Il cosiddetto ‘segreto massonico’
L’espansione sorprendentemente rapida della Massoneria speculativa dall’Inghilterra al resto d’Europa nella prima metà del Settecento viene in parte spiegata in relazione al fascino esercitato dal segreto di cui si circondava: simboli misteriosi, parole di riconoscimento, riunioni a porte chiuse, sui cui ‘lavori’ i partecipanti erano tenuti a una riservatezza assoluta, cerimonie di iniziazione, riti di passaggio da un grado all’altro…
San Giovanni Battista, in un dipinto del pittore cinquecentesco A. Salaino. Il fatto che la Gran Loggia di Londra si sia costituita il giorno in cui si festeggia il Battista è stato utilizzato entro una certa linea di interpretazione della storia della Massoneria come una prova della sua stretta affinità con società esoteriche attive molto prima del 1700 e del suo accesso ai relativi segreti. Il Santo infatti godeva di particolare venerazione da parte dei Templari (in questa linea interpretativa sopravvissuti alla loro soppressione ufficiale) e dei Rosa+Croce.
L’imperativo della segretezza è senz’altro un’eredità corporativa, essendo diretto interesse degli operai specializzati evitare la divulgazione di procedimenti empirici, tecniche e abilità acquisite nel corso di un apprendistato che durava ben sette anni. Se con il passaggio dalla Massoneria operativa a quella speculativa tanta segretezza non avrebbe più avuto ragione di essere osservata, non si può d’altra parte negare che, assieme al tipico tradizionalismo anglosassone, giocò senz’altro la considerazione che il segreto massonico si stava rivelando un formidabile mezzo di reclutamento.
Chi si accostava alla Massoneria, d’altra parte, non era mosso solamente dalla semplice curiosità, di natura psicologica, che si prova sempre di fronte a una ‘porta chiusa’, ma anche dalla convinzione che effettivamente la Massoneria custodisse e proteggesse un patrimonio di conoscenze superiori, ereditato dalle scienze occulte e frutto della ricerca e dell’applicazione ininterrotte di spiriti eletti nel corso dei secoli. In particolare i contesti che avevano dato il maggior contributo alla costituzione di questo patrimonio si pensava non potessero essere che l’alchimia e la Cabala. Ma in tutto ciò era sotteso un equivoco che ancora oggi non è forse del tutto chiarito: la convinzione che il segreto massonico fosse un contenuto specifico, reso sì inaccessibile ai non adepti, ma calato nella comune dimensione del reale.
Ancora nei primi decenni del ‘900 O. Wirth, un pensatore massone originale legato al Grande Oriente di Francia di cui a tutt’oggi continuano ad essere proposti gli scritti (il testo di cui è riprodotta la copertina è stato stampato in Italia nel 1992), dava una lettura in chiave alchemica del simbolismo massonico. Posizioni come le sue, collegate alla stagione occultistica della Massoneria continentale, hanno involontariamente contribuito a mantenere vivi gli equivoci sulla vera natura del ‘segreto massonico’.
Il ‘segreto’ costituisce invece il carattere esoterico peculiare della Massoneria e si rapporta alla dimensione spirituale della ricerca del singolo, nonché all’alimento e agli stimoli che gliene vengono dal legame con i ‘fratelli’. Di più non si può dire, salvo citare in proposito quanto ha scritto K. Kerényi, uno dei più originali e prestigiosi mitologi del Novecento, oltre che Massone: «Non si deve credere che in una società primitiva i membri non sapessero di che cosa si trattasse nei riti segreti o nei Misteri. A tutto il mondo dell’antichità, alla comunità, allo Stato, questo era noto. Perché allora la segretezza? Ciò che vi è di comune, ciò che collega la prima società segreta a quella successiva, è il segreto in sé. Esiste qualcosa di simile, un segreto in sé, indipendente da un contenuto? La parola tedesca Geheimnis (‘segreto’) può offrirci un’indicazione in proposito, poiché contiene Heim (‘casa’ o ‘focolare’) e heimlich (‘segreto’ o ‘nascosto’): qualcosa che mi appartiene del tutto segretamente. ‘Segreto’ è dunque quella sfera dell’uomo che egli, finché è uomo, non può e non vuole abbandonare. È l’ineffabile».