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A quale altro essere del Creato è stato dato di opporsi alla volontà di Dio? Tutti gli altri obbediscono alle leggi di natura, stabilite dal Creatore: soltanto l’uomo ha questa particolare concessione, che non tocca, ad esempio, alle scimmie.
A parte il fatto che la teoria evoluzionistica prevede la scomparsa delle razze inferiori (e le scimmie ancora sussistono nella varietà dei tipi e delle famiglie), tale privilegio accordato solo all’uomo lo differenzia immediatamente da tutto il creato e lo afferma direttamente creato da Dio. Non può darsi difatti che, ad un dato momento della vita dell’universo, il Creatore abbia conferito particolari facoltà ad un animale derivato dal pesce attraverso gli artropodi più che ad un altro animale; e ubbie e sogni di fantascienza sono le teorie di coloro che hanno reputato il rene strumento capace di compiere una simile trasformazione, dando così non solo una forma fisica diversa (e ciò sarebbe possibile), ma addirittura una « ragione » a chi prima non la possedeva.
E giusto, è bene che si indaghino tutte le vie possibili per cercare la verità: in questo caso si torna pero sempre a ribadire, a riconfermare la verità data. La scienza, così, finisce con l’approvare la fede anche se, tomisticamente, ognuna di esse procede nel campo proprio. Iddio ha formato nell’uomo, « l ‘unico » essere uomo, per i Suoi imperscrutabili disegni: si voglia o non si voglia accettare, non si hanno a tutt’oggi motivi validi per negare o porre in dubbio tale verità di fede.
Possiamo pensare che le prime due creature uscite dalle mani d’Iddio, fossero perfette in quanto cesellate dal più grande artista dell’universo; possiamo pensare che, con il peccato e la conseguente caduta, anche il corpo dei nostri primogenitori si avvilisse. Perdendo la grazia, essi perdevano anche la bellezza, scemando in armonia di membra e acquistando, per il loro compito, in forza fisica: e pertanto ci raffiguriamo Adamo e la sua donna diventati semi animaleschi, con muscoli vigorosi e petti enormi, e viso prognato, atti cosi a sopravvivere in una atmosfera apocalittica, di miasmi, di bestie feroci, di malattie, di climi che per noi, ora, sarebbero letali. Le convulsioni della terra precedettero le convulsioni dell’uomo, che lo corazzarono contro le avversità e gli permisero di guadagnarsi il pane col sudore della fronte: ma l’uomo conserva, nella grossa massa cranica, arruffata di lunghi capelli, due occhi intelligenti che scrutarono il suo campo di lavoro: il creato, e una ragione che gli permise di organizzare e di iniziare la lotta, onde e redimersi e vivere, contro le forze della natura, contro l’ambiente naturale ostile, per renderlo sempre più confortevole al suo soggiorno terreno. Tale lotta, iniziata decine di migliaia di anni fa, seguiterà sino alla fine del mondo, rendendo l’uomo sempre più civile, più umano, e la Terra sempre più ubbidiente al suo comando e pronta a soddisfare ai suoi bisogni.
Ecco la vera evoluzione dell’uomo, nella interazione fra
l’uomo e l’ambiente, per cui, migliorato dal primo il secondo, questo migliora
chi alberga e così il primo, come ben vide il Dewey. L’ambiente naturale è
ormai quadro di romantiche contemplazioni: è l’ambiente creato dalle opere
dell’uomo che infiora questo
mondo e che si offre a Dio come testimonianza dell’attività della Sua creatura. E Dio benedice l’opera dell’uomo, mezzo da Lui datoci per realizzare il bene e renderei degni della Sua visione: e l’uomo, da quando un riso di donna e Io sguardo stupefatte del padre, salutarono il primo vagito, dal mondo dei bestioni cacciatori accesi di fantasia (di vichiana memoria), passa al mondo dei pastori guidati dalla riflessione e anziché uccidere soltanto, alleva, e anziché imitare le fiere, le ammansisce e se ne serve. Ecco allora come sorgono l’arte e la poesia, forze creative per cui l’uomo «fa nascere » fantasticamente il mondo che gli abbisogna: quello che sfama la sua intelligenza, il mondo dello spirito. Cosi il cuore partecipa, nel tripudio e nel terrore, a questa trasformazione, e l’uomo si intenerisce e piange, si addolcisce e ama, e i costumi ferini si cangiano in costumi umani. La rudezza e grossezza di un tempo, cedono il posto a sentimenti delicati; l’uomo diventa un essere gentile. È questo il grande momento della storia umana, in cui il sole splende nelle spelonche. L’uomo gentile rende gentile la foresta, il fiore, la belva: le piante, coltivate da mani inoffensive e cortesi, lasciano cadere le spine oramai inutili e le sostituiscono con nuovi fiori; gli altissimi alberi, liberati dalla stretta delle liane e del bosco intricate, non hanno più bisogno di lanciare le loro vette al cielo per rapire al sole un raggio di luce e di calore e farlo scendere sino al tronco ammuffito e sepolto nelle tenebre della giungla; la belva trova cibo e difesa accanto all’uomo e allora ritira gli artigli, accorda le corna, posa la corazza e si adatta a servire il padrone, che le dà la vita Così sorridono i giardini, i prati, i campi, a Dio Padre. Benedetto il giorno ln cul una donna vide per la prima volta, il suo uomo offrirle due tremuli fiori nelle vigorose mani! Da quel giorno accanto alla caccia, all’allevamento, alla coltivazione, ebbe inizio la dolcezza e la riconoscenza negli affetti familiari, si che i lineamenti stessi dell’uomo si addolcirono e si rimbellirono. E Dio sempre sorrideva e benediva all’opera buona dell’uomo e cioè alla Sua opera