DALLA MASSONERIA NELLA STORIA …alla storia della Massoneria

Dalla Massoneria nella storia alla storia della Massoneria

di Aldo A. Mola Tracciati e mezzi Tentazioni e deviazioni

Dal 2 al 5 luglio 1985 si è svolto a Salamanca il 20 Convegno sulla storia della Massoneria in Spagna *. L’ha promosso un Centro studi sorto per iniziativa del gesuita J. A. Ferrer Benimeli a conclusione del 1 0 Convegno, celebrato in Saragozza due anni orsono, in occasione del IV Centenario dell’Università dell’antica capitale aragonese. Nelle edizioni dell’lnstituto Nacional de Investigaçiâo Cienti-

AI Convegno hanno partecipato quarantaquattro relatori, quasi tutti docenti universitari, e assistito circa cento uditori quotizzanti. Patrocinato dal Ministero dell’Educazione e della Scienza e da quello della Cultura, il Convegno era posto sotto l’egida delle Università di Salamanca e di Saragozza e figurava tra i « corsi estivi » del celebre Ateneo della « piccola Roma ». Nell’impossibilità di render conto, in questa sede, dei lavori, ci limitiamo a ricordare che tra gli studiosi aderenti al Centro de Estudios hist6ricos de la Masoneria espafiola taluni hanno già tradotto in opere di alto livello scientifico le proprie ricerche, condotte secondo moduli che vanno rapidamente delineando l’atlante storico•geografico della Massoneria in Spagna. Menzioniamo, per esempio, l’Historia de la Francmasoneria en Canarias (1739-1936) di Manuel de Paz Sânchez; la Masoneria en Asturias en el siglo XIX di Victoria Hidalgo Nieto; la Masoneria en Cordoba di Francisco Moreno Gémez c Juan Ortiz Villalba; Un exemple de Masoneria catalana, 1869-1939 di Pere S{nchez Ferré e La Masoneria y la Corufia: introducci6n a la historia de la Masoneria gallega di Alberto Valin Fernandez (questi volumi possono essere richiesti all’indirizzo del Centro, presso J. A. Ferrer Benimeli, Università di Saragozza). Fra gli studi più densi e promettenti in corso da parte di specialisti aderenti al Centro meritano poi d’essere annunziati quelli di Pedro Alvârez Lazaro su « Massoneria e insegnamento » e quelli, invero poderosi, di Enrique Menendez Urefia su Krause, uno dei massimi pensatori massoni di tutti i tempi, coevo al Fichtc della Filosofia della Massoneria (un testo, quest’ultimo, che meriterebbe d’essere ristampato nell’accurata versione a suo tempo fornita da Santino Caramella). IL Simposio di Salamanca si concluse con una tavola rotonda su Il complotto massonico, cui presero parte il generale Ramon Salas Larrazabal, la prof. Maria Dolores G6mez Molleda, direttrice del Centro Unamuno, Victoria Hidalgo Nieto. J. A. Ferrer Benimeli e l’Autore della presente nota.

fica di Coimbra, Graça e J. S. da Silva Dias hanno pubblicato Os Primordios da Maçonaria em Portugal: quattro volumi per quasi duemila pagine. A Rio de Janeiro l’Academia Brasileira Maç6nica de Letras prosegue nella stampa dei sei volumi di Atti del TO Congresso internazionale di storia e geografia della Massoneria. La Caisse Générale d’Epargne et de Retraite di Bruxelles ha da poco presentato il catalogo della riuscita Mostra Un siècle de Franc-Maçonnerie dans nos Régions, 1740-1840; ed è viva l’eco della rigorosa rassegna documentaria Freimaurer, allestita nel 1983-84 allo Schweizerischen Museum für Vôlkerkunde di Basilea, a sua volta accompagnata da un catalogo di eccellente livello. Infine, numerose tesi di dottorato in storia della Massoneria sono state e vengono discusse in prestigiose Università di Francia, Germania, Spagna, per limitarci ai Paesi propinqui: in molti casi esse sono rapidamente pubblicate in spesso poderosi volumi.

Quel fervore di studi è animato da un preciso intento scientifico: ricostruire, documenti alla mano, la fisionomia della Massoneria, Paese per Paese, Obbedienza per Obbedienza, epoca per epoca, al di là delle definizioni spacciatene in passato da apologeti e polemisti. Si tratta di passare dal mito alla storia, dalla leggenda alla realtà, dalla propaganda alla verità. Come ogni altro transito, anche questo riesce bene se sono giusti i tracciati ch’esso segue e perfetti i mezzi utilizzati nel percorso. La riflessione su tracciati e mezzi mi sembra particolarmente urgente in un Paese, quale l’Italia, la cui massonologia ristagna in grave ritardo non solo rispetto alla Gran Bretagna della « Quatuor Coronati » o alla Francia, la cui Loge Nationale de recherche « Villard de Honnecourt » documenta la profondità delle indagini in corso e nella quale il recente Catalogo Musée du Grand Orient de France et de la Franc-Maçoanerie européenne illustra l’interesse delle fonti disponibili, ma anche nei confronti di terre (Spagna e Portogallo, per esempio) ove l’Ordine liberomuratorio fu bersaglio di sanguinose persecuzioni, culminate addirittura nello sterminio dei « Fratelli Di tanto e per molti aspetti deprecabile ritardo vi sarebbe però maggiormente da lamentarsi se si fosse certi che, ove nell’ultimo ventennio fosse stata più studiata da certa storiografia militante e predominante, la Massoneria non sarebbe rimasta sacrificata sugli altari di pregiudizi extrastoriografici e di deformazioni di metodo tali che ne avrebbero poi reso anche meno recuperabile l’identità. Tuttavia occorre fissare alcuni termini cardinali per l’auspicata futura navigazione di quanti vorranno occuparsi di storia della Massoneria nel nostro Paese. Qui ci limiteremo a mettere in guardia da alcuni scogli.

Una premessa fondamentale riguarda i termini di riferimento critici e metodologici cui potran guardare i ricercatori nostrali. L’arretratezza della massonologia in Italia non trarrà certo giovamento dall’eventuale selezione degli apporti sulla base della distinzione degli studiosi secondo la « regolarità » o meno della loro eventuale ascrizione all’Ordine, in Italia e all’estero. V’è altro cui badare: ed è la qualità dei lavori. Valga il caso della storiografia massonica francese. Colà I’IDERM (istituto di studi e ricerche massoniche) s’avvale di specialisti provenienti dal Grande Oriente come dalla Gran Loggia e di « profani » apprezzati per la qualità del metodo e dei risultati. È la scelta giusta, come provano i lavori di un Francois Collaveri (se ne veda l’eccellente saggio La Franc-Maçonaerie des Bonapartes, Paris, Payot, insignito d’un prestigioso premio accademico) e quelli personalmente realizzati o ispirati da André Combes: fra i cui ultimi ricorderemo almeno l’Histoire de la R. • . L. • . « Les Zélés Philanthropes » à l’Or. • . de Paris-Vaugirard ( 1834-1984) e La Franc-Maçonnerie en province sous la III”W République (Histoire de la Loge « La Concorde » à l’Orient de Bordeaux, 1884-1946) di Charles Porset, opere fondate su documentazione di prima mano e arricchite dalla riproduzione fototipica di copiose carte d’archivio, che fanno uscire la massonologia dalla minorità in cui altrove ristagna. Ma è appunto sull’istituzione di un centro studi obbediente alla disciplina storiografica anziché a poteri extrascientifici che imprese di tal fatta possono nascere e condurre a esiti confortanti. Basti constatare, a conferma, che I’IDERM ospita in talune stagioni riunioni pressoché settimanali di studiosi, con aggiornamento continuo degli interessati, scambi bibliografici, cooperazione nella promozione di convegni, fra i quali merita d’essere ricordato almeno quello su Massoneria e Lumi, tenuto a Parigi a fine aprile 1984 col concorso dei maggiori storici della rivoluzione

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francese, in vista della prevedibile fioritura di studi per l’imminente centenario (occasione preziosa per scindere definitivamente l’Ordine dall’immagine posticcia del « complotto rivoluzionario » , addebitatogli da Barruel e discepoli). Ma veniamo ai criteri essenziali dai quali potrebbero trarre maggior profitto gli studi di storia della Massoneria in Italia.

In primo luogo, anziché ridurre la Massoneria a un eccipiente generico della storia generale (politica, religiosa, culturale, artistica…), bisogna sforzarsi di ricostruire la sua specifica vicenda. ln altre parole, occorre giungere a una corretta storia della Massoneria per evitare che l’altra possibile ottica — la Massoneria nella storia: nella quale, cioè, la Libera Muratoria non compare quale soggetto, bensì come termine di una dialettica generale — assuma a terreno di riferimento una Massoneria niente affatto esistita, sostituendo la Libera Muratoria storicamente vissuta con l’immagne interessatamente deforme prospettatane da suoi antichi e nuovi detrattori e nemici.

Chiunque scorra, per esempio, una storia dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia s’imbatte inevitabilmente nel luogo comune ricorrente, secondo il quale dalla metà dell’Ottocento il governo italiano fu incalzato ad assumere attitudini conflittuali nei confronti del Vaticano sull’impulso d’un Grande Oriente d’Italia imbevuto di spiriti satanici o, quanto meno, impregnato di positivismo a sfondo ateistico, onde — come scrivono Philippe Levillain e François-Charles Uginet — « la Santa Sede e di conseguenza il Sommo Pontefice come sovrano che disponeva di Stati e principalmente di Roma furono posti in una situazione ossidionale prima ancora che l’Italia unificata fosse portala ad assumere di fronte alla Storia un comportamento liberale fino all’isterismo » t . Ora, non occorre essere

1 II Vaticano o le frontiere della grazia, Milano, Rizzoli, 1985, p. 12. I noti libelli antimassonici del Crétineau-JoIy (nei quali Norman Cohn ha individuato l’antecedente tematico e metodologico per la redazione degl’infami Protocolli dei Savi anziani di Sion: su cui v. anche J. A. Ferrer Benimeli, EI contubernio judéo-mas6nico-comunista, Madrid, Istmo, 1982), benché citati da Levillain e Uginet nel corso del testo, non sono poi menzionati nella peraltro assai sommaria bibliografia in appendice a un volume nel quale a

specialisti di storia per comprendere che l’unificazione italiana non fu una semplice subordinata della peraltro complessa equazione Massoneria-questione nazionale, mentre un approccio meno frettoloso alla storia della Massoneria italiana (ma non attraverso le chiacchiere demonizzanti di Crétineau-Joly e dei suoi emuli: Parascandolo, Taxil, Copin-Albancelli) costringe a prender atto che in nessun momento della sua secolare vicenda il Grande Oriente d’Itàlia s’identificò con una qualsivoglia militanza scristianizzante o antireligiosa.

In secondo luogo, non fa compiere alcun passo innanzi nella comprensione della specificità dell’Ordine ridurne la personalità — anche quella storica, non solo il suo patrimonio tradizionale —

computo dell’ascrizione sociologica dei suoi affiliati: criterio, codesto, che risulta sempre meno fecondo persino per far luce sulla storia dei partiti e che è comunque destinato a esiti quanto meno fuorvianti se applicato a un’ Istituzione che sarebbe sommamente approssimativo definire aristocratica solo perché nel Settecento alcune Logge erano prevalentemente composte di nobili, borghese perché in seguito sembraron dominarvi affati di quell’estrazione o poi ancora proletaria giacché non mancarono OŒcine formate (per esempio in Toscana, e persino a Milano) esclusivamente da tagliapietra, scalpellini, operai… Eppure, accade di veder giustapporre una Massoneria schierata in tetragona difesa d’interessi agrari a un’altra tutta animata da spiriti democratici e progressisti: e sì che tal balzo sarebbe stato compiuto, secondo siffatta meccanica riduzione dell’Ordine a taluni risvolti della storia politica (del resto tanto più complessa e articolata), nel volgere d’un paio d’anni e col solo mutamento di Gran Maestro al vertice dell’Istituzione [1]. È

p. 13 si legge « La questione romana nacque con l’ingresso delle truppe italiane a Roma, il 20 settembre 1870 » e a p. 64 « Bloccata a partire dal 1864 [ …l la questione temporale diveniva la Questione Romana » !

appena il caso di rilevare, all’opposto, che una corretta lettura della storia della Massoneria non può esser compiuta con la sovrapposizione della dialettica partitica, delle lotte per il potere politico e dei mutamenti dell’assetto economico-sociale alla trama della Massoneria, intessuta di principî e motivi di tanto più ampio respiro e in ogni momento più debitrice nei confronti delle Comunioni d’Oltralpe e della « Tradizione » che nei rispetti della peculiarità profana dei suoi affiliati.

ln terzo luogo, per non sospingere la storia della Massoneria nelle stesse secche sulle quali s’arenò in Italia la ricerca su partiti e sindacati (impoverita da storia di uomini e d’idee ad arcaica storia diplomatica, metodologicamente non diversa dall’antica storiografia curiale, cortigiana o dall’histoire-bataille) occorre ampliare i termini della ricerca, facendole superare gli steccati fissati da una rigida identificazione della Massoneria con la somma dei suoi affiati in un certo anno. È certo importante ricostruire « piedilista », disegnare un attendibile atlante delle OŒcine via via sorte, demolite, riedificate nella penisola nel corso dei secoli. Ed è altresì di grande rilievo giungere ad accertare quale fosse, di volta in volta, la concezione che della Massoneria avevano, regione per regione, epoca per epoca, i suoi affiliati. Allo scopo — ripetiamo — bisogna però partire da fonti più ampie di quelle offerte dalla polemistica antimassonica, così come oggi sarebbe davvero ingenuo proporsi di comprendere la Massoneria italiana degli Anni Settanta-Ottanta sfogliando le pagine di certi rotocalchi o quotidiani di partito professanti un antimassonismo tanto preconcetto quanto documentariamente calvo.

Ma bisogna avere il coraggio di ammettere che una seria analisi, a tal riguardo, sta solo ora albeggiando e potrà divenire aurora e luce meridiana solo se si moltiplicheranno i repertori di testi come quelli che siamo andati recentemente proponendo agli studiosi [2].

schiacciata da un regime speculare al partito a nome del quale il comunista sardo svolse quel suo unico intervento alla Camera dei Deputati.

È però ancor più importante compiere un ulteriore passo innanzi: interrogarsi sulle premesse maturate nella richiesta d’iniziazione e, alla stessa stregua, sul carisma indelebile lasciato dalla frequentazione dei Templi anche in quanti finirono per allontanarsene (persino per propugnarne la distruzione, talora) [3]. Da una meccanica identificazione tra la Massoneria e una sequenza di suoi iniziati occorre cioè risalire a ciò che l’Ordine è (per sua buona sorte, in taluni momenti) al di là della serie storica dei Liberi Muratori. Imboccare questa via significa anche restituire alla loro giusta dimensione i conflitti interobbedienziali, ricomporre il groviglio di scissioni, fusioni, nuove lacerazioni, ulteriori accorpamenti (travaglio secolare, vissuto dall’Ordine in ciascuno dei Paesi nei quali ebbe vita) e passare dallo studio di un apparato (Fratelli, « dirigenti » , alti dignitari, ufici centrali — e loro funzionari —

quello d’un’lstituzione Tradizionale, la cui peculiarità sta altrove. Con buona pace di quanti ritengano che la Massoneria possa risultare dall’addizione delle biografie degli afiliati, v’è altro cammino da compiere: porsi sulla traccia di chi, iniziato in Loggia o sotto la volta del Cielo, intese e distillò gl’ideali liberomuratori nelle lettere, nelle arti, nella vita sociale.

Dalla storia della Massoneria occorre insomma trascorrere a quella del Massonismo: terreno sul quale v’è da attendersi la convergenza degli studiosi, quali ne siano le personali propensioni ideologiche, le esperienze di partecipazione alla vita istituzionale e l’intendimento esoterico. Quest’ultimo criterio non conduce affatto a diluire la storia positiva dell’Ordine nelle nebbie di un indistinto iniziatismo vocazionale; muove bensì dalla convinzione che sia oggi più urgente comprendere perché il massonismo abbia ispirato tanta parte della cultura degli ultimi due secoli e mezzo anche al di là dei Templi. Accertare le radici propriamente liberomuratorie dell’ispirazione beethoveniana, d’un Tolstoj o d’un Victor Hugo (la cui iniziazione protocollare è dubbia o addirittura mai storicamente avvenuta) ci sembra molto più importante che gingillarsi con quelle statistiche sulla composizione sociologica delle Logge che ha già fatto fallimento quale criterio esplicativo della vicenda d’altre organizzazioni (partiti, sindacati…) pur più immediatamente esposte alla risonanza della qualità dei loro membri.

A ultimo — ma è la difcoltà maggiore — bisogna riscattare la massonografia dalla persistente sua svalutazione nella storiografia come nelle altre discipline affni, ed elevarla ai livelli raggiunti dalla cultura tradizionale nella Francia di Corbin e Dumézil: operazione, codesta, tanto più ardua perché destinata a cozzare col cumulo di pregiudizi non solo avversi a una corretta storiografia della Massoneria ma, più sbrigativamente (e radicatamente), antimassonici e alberganti anche in àmbiti intellettuali apparentemente aperti, tolIeranti, disponibili, ma drasticamente settari quando si venga a parlare di storia dell ‘Ordine, settarismo, infine, malamente mascherato col solito stolido addebito alla Libera Muratoria d’essere una « società segreta » : « satanica nell’origine, nello sviluppo, nello scopo; figlia primogenita di Satana e futura madre dell’Anticristo », comc asseriva il conte Desbassyns de Richemont nel 1861, o, in termini non meno drammatici, filo rosso (o nero) di tutte le cospirazioni, rivoluzioni e reazioni, in un avvitamento convulsivo inarrestabile, come vien ripetendo l’ultimo emulo del massonofobo Florido Giantulli SJ, Gianni Vannoni, in Le società segrete dal Seicento al Novecento (Firenze, Sansoni, 1985),

Il cammino verso la verità della storia massonica è dunque ancora lungo; e sarà anche impervio.


[1] È la tesi serpeggiante in F. CORDOVA, Massoneria e politica in Italia, 18921908, Bari, Laterza, 1985, saggio concluso con la definizione gramsciana della Massoneria quale partito della borghesia: giudizio che nel maggio di sessant’anni or sono fece da sudario funebre per la Massoneria, proprio allora

[2] Ci sia consentito rinviare al nostro Adriano Lemmi, Gran Maestro della nuova Italia, pref. di Armando Corona, Roma, Erasmo, 1985.

[3] Si vedano, per es., le penetranti pagine di LUCIANO CANFORA, La Sentenza, Palermo, Sellerio, 1985, a proposito dell’esoterismo della formula impiegata da Concetto Marchesi per decretare la « morte » di un grande intellettuale trascorso, con ogni evidenza, …in partibus infidelium: Giovanni Gentile.

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