tanto prima di esso quanto dopo la sua distruzione.
Ma che cosa è l’anima per un fratello? Un oracolo di Zoroastro dice:
il numero tre regna dovunque nell’universo, e la monade è il suo principio ».
Si può affermare che esso è la pietra angolare della scienza esoterica attraverso la quale l’uomo viene veduto nella sua triplice veste di corpo, anima e spirito.
Pitagora, forse il più grande degli iniziati, certamente il più vicino a noi, intuì ciò in maniera incomparabile nella concezione della Tetrade Sacra; i Padri della chiesa cristiana vi giunsero vicino ma si lasciarono fuorviare dal buio medioevale del dogma dal quale ancora oggi stentano ad uscire.
« Come il ternario universale si concreta e si condensa nella unità di Dio e nella Monade, così il ternario umano si concreta nella coscienza dell’io e nella volontà, che aduna tutte le facoltà del corpo, dell’anima e dello spirito nella sua vivente unità » , scrive lo Schuré. Ma che cosa è questa terza parte dell’uomo? Dove è iniziata la Monade?
« … Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza », recita la Bibbia.
I plurali « facciamo » e « nostra » lasciano chiaramente intravedere che in Dio ci sono più Persone le quali intervengono a creare l’uomo e stampano in lui la loro immagine. Non voglio con questo affermare che noi rassomigliamo a Dio nel corpo in quanto Esso non ha corpo, ma credo che i versetti vadano interpretati nel senso che Lui fornì all’uomo, oltre al corpo, l’anima per poter in essa abitare e qualcosa di ancora più grande e puro.
Tutte le religioni, politeiste e monoteiste, hanno intuitivamente avuto coscienza di questa idea.
Possiamo quindi definire l’anima una piccola parte della grande Anima del mondo, una scintilla dello spirito Divino, una Monade immortale.
Capire dove essa ha avuto inizio sarebbe come chiedersi l’ora in cui si è formata la prima nebulosa o il sole ha irradiato la sua luce per la prima volta.
Qualcosa dunque fa intuire ad ogni anima la sua origine divina, quasi un inconscio collettivo le lega tutte insieme al loro Creatore per cui in ciascun individuo, da[ più modesto al più illuminato intelletto, esiste una certa aspirazione o il timore del divino.
Ma se il suo possibile domani è rivolto agli splendori inesplorabili dell’Eterno Verità, la sua misteriosa origine la si può intuire agli inizi della materia.
« … allora il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra… »,
ma venuta dal cielo al quale aspira dopo la morte del corpo.
A questo punto sorge legittima la domanda: quale è la sua fine? Un’ipotesi, credo non tanto fantasiosa neppure oggi per un fratello, potrebbe essere quella intuita già millenni fa in India ed in Egitto: la reincarnazione.
All’inizio l’anima era un soffio che passa, un seme che ondeggia, un uccello che migra da vita in vita. La poesia greca, con simbolismo profondo e luminoso la paragonò ad un insetto alato, ora verme della terra, ora farfalla celeste. Quante volte è stata crisalide? Quante volte farfalla? Non lo saprà mai, anche se intuisce di avere
La sua vita di crisalide è strana e tragica: il corpo terreno l’avvolge con le sue passioni e le sue sensazioni; la sua lotta con lo spirito, l’altro ospite invisibile, è tremenda. Attirata da questo dimentica il corpo finché esso la richiama con un imperativo tirannico. In questo contrasto l’anima cerca invano la Verità.
La risposta che filosofi e teologi hanno dato a questo problema è sempre stata oscura ed inconcludente ma la dottrina esoterica ci ha aperto orizzonti assai più vasti e luminosi.
Gli iniziati istruiti dalla tradizione e dalle numerose esperienze della vita psichica, ci hanno detto che chiamiamo anima il doppio eterico del nostro corpo; un corpo immortale che la Monade Divina ha dato allo spirito eterno; quel corpo spirituale che Pitagora chiama il veicolo sottile dell’anima perché destinato ad innalzarla al cielo dopo la morte.
Mi è doveroso, in merito, riportare una pagina sempre dello Schuré, perché la sua poesia infinita e la drammaticità sconcertante con cui vengono descritti il distacco cd il reincarnarsi dell’anima, se non ci porteranno alla verità, ci faranno certamente meditare a lungo.
« All’avvicinarsi dell’agonia l’anima presente in genere il suo prossimo
distacco dal corpo, rivede la sua esistenza terrestre in quadri di scorcio che si succedono rapidamente con una nettezza mirabile. .. se è un’anima santa e pura, i suoi sensi spirituali si sono già svegliati con il distaccarsi graduale dalla materia ed essa ha avuto il sentimento della presenza di un altro mondo. Ai richiami silenziosi, alle voci lontane, agli incerti raggi dell’Invisibile, la terra ha perduto la sua consistenza e quando l’anima finalmente si leva dal freddo cadavere, si sente portata in una grande luce verso la famiglia spirituale a cui essa appartiene.
L’anima dell’uomo ordinario invece… si sveglia con una semicoscienza, come nel torpore di un incubo. La sola cosa che vede è la presenza del cadavere da cui si è staccata ma dal quale si sente invincibilmente attratta… Si cerca con spavento nelle fibre ghiacciate del cervello, nel sangue coagulato delle vene… È morto? È vivo quel corpo? … Le tenebre la circondano… intorno è il caos… incomincia una lotta tremenda…
Questa fase della vita dell’anima ha portato nomi diversi nelle religioni e nelle mitologie. Mosè la chiama Koreb, Orfeo l’Erebo, il Cristianesimo il Purgatorio… gli iniziati l’abisso d’Ecate ».
Come la vita terrestre, la vita spirituale dell’anima ha il suo principio, il suo apogeo ed un suo declinare, e quando è esaurita l’anima si sente presa dal torpore, da vertigine e malinconia.
« Una forza invincibile l’attrae di nuovo verso le lotte e verso la sofferenza della terra… la pesantezza aumenta, un oscuramento si è fatto in lei, essa non vede più le sue compagne se non attraverso un velo… sempre più denso che le fa presentire la separazione imminente… Il suo risveglio si compie in un’atmosfera pesante… essa non ha ancora perduto il ricordo celeste…
Ormai la luce divina non è più che un bagliore languido. Poi un dolore orribile la comprime, una convulsione sanguinosa la strappa dall’anima della madre e la configge in un corpo palpitante: il bimbo è nato, miserabile effgie terrestre e ne grida di spavento.
Il ricordo celeste è rientrato nelle profondità occulte dell’inconscio: essa non rivivrà che per opera della scienza o del dolore, dell’amore o della morte ».
3. Spirito
È la terza componente della Monade umana, immortale, compagno invisibile dell’anima.
Il dubbio sull’espressione verbale che possa definire lo spirito è antichissimo.
Il problema cominciò nella grigia preistoria » , afferma Jung, « quando qualcuno fece la sconcertante scoperta che l’alito vitale, che nell’ultimo rantolo abbandona il corpo del morente, è qualcosa di più che semplice aria mossa ».
Non è perciò un caso che parole onomatopeiche come « ruach » , « ruch », « roho » designassero anche lo spirito, non meno chiaramente che « pneuma » in greco e « spiritus » in latino. « allora il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra e alitò nelle sue narici un soffio vitale… ».
I versetti ci spiegano, in maniera inequivocabile l’origine del vento; il simbolismo è centrato; forte e potente è il suo richiamo al Vero Assoluto.
Solo con questa chiave potremo coltivare la speranza di riuscire a scoprire qualcosa di fondamentale sopra quella parola vaga, dalle molteplici iridescenze, che chiamiamo spirito.
Una sola cosa nessuno potrà mai disconoscere e cioè che come « l’essere vivente » è un concetto che compendia l’esistenza, la vita di un corpo, così il termine « spirito » sintetizza la essenza dell’anima tanto che spesso spirito e anima sono termini che vengono usati indifferentemente.
È suffciente questo concetto a spiegare la parola spirito?
Lo ignoro, e perciò ritengo utile analizzare la probabile etimologia del nome alla ricerca di possibili connessioni con gli altri ospiti della Monade terrena: corpo ed anima.
Le parole tedesca « Geist » e anglosassone « ghost » hanno da sempre designato un essere sopraterreno in contrasto con il corpo, sovente personificato, quale responsabile di molteplici esperienze psicologiche dirette o indirette.
L’atmosfera originaria dalla quale sono uscite le parole si è conservata e continua a vivere in noi.
Se è vera l’etimologia lo spirito sarebbe un’immagine dell’effetto personificato.
Il concetto, del resto, si concilia con l’altro, derivato dal tardo latino « spiritus », attraverso il quale noi definiamo un atteggiamento dell’individuo: spirito eletto, di poco spirito, ecc.
Le tre definizioni di spirito appena lumeggiate non sono contrastanti e possono essere sintetizzate, forse un po’ semplicisticamente, in vento divino, eterno, che condiziona l’anima ed il corpo dell’uomo.
4. Psiche
Tutti concordano nel definire « psiche » l’inconscio e la nozione di attività psichica inconscia ci è divenuta familiare. L’origine della parola psiche/inconscio è dibattuta.
Già in Platone, scrive lo Jervis, vi è qualche intuizione riconducibile a questo tema, ma bisogna attendere fino a Leibniz, Schelling, Hegel e Schopenhauer per avere un riferimento più chiaro ed alla scuola francese facente capo a Janet per avere una definizione sintetizzabile in azione inconscia sull’anima e sul corpo o, ancora più terra terra, il comportamento umano.
Jung, del resto unico grande discendente moderno dello gnosticismo medioevale, definisce la psicologia « dottrina della struttura dell’anima ».
Da questo punto di vista, i fenomeni del « già visto », le « bestie nere » francesi o « gli scheletri negli armadi » inglesi, trovano una logica spiegazione in « residui » di precedenti vite dell’anima e in interazioni tra spirito-anima e corpo.
I termini « sensazione » , « sentimento» e « intuizione » sono dunque il risultato di un lavoro interno della Monade umana che solo così ci diventano comprensibili,
L’irrazionalità o l’imperfezione delle nostre definizioni sono anche esse frutto delle nostre sensazioni ed intuizioni.
5. Conclusione
Trarre delle conclusioni non era nei nostri propositi per cui ci limitiamo a sintetizzare dei concetti che meriterebbero ben altra estensione•.
La superiorità dello spirito non è un’invenzione cosciente ma una sua qualità essenziale e razionale, come risulta dai documenti di tutti i tempi, dalle Sacre Scritture fino al Zarathustra di Nietzsche. L’anima e il corpo sono una coppia di contrari e, come tali, sono un’espressione di un Essere sulla cui esistenza possiamo solo possedere « sensazioni » o « intuizioni ».