PRIMA TAVOLA DEL M.V. SUL TEMA DEL VIAGGIO – Il viaggio circolare e il viaggio rettilineo
lavoro di A.R.;
«Impariamo a pensare come Leonardo: usare l’immaginazione, stravolgere le
regole»
David Perkins
«Siamo tutti cercatori d’oro, smarriti in un deserto dove le vie che
conducono al successo sono poche e sepolte nella sabbia, bloccate da
condizionamenti mentali che ci impediscono di cogliere un suggerimento anche
quando l’abbiamo sotto gli occhi, attratti iresistibilmente da oasi che ci
accontentano a metà ma sembrano tanto meglio del vuoto che le circonda. In
questa situazione la virtù migliore è il coraggio, con tutti i suoi rischi; la
strada di quanti hanno scoperto le pepite è cosparsa di scheletri, quella che
ci ha portato al volo dei fratelli Wright o alla relatività di Einstein è
costellata di brutte figure e tragici incidenti»
Ermanno Bencivegna
Perché Claudio Magris ha scelto “Itaca e oltre”, che ci parla
dell’Enrico di Ofterdingen di Novalis, metaforica odissea dello spirito umano,
come titolo fra i tanti possibili?
Magris stesso ha risposto a questa domanda: «Perché il tema centrale è questo:
se il viaggio della vita, e quindi anche della letteratura e della poesia,
possa essere inteso nel senso classico del restare fedeli a se stessi. Oppure
se questo viaggio dimostra l’impossibilità della sosta, il continuo mutare, la
perdità dell’identità, il diventare un altro. Il viaggio circolare contrapposto
al viaggio rettilineo.» È l’ulissiaco viaggio circolare inteso come metafora
della vita, come odissea con il ritorno, come fedeltà alla propria identità e
al proprio senso del divenire contrapposto al viaggio rettilineo nel quale il
soggetto non torna a casa e a se stesso ma disperde e dissolve la propria
identità in un musiliano “delirio di molti”.
L’odissea del nostro tempo è un’odissea senza Itaca, una nuova odissea senza
ritorno.
Itaca si configura in questo viaggio dell’essere, non come luogo reale e
concreto, ma come nòstos – ritorno, come ritrovamento di sé da parte
dell’individuo dopo la sua odissea in cui è divenuto più intensamente se
stesso, maturato ed arricchito, attraverso la molteplicità delle esperienze che
ha vissuto e di tutto ciò che ha incontrato e reso consustanziale. Itaca non è
che un miraggio, una sorta di Fata Morgana, una illusione dell’immaginazione, è
un sentimento luminoso, è un luogo dell’anima, è una mera idealità in quanto si
definisce nella forma di puro oggetto intenzionale dela coscienz, è una
consapevolezza della propria unità e identità di soggetto cosciente.
L’oltre Itaca che cosa significa? Indubbiamente vi è un’allusione al
riaffacciarsi dell’avventura, all’odissea che inizia di nuovo senza una rotta
definita, senza una direzione precisa. L’aldilà di Itaca sembra essere una
cifra da decrittare nelle sue implicazioni problematiche. Dobbiamo intendere
l’oltre Itaca come un’ulteriore ricerca, o – fuori allegoria – come un impegno
etico da perseguire, o come una tensione unitaria che dia ala e senso alla
vita, o come conquista della totalità intesa come ricerca di assoluto?
Il punto nodale della questione – come sostiene Magris – è se fondersi oppure
no su qualcosa di assoluto, anche là dove l’assoluto è sentito come opera
dell’uomo. Tutto questo è strettamente connesso al modo con cui si concepisce
l’individuo: se cioè egli debba essere un’unità anche in mezzo a infinite
spinte centrifughe, oppure se l’io debba sentirsi potenziato dal rifiuto
dell’unità, e quindi del fondamento che costituisce quell’unità.