IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Il giuramento di Ippocrate di R. N.

Il giuramento del medico tramandato dalla scuola ippocratica si delineò nell’antichità greca come patto d’iniziazione sacrale e di fedeltà collegiale. La formula sopravvisse nel medioevo e nell’età moderna, ed è ancora considerata con rispetto, benché nei suoi termini letterali possa essere considerata non del tutto adeguata ai giorni nostri, in particolare per gli sviluppi legati alla trasformazione scientifica della medicina.

Il giuramento di Ippocrate è una dichiarazione solenne di appartenenza ad un gruppo di medici legati da un impegno di fedeltà reciproca e di comportamento esemplare, che si istituì come scuola tra i secoli v e IV a. C. I testi che si posseggono del giuramento sono trascrizioni medioevali che hanno certamente subito manipolazioni rispetto all’originale, che peraltro non è noto. Il testo che riporterò è comunemente accettato come il più antico, ma cercherò di mettere in rilievo le parti verosimilmente più tardive, anche se in questa sede non interessa tanto l’autenticità, quanto il valore etico del testo, come riferimento al contegno da tenere verso pazienti, colleghi, maestri e discepoli. Quindi, un codice deontologico che potrebbe essere proprio anche di altre arti liberali, oltre che della medicina, ma, nello stesso tempo, un giuramento iniziatico che ha spunti in comune con il giuramento dell’iniziazione massonica, anch’esso patto di iniziazione sacrale e di fedeltà collegiale, oltre che impegno morale.

In questa tavola vorrei sottolineare i punti di contatto, ma anche le differenze, tra i due giuramenti, tenendo anche conto degli oltre duemila anni di distanza che li separano; e vorrei anche discutere se, alle soglie del duemila, le indicazioni etiche del giuramento ippocratico siano ancora attuali, come lo sono quelle del giuramento massonico. Ed ecco il testo integrale del giuramento, diviso in otto parti o commi:

1. Giuro per Apollo medico, per Asclepio, Igea Panacea e per tutti  gli dei e le dee, chiamandoli a testimoni, di tener fede secondo le mie wze e il mio giudizio a questo giuramento e a questo impegno scritto:

di considerare colui che mi ha insegnato quest’arte come pari a mio genitore, di avere con lui comunanza di vita e, se avrà bisogno, difargli parte del mio; di considerare i suoi figli come miet fratelli e d’insegnare loro quest’arte se ne avranno desiderio, senza compenso né impegno scritto; di trasmettere i precetti e le parole e tutti gli altri insegnamenti ai figli miei e di colui che mi ha istmito e agli allievi che hanno sottoscritto l’impegno e hanno giurato secondo l’uso medico, ma a nessun altro. In questo passo l’aspirante ad essere iniziato alla medicina ippocratica vincola il proprio contegno con impegno scritto, invocando come testimoni gli Dei, impegnandosi ad una solidarietà con maestri e colleghi, e a non rivelare gli insegnamenti ricevuti se non a chi dovrà essere accolto come aspirante allievo. Nel giuramento massonico il profano che aspira a diventare apprendista si impegna per iscritto alla solidarietà con i fratelli ed al segreto, «alla presenza del Grande Architetto dell’Universo». Qui le analogie tra i due giuramenti raggiungono il massimo grado: l’impegno scritto, la solidarietà, il segreto, l’invocazione ad un essere trascendente, preludono ad una scelta vincolante, per cui non pare eccessiva l’enfasi usata in entrambi.

  • Mi servirÒ del regime per giovare agli infemzi secondo le Wie forze ed il mio giudizio e mi asterrò da danno ed ingiustizia.
  • Non darò a nessuno un farmaco mortale, neppure se richiesto, né lo proporrò come consiglio; similmente non darò a ana donna un pessario abortivo.
  • Sacra e pura consewerò la mia vita e la mia arte.
  • Non inciderò alcuno che abbia il male della pietra, ma lascerò il posto a uomini che esercitano questa pratica.

In questi commi, che sono stati probabilmente modificati in epoca medioevale, non compaiono solo problemi di ordine tecnico, ma traspare anche un forte impegno morale, e, a mio parere, un invito indiretto al rispetto delle leggi. Nel giuramento massonico tale invito è assai più esplicito: Onesto, solerte e benemerito cittadino, ossequiente alle leg,gi dello Stato».

  • In qualsiasi casa andrò, entrerò per soccorrere gli infemi, astenendomi da qualunque ingiustizia volontaria e da ogni danno, come da atti sessuali sa corpi di donne e di uomini, liberi o schiavi.

Anche in questo passo è evidente la somiglianza con «Prometto e giuro di non attentare all’onore delle famiglie dei miei fratelli.:. », ma il giuramento di Ippocrate ha qui una valenza morale più ampia, perché l’impegno di non arrecare danno o ingiustizia anche con atti sessuali abbraccia non solo i confratelli, ma tutti coloro che al medico si rivolgono per aiuto.

  • Quanto vedrò e udirò nel curare e anche al di fuori del curare Nguardo alla vita di uomini, che non sta opportuno mai divulgare, tacerò tenendolo alla stregua di segreto.

L’obbligo del segreto è considerato dal punto di vista del danno che può derivare dalla sua violazione, sia per il medico che per il paziente. I medici ippocratici, riuniti in un’associazione esclusiva vincolata dal giuramento e dal segreto, proteggevano non tanto le capacità tecniche della professione, quanto le formule e le regole di vita sacrale alle quali si affidavano sia la tutela del raggruppamento, sia la capacità di acquisire conoscenze utili alla professione (Ippocrate, negli Aforismi, scrisse: «Le cose sacte sono nvelate solo a uomzni sacti»). In questo senso l’impegno al segreto è analogo a quello del giuramento massonico. D’altra parte, nel giuramento di Ippocrate il segreto è dovuto anche per ciò che riguarda il paziente, e ciò è senz’altro valido anche oggi, ed anche in codici deontologici non medici. Ma mentre il segreto sacrale è sicuramente proprio del testo originale (il primo comma è probabilmente quello che ha subito meno manipolazioni), la norma sul segreto professionale (settimo comma) potrebbe essere stata rimaneggiata in epoca medioevale, di fronte a nuove esigenze etiche a cui nell’antichità classica veniva dato minor peso.

  • A me dunque se adempirò a questo giuramento e non lo violerò sia dato di cogliere ilfrutto della vita e dell’arte, onorato da tutti gli uomini per sempre nel tempo; se salò traditore e spergiuro, sia per me il contrario. Più che ogni altra riflessione, una si impone a commento di questa conclusione: la sanzione contro l’inadempienza non è affidata alla legge, né al castigo degli Dei, e neppure a dichiarati valori morali, ma semplicemente a motivi di prestigio, alla soddisfazione di aver bene operato, alla riconoscenza del prossimo, che il medico si è faticosamente :onquistato e meritato, con la professionalità e la perfezione dell’ar-

te. Nel giuramento massonico la sanzione contro l’inadempienza è invece da Grand Guignol: « Sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio çorpo cadavere in pezzi, indi buciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria ed infamia eterna… ». Mancando tuttavia la precisazione di chi dovrebbe in pratica effettuare la punizione, tutto è lasciato alla sfera emotiva. A me pare che la minaccia del giuramento di Ippocrate, di essere cioè considerato un fallito a cui nessuno dà credito, benché apparentemente più misurata di quella del giuramento massonico, sia molto più terribile, perché tragicamente reale, nel senso che tutti noi, medici e non medici, l’abbiamo talora vista verificarsi. Da un punto di vista massone, ma anche più in generale da un punto di vista di uomini moderni e liberi, non possiamo non accorgerci che nel giuramento di Ippocrate manca un concetto che per noi è di fondamentale importanza, ed è dove il massone dice « Prometto e giuro di consacrare tutta la mia esistenza al bene ed al progresso… di tutta l’Umanità». L’impegno ippocratico giunge al punto di aiutare tutti i sofferenti, e di non arrecare danno o ingiustizia, ma non pretende di lavorare per il progresso dell’Umanità. Ciò perché il concetto di Umanità era ancora remoto ai tempi della cultura greca e romana precristiana, ed in parte anche nel periodo medioevale. E solo durante l’ Illuminismo che compare, negli spiriti più evoluti, l’esigenza di favorire il progresso dell’Umanità, ed è questo in effetti lo scopo principale della Massoneria che, come forza morale, prende inizio in questo periodo.

Giuramenti medici più moderni accolgono questa istanza. Ad esempio la Dichiarazione di Ginevra del 1948 recita (World Medical Association Bulletin 1:15, 1949):

« Nel momento di essere ammesso come membro della professione medica, mi impegno solennemente di consacrare la mia vita al servizio dell’umanità conferirò ai miei insegnanti il rispetto e la gratitudine che sono loro dovuti praticherò la professione con coscienza e dignità

la salute del mio paziente sarà la mia prima preoccupazione rispetterò i segreti che mi sono confidati manterrò con tutti i mezzi in mio potere l’onore e le nobili tradizioni della professione medica i miei colleghi saranno miei fratelli non permetterò che considerazioni di religione, nazionalità, razza, partiti politici o posizione sociale s’ interpongano tra il mio dovere e il mio paziente manterrò il massimo rispetto per la vita umana dal tempo del concepimento anche sotto minaccia, non userò la mia scienza medica contrariamente alle leggi dell’Umanità faccio queste promesse solennemente, liberamente e sul mio onore». Come si vede, salvo il primo comma che sancisce i doveri del medico verso l’ Umanità, ed il giuramento sul proprio onore anziché su un essere trascendente, non vi sono grosse differenze rispetto al giuramento di Ippocrate. Ci si sarebbe potuto aspettare, da un giuramento così recente, forse un po’ di retorica in meno ed un po’ d’attenzione per i problemi sociali in più. Credo quindi che il giuramento di Ippocrate, pur con i suoi limiti storici, sia tuttora valido anche in mancanza di una dichiarazione specifica verso l’Umanità. Chi lo applica integralmente, aiutando il prossimo ed astenendosi da ingiustizie, in pratica lavora «al bene ed al progresso della patria, al bene ed al progresso di tutta l’ Umanità».

D’altra parte, i problemi che oggi si pongono a chi si occupa di etica medica non potevano certo essere previsti venticinque secoli fa. Cito alla rinfusa: i genocidi ed il rischio di scomparsa della specie umana nelle contese fra grandi potenze; la sperimentazione sull’uomo, consenziente e non; le manipolazioni genetiche e le pianificazioni della discendenza; gli interventi lesivi della vita psichica; il riduzionismo tecnologico della medicina; le superspecializzazioni ed il distacco dall’assistenza di base; l’assistenza sanitaria sociale uguale per tutti; la priorità nella scelta delle prestazioni; le inchieste sulla salute del singolo per interessi di comunità, con violazione del segreto; il preponderante peso della politica nella gestione e nell’utilizzo della medicieccetera.

Non possiamo pretendere di trovare nel giuramento di Ippocrate una risposta specifica a tutte queste domande, ma possiamo trovarvi indicazioni etiche generali «buone per tutte le stagioni», anche se nel singolo caso vi possono essere, ed è bene che vi siano, discussioni e divergenze di opinioni.

Ed infine, anziché concludere io stesso, che mi riconosco del tutto impreparato di fronte a problemi di tale portata, vorrei riportare le conclusioni del libro «Il giuramento di Ippocrate. I doveri del medico nella storia», scritto dal mio Maestro, Giacomo Mottura … un patologo che, vissuto in margine della professione medica e trovatosi ad assistere a innumerevoli vicende istruttive, ne ha preso nota, pur non trovandosi sempre nel caso, per incompleta competenza e oggi infine per l’età troppo avanzata, di impegnarsi nell’arte del solubile.

Il giuramento di Ippocrate in verità è un cimelio bello e nobile, come una vecchia bandiera. Fregiatsene può fare piacere o anche essere utile, secondo le intenzioni. Buoni motivi lo hanno tatto sopravvivere e ho cercato di mettere in evidenza qualcuno di essi. E proprio delle dichiarazioni etiche possedere un fondo che non ha tempo. Qualche componente della formula può appassire e può cadere, ma la fomzula tende ad essere mantenuta con la sua patina preziosa, fin quando forse di prezioso non sussista che la patina. Non dico che il caso sia giunto a questi estremi: il vessillo è divenuto simbolo di una tradizione alla quale torna grato conservarsi fedeli e che può spingere al meglio, come anche può indurre a “fare quadrato ” in difesa del meno buono.

. . La risposta pare avvicinarsi quando, invece che al “perché”, si pensa al “per chi che è il prossimo, qualche volta anche dimenticando se l’azione può riuscire, se è atilitariamente conveniente, preferendo il gratuito, non rifuggendo da ciò che pare impraticabile.

Nell’atto di tacere, ricordo i molti uomini e donne, medici e infermieri, che mi è stato dato di conoscere nei loro atti di dedizione fraterna».

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