LA VERITA E’ LA VERITA’ E? LA VERITA’ E’ …



  • Confucio: IA Religione della Tradizione

La Verità è, è?, è. . .

LA VERITÀ

è.

« Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées,

Des montagnes, des bois, des nuages, des mers,

Par delà le soleil, par delà les éthers,

Par delà les confins des sphères étoilées,

Mon esprit, tu te meus avec agilité,

Et, comme un bon nageur qui se pâme dans l’onde, “Tu sillones gaîment l’immensité profonde Avec une indicible et mâle volupté.

Envoie-toi bien loin de ces miasmes morbides,

Va te purifier dans l’air supâeur,

Et bois, comme une pure et divine liqueur, Le feu clair qui remplit les espaces limpides».

Sopra gli stagni, sopra i monti e le vallate sopra le foreste, le nuvale, gli oceani, al di là del sole, oltre gli spazi eterei, al di là dei confini delle sfere stellate, spirito, tu ti muovi con agilità, e, come un buon nuotatore nell’estasi dell’onda, solchi festosamente l’immensità profonda, Con un’indicibile e maschia voluttà. Fuggi lontano da questi morbosi miasmi, vola a purificarti nell’aria superiore, e bevi, come un puro e celestiale liquore, il chiaro fuoco che colma i limpidi spazi.

(Charles Baudelaire, da «I fiori del male»)

Ringrazio il nostro M.V. per avermi affidato il compito di preparare una Tavola su un argomento così impegnativo che in un certo modo può persino apparire ambiguo, nella formulazione, nelle possibili interpretazioni e, direi, nei risvolti applicativi che una riflessione sul tema può offrire.

La verità è.

La verità è?

La verità è…

Prendendo in considerazione le punteggiature utilizzate nelle diverse forme si colgono possibili differenze nei significati.

La verità è.

Questa locuzione appare «chiusa»: determinata nel suo valore semantico; assume il senso di un’affermazione di constatazione di un concetto chiaro, inequivocabile, perentorio. Nella sua apparenza testuale e fonetica, è una frase esauriente anche nelle risposte, seppure queste ultime non siano affatto espresse.

La verità è?

Con il punto interrogativo, ovviamente, la frase assume il senso di una formale richiesta di risposta. Ad un’impostazione sotto forma di domanda si presume sia lasciato il campo aperto circa le modalità di fornire risposte. Ciò significa che l’interrogato può limitarsi ad esprimere il suo pensiero sul tema; può documentarsi e ragguagliare sulla storia del pensiero umano nei confronti del concetto di verità; può — nel nostro caso specifico — esaurire la trattazione riferendosi esclusivamente al pensiero ed all’ordinamento massonico.

La verità è…

La punteggiatura cosiddetta di sospensione fa assumere al testo un carattere indefinito, offre la consapevolezza del vasto orizzonte che si ha di fronte e la disponibilità a misurarsi con le innumerevoli sfumature che emergono già solo prendendo in considerazione il sostantivo verità.

Quando mi sono posto questi problemi per poter meglio indirizzare sia gli studi sia il componimento richiestomi, mi sono accorto che l’ artificio letterario rende dubbioso il «taglio» dell’argomento e che, proprio per questo, esso rappresenta, forse meglio di qualsiasi altra figura retorica o simbolica, la complessità e l’ambiguità del tema, dimostrate peraltro dal vastissimo repertorio di studi, approfondimenti, significati che sia la filosofia che la scienza e le arti hanno profuso nei secoli intorno al concetto di «verità».

Non ho mai domandato al M.V. a quale delle tre situazioni avesse pensato, oppure se alludeva addirittura ad una quarta locuzione, semmai con il punto esclamativo.

Di questa mancanza di precisazioni intendo ringraziarlo; anche perché proprio questa preliminare analisi linguistica mi ha permesso di entrare nel tema, così:

— è consuetudine associare al termine verità l’idea che si tratti di un’unica, indiscutibile ed insostituibile accezione, in contrapposizione energica ed assoluta al concetto di falsità;  è abituale ricercare il significato di verità tra le pieghe di una dottrina religiosa, ben sapendo che — soprattutto nel caso della religione cattolica — il concetto si fonda sul principio del dogma; ad entrambi i casi si può assimilare la prima locuzione.

*
  • Per molti il significato di verità non può essere espresso se non è rimandato a codici o norme di riferimento, ossia a quei criteri che ne determinano il senso ed il giudizio di valore;

— per taluni, invece, il sostantivo va inteso esclusivamente in forma utilitaristica e materiale: è vero ciò che è utile e che seme a qualcosa.

La varietà di situazioni sin qui descritte — che ho verificato essere solo una minima parte di quelle espresse nei secoli dal pensiero umano — trova riscontro nella seconda locuzione, proprio per la molteplicità delle risposte possibili.

— La verità ha a che fare con l’idea?

*
  • E antitetica alla falsità, o all’errore, analogamente a quanto il bene risulta essere contrapposto al male? Del giusto in antitesi all’ingiusto?

Dal senso interrogativo della seconda frase si evince un campo sterminato di possibili confutazioni sul tema.

Viene giustificata, dunque, anche l’ammissibilità della locuzione di sospensione.

Di verità si è trattato ampiamente in filosofia, in teologia ed in antropologia; meno, ma pur sempre abbastanza per quanto in altra maniera, nei vari settori della scienza; in parte ed in modo meno diretto nelle varie Arti, soprattutto dai punti di vista metaforico, simbolico ed allegorico.

La concezione più antica della verità si richiama al principio della corrispondenza fra pensiero e oggetto, tra il reale e la sua rappresentazione.

Aristotele nel libro Metafisica dice testualmente che la verità consiste «nell’ affermare quello che è e negare quello che non è».

Alla teoria della corrispondenza, si aggiunge successivamente il concetto del criterio di verità, ossia dell’individuazione di un’esperienza privilegiata, da assumere come canone del vero e del falso. (Lo stoicismo, rv sec. a. C. e l’epicureismo, 11 sec. a. C.).

Il criterio è assimilabile al concetto di norma, anche se tutti gli studiosi invitano a ben distinguere tra verità e nonna, nel senso che la prima è un’asserzione e, come tale, può essere vera o falsa in relazione a ciò cui si riferisce, mentre la seconda introduce il significato della obbligatorietà, ossia del vincolo predetemzinato di una verità indicata convenzionalmente.

San Tommaso d’Aquino (1225-1274) fa propria la nozione primaria della corrispondenza: afferma che la verità è l’adeguazione dell’intelletto e della cosa e ribadisce le interpretazioni religiose.

Il filone religioso del pensiero filosofico e teologico sottolinea il carattere quasi esclusivo della verità quale rivelazione.

L’uomo è tempio di Dio, ossia luogo in cui abita lo spirito e pertanto è portatore di verità rivelata, proprio mediante Io spirito divino (almeno stando alla patristica).

Secondo Husserl, filosofo tedesco seguace di Brentano (XIX sec.), la verità delle essenze si rivela nell’evidenza del presentarsi ad una men-

te già resa libera e ricettiva, secondo un’idea di intimità del singolo ricettore già cara a Sant’Agostino.

La verità viene anche indicata nella congruenza del pensiero con i suoi principi; Kant, per esempio, condivide la definizione originaria relativa alla corrispondenza della rappresentazione con la cosa, ma introduce anche il criterio della conformità del pensiero alle leggi necessa rie dell’intelletto.

Dunque anche verità quale coerenza: tutte le idee sono in rapporto di connessione e questo ordine si identifica con quello delle cose (Spinoza).

Anche nel pensiero di Hegel la verità è interna all’idea ed al suo movimento.

Popper sistematizza il ragionamento tra il concetto di verità come sinonimo di corrispondenza coi fatti ed il successivo procedimento nel definire l’idea di corrispondenza coi fatti.

Si possono pertanto considerare la verità e/o la falsità come proprietà non tanto della singola proposizione, quanto del suo senso; una proposizione è vera quando il suo senso è vero, cioè se questa e tutte le proposizioni di senso equivalente concordano coi fatti.

Si arriva così all’idea di verosimiglianza o a quella di conseguenza logica (Popper), che porta a combinare le idee di contenuto in modo da formulare l’idea di grado, di migliore o peggiore corrispondenza con la verità o di maggiore o minore somiglianza o similarità con la verità. Tutte le teorie soggettivistiche della veûtà tentano di definirla in termini di fonti o di origini delle nostre credenze; le teorie oggettivistiche, invece, presuppongono la rinuncia esplicita a ogni presunto criterio di verità.

Nel Rinascimento era ricorrente l’aforisma «la verità è figlia del tempo», in quanto «organismo che si costituisce attraverso fasi di sviluppo necessarie», quindi ammettendo l’ipotesi del mutamento del concetto nel tempo ed in relazione ai caratteri epocali del pensiero

umano.

Heidegger (filosofo tedesco contemporaneo) ritrova l’etimologia dal greco, richiamando il concetto di verità secondo cui l’uomo•ha sempre vissuto l’esperienza autentica della verità come disvelamento, ossia progressivo atto di scoperta del proprio significato.

Il cosiddetto pensiero pragmatico (pragmatismo in Europa tra il XIX ed il xx secolo) impernia tutta la sua teoria sulla riduzione del concetto di verità all’utilità: «un’idea è vera se serve praticamente».

La scienza, in un primo approccio al tema, assume il seguente ragionamento empirico: la verità è la conformità degli enunciati con la realtà e si può giudicare cos’è la realtà in base ai dati empirici. Affinché un enunciato possa essere verificato (o falsificato), esso deve essere verificabile (o falsificabile).

Nell’ applicazione scientifica al concetto verità si preferisce quello di verificabilità. Secondo la confutazione empirica, la possibilità di verificare in modo definitivo e conclusivo un’asserzione dipende solo dalla possibilità che si tratti di asserti base indiscutibili.

E ciò non avviene nel processo della scienza, proprio per il fatto che essa è di per sé fondata su una logica paradigmatica. L’evoluzione della conoscenza deve essere considerata come un processo di transizione da una teoria all’altra; processo determinato da programmi di ricerca finalizzati, appunto, alla sostituzione di paradigmi (o modelli). Thomas Kuhn, emerito filosofo della scienza contemporaneo, ha spiegato molto bene come si articola la complessità della rivoluzione scientifica paradigmatica, che ha sostituito precedenti teorie sulla scoperta scientifica erroneamente assunte come verità (per quanto momentanea) della scienza. «Se noi compositori volessimo seguire sempre fedelmente le nostre regole (che un tempo, quando non si sapeva ancora nulla di meglio, erano buonissime), scriveremmo musica di nessun valore».

Mozart La ricerca è fondamento, giustificazione, ambizione e legittimazione non solo nelle varie branche della scienza, ma anche nelle discipline umanistiche e nelle Arti, dove i linguaggi si succedono arricchendosi via via, seppure a volte eludendosi vicendevolmente.

L’espressione e la creatività umana hanno saputo corredare il risultato della propria invenzione spesso attraverso artifici tipici della propria manifestazione fisica, ossia la rappresentazione (o forma): la retorica, la metafora, l’allegoria, il simbolo, l’aneddoto, la geometria, la composizione e quant’altro.

Il teatro (la commedia sin dalle sue prime esperienze delle civiltà classiche) non vive nella luce della verità. Esso deve vivere di ombre, maschere, travestimenti, menzogne, trappole, finte, falsi sentimenti.

Paradossalmente alla ricerca di sentimenti ven.

L’uomo recita sempre, anche quando le passioni lo assalgono per metterlo allo scoperto.

«II y a des peuples qui sont comme des flambeaux; ils sont faits pour éclairer le monde. En géüéral, ce ne sont pas de grands peuples par le nombre; il le sont parce qu ‘ils portent en eux la vérité et l’avenir».

«Ci sono popoli che sono come le fiaccole sono fatti per illuminare il mondo. In generale non sono grandi popoli per il numero; lo sono perché portano ln sé la verità e l’avvenire».

(Emile Chanoux)

L arte della retorica da sempre si fonda su una precettistica che si poggia sul seguente principio: il sembrare vero conta più dell’essere vero. Donde la ricerca sistematica delle prove e lo studio delle tecniche atte a dimostrare la verosimiglianza di una tesi.

Oppure, come sottolineavano i sofisti, la dottrina dell’antitesi è idea forza di un’argomentazione, dimostrando come un argomento può essere trattato da punti di vista opposti.

Sull’ Importanza dell’apparenza si è svi_luppata in questo secolo la teoria dell’informazione e della comunicazione di massa; essa, più che riprodurre il reale, propone forme di surrogato del reale.

Il mezzo di comunicazione, divenuto onnipotente, si sostituisce al messaggio, che già costituiva un’interpretazione dell’evento, una forma di rappresentazione del reale.

La corrispondenza tra il reale e la sua rappresentazione, che in origine era alla base della spiegazione del concetto di verità, è praticamente saltata, in balia della possibile falsificazione della natura delle cose. Per esempio, come sostiene Roland Barthes a proposito della fotografia, essa è «certificato di presenza» — nel senso che il soggetto è effettivamente esistito in un determinato luogo nell’istante in cui è stato immortalato con processo fisico sulla celluloide intrisa di gelatina — ed è contemporaneamente «immobilizzazione del tempo», consapevole, quindi, che essa stessa non può garantire la corrispondenza alla realtà essendone soltanto somiglianza.

La fotografia è, in sostanza, una nuova forma di allucinazione: falsa a livello della percezione, vera a livello del fattore tempo.

(tratto da La camera chiara, nota sulla fotografia)

L’umanità — verrebbe spontaneo commentare — ama rendersi la vita difficile: sembra strano, ma intorno alla difesa di proprie verità si sono scatenati conflitti di interessi, guerre, dispute ideologiche, scontri verbali ed anatemi.

Forse aveva ragione Seneca (L ‘arte del vivere), quando ammoniva che bisogna cercare la verità, ma senza cavillose sottigliezze. «… qualunque sia il valore dei miei libri, leggili con la persuasione che in essi io cerco ancora la verità; non l’ho trovata, ma la cerco ostinatamente». «… Ciò che è bene è per ciò stesso necessario, ma ciò che è necessario non è sempre un bene, poiché vi sono cose necessarie che non hanno alcun valore».

La ricerca ostinata della verità è al centro del pensiero massonico; essa viene trasmessa anche mediante la figura allegorica del viaggio, che viene intrapreso dall’iniziato messo sulla via di San Giovanni (simbolo iconico del rinnovamento), non più da solo (semplice uditore nella scuola essoterica), bensì insieme ai fratelli (incluso nella scuola esoterica).

La forma dell’allegoria del viaggio che maggiormente si presta a simboleggiare lo spirito massonico della ricerca ostinata nel perpetuo ed avido processo della conoscenza (la luce), è il labirinto.

Se si accetta la definizione che il labirinto rappresenta l’essenza dei sistemi reticolari acentrati nei quali ogni decisione viene presa localmente (Pierre Rosenstiehl, nella voce «Labirinto», Enciclopedia Einaudi), ogni corridoio od incrocio può essere interpretato come una delle possibili deviazioni, che a loro volta diventano nuovo punto di partenza. Cambiando, volta per volta le variabili spazio e tempo (entità materiali) il tragitto genererà nuove situazioni e rifletterà porzioni di sto- rie sempre originali, ancor più se combinate con una terza variabile, quella del sogno e della immaginazione (entità spirituali).

Per noi viaggiatori instancabili la suggestione del labirinto serve come richiamo all’esplorazione, consapevolezza del viaggio infinito se volta per volta ad elementi dati si applicano diverse chiavi di lettura della realtà, perché, come sostiene Cornelius Castoriadis:

pensare è entrare nel labirinto.

In conclusione, riporto alcuni passi di una Tavola pubblicata proprio sul tema del Labirinto, dai quali emerge una concezione condivisibile di verità.

Il labirinto della cattedrale di Chartres è lo strumento, il mezzo attraverso il quale cercherò di raggiungere la mia verità, simbolicamente rappresentata da un «hortus conclusus» in cui si trovano l’albero della vita, l’albero della sapienza circondati da un muro.

L’avvicinamento al centro è lungo e sconcertante: è LABOR INTUS.

E il percorso dell’animo umano entro una valle di sofferenze, verso la ricerca della verità.

Nel Vangelo gnostico di Filippo si legge:

«la Verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli ed immagini.

Non la si può afferrare in altro modo».

(da M. Utari, Il Labirinto, in Delta n. 35, 1993)

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