VALIDITA’ DEI PRINCIPI MASSONICI
Sono ormai quaranta e più anni che io sono iniziato libero muratore: sono dunque tutti gli anni validi e ragionevoli della mia vita, e debbo onestamente dire che mai, in nessun momento mi sono pentito della mia investitura massonica, anche se più di una volta il corso degli avvenimenti mi ha distaccato, se non dalla fedeltà all’ordine, almeno dal consenso al comportamento della comunione. La verità è che io, e – dato che è composto di persone come me – anche l’ordine possiamo sbagliare in questo o in quell’atteggiamento: né la fedeltà mi impone di dare ad occhi chiusi un assenso cui del resto nessuno mi potrebbe costringere: ma quanto mi rende ogni momento più cara la stimmata massonica sono i principi della massoneria. I quali poi hanno ancora questo di peculiare: che quelli che oggi distinguo sono più complessi di quelli che scorgevo nel lontano tempo della mia inizi azione. Questi principi mi vennero indicati con il trinomio di libertà, eguaglianza e fratellanza; il metodo mi venne gabellato per socratico; mi venne detto che la mia opera doveva essere dedicata alla ricerca del vero: e nello stesso tempo che di verità ce ne sono molte, mi fu indicata la tolleranza come la massima delle virtù, e mi fu detto di ricercare la virtù e combattere il vizio, apprezzare il bello ed il buono, ed esecrare il brutto ed il cattivo; praticare il bene ed odiare il male, come se tutto ciò fosse compatibile con la tolleranza e come se i confini fra l’una e l’altra qualità fossero ben stabiliti. Non solo: imparai che agli inizi del 1700 le logge dei mestieri edilizi da operative divennero simboliche sotto la spinta della modernità (e delle lotte fra stuartisti e orangisti) che faceva cadere le necessità economiche della corporazione, mi si disse e mi si negò insieme che la massoneria fosse responsabile della rivoluzione, anzi delle rivoluzioni francesi e del Risorgimento italiano: del romanticismo tedesco, dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America, delle rivoluzioni sudamericane. E lessi poi tutti quegli avvenimenti, documenti e storie di cui le più mi apparvero superficiali, e pochissime interessanti.
Se poi mi chiedo, o se mi si chiedesse (e me lo domandano spesso) che cosa è la Massoneria, non credo che potrei dare una risposta precisa e soddisfacente: e mi è vano trincerarmi sotto il segreto massonico che sono tenuto ad osservare, e che del resto non posso non osservare perché esso si rivela solo all’Iniziato, a quello con l’I maiuscola: ed io sono ben lungi dal ritenermi tale.
Tutto quanto precede è esatto; come è esatto che io sono di giorno in giorno più soddisfatto di essere massone, eppure non mi sfugge che il valore degli slogan elencati è estremamente generico ed impreciso ed ormai accessibile e direi ovvio a ogni uomo degno di questo nome; perciò alla base della mia soddisfazione ci deve pur essere un fatto razionale e non istintivo. Eccomi dunque alla ricerca di quella ragione che il mio subconscio ha già accettato, ma deve venire alla cognizione della -mia -mente perché io possa rispondere prima a me stesso e poi anche – se la mia disamina mi soddisferà (siamo onesti) – alla curiosità più o meno legittima dei miei conoscenti.
La Massoneria e sorta e fiorita di una fioritura anche troppo rigogliosa, nel 1700: è nata con l’llluminismo, si è nutrita ed ha nutrito l’Enciclopedia e direi che è contemporanea, nel suo sorgere, al declinare della fede cieca, ed al sorgere dell’era della tecnica.
C’è stato un momento in cui, di fronte alla rivelazione della catena causa ed effetto dei fenomeni, ha vacillato il terreno del miracolo ed in quel momento, nei paesi cattolici, si è ricorsi alla dea ragione, mentre i paesi protestanti, già abituati a discutere sul testo sacro ed a dargli quell’interpretazione che più era adatta alle piccole mentalità, non hanno avuto bisogno di sostituire la vecchia teologia ed i miti.
(Questo spiega la profonda ma pur apparente differenza fra le cosiddette massonerie anglosassoni e le cosiddette massonerie latine) .
Il progresso tecnico ha portato dappertutto un disinteresse all’aspetto spirituale della vita, in alcuni dando la religione per accettata e fuori della vita vissuta, ed in altri alla negazione di ogni religione. E’ ben vero che l’ateismo professato è una petizione di principio, in quanto nella stessa negazione della divinità è la sua affermazione: ma è pur vero che man mano che l’uomo è divenuto sia pur limitatamente padrone della fenomenologia e la ha potuta riprodurre, non ha più visto confini alle sue possibilità, e gli è parso di poter girare il problema dell’esistenza e della creazione della vita, con l’affermazione della sua eternità meccanica. L’asserzione che nulla si crea e nulla si distrugge ha potuto regnare nella ragione umana più evoluta e ribelle almeno fino alla scoperta del neutrone negativo, che potrebbe provare la sua esistenza e quindi. la necessità di una creazione come atto volontario. Va aggiunto che il progresso tecnico, che ha dimostrato che il sistema solare è solo un piccolo sistema di pianeti che ruota intorno. ad uno dei milioni di astri della via Lattea è parso dare un colpo alle religioni che volevano un Dio per la terra, con tutte le sue conseguenze, ma a mio avviso anche un colpo all’idea meramente materialistica, perché la mente umana è troppo limitata anche per concepire in un ordine di grandezza che supera del tutto le possibilità di una immaginazione per fantasiosa e potente che sia.
L’uomo mediamente intelligente di oggi è arrivato, io credo, a ripudiare l’idea della divinità antropomorfa, che si interessa dei minimi fatti della vita personale. Della massa, non occorre qui spendere nemmeno una parola: perché anche quegli che ritiene che il Dio non possa avere la barba, né debba intervenire a far ritrovare ad esempio un oggetto smarrito, può seguitare a coltivare ed a credere nella sua religione quale che sia, riconoscendo in quelle dette particolarità divine una necessità per gli spiriti meno provveduti e più materialisti.
Ma tanto porta per forza di cose, un allontanamento dalla pratica religiosa così come viene comunemente richiesta: e perlomeno ad una scelta di precetti che vanno seguiti – quali i precetti morali – e di altri che non vanno osservati, perché o caducati dalla vita moderna, oppure razionalmente insostenibili. Ma una religione rivelata, quale che essa sia, è un blocco omogeneo, e non può trascurarsi un precetto senza caducare tutto il sistema.
Sicché oggi, di fronte ad un rifiorire formalmente superficiale di tutte le religioni, si osserva che l’uomo non ne segue più alcuna seriamente, se non per conformismo, per politica o per quieto vivere. Ogni religione in verità lancia gridi di allarme, non perché i templi siano vuoti, ma perché le vocazioni si fanno più rare, e la qualità di coloro che le seguono diviene più scadente.
Bisogna, inoltre, darsi ragione del fatto che il progresso tecnico ha portato le migliori intelligenze ad occuparsi di fenomeni e di questioni completamente materiali. Ormai, in questo secolo, la scissione dell’atomo senza provocare la reazione a catena è un fatto compiuto, e il vecchio sogno dell’alchimista è divenuto realtà, e le velocità degli astronauti si avvicinano a quella della luce, mentre la chirurgia riesce – lo si prevede imminente – a sostituire gli organi, la chimica a riprodurre gli elementi, e perfino a crearne dei nuovi, la genetica, si dice, può forse, oltre che fecondare artificialmente, anche far mantenere il seme in vita, e la macchina sostituisce sempre più il lavoro manuale umano. L’origine prima è sempre ignota: ma la varietà e la difficoltà degli studi intrapresi porta al disinteresse verso lo studio di quella prima origine.
Prometeo ha veramente rubato la scintilla: Adamo ha veramente morso il pomo della conoscenza: ma né Prometeo né Adamo si sono messi a vedere come è composta la scintilla o chi abbia offerto il pomo. Di fronte al fantastico progredire della tecnica, gli studi dell’io seguitavano a rivangare le orme dei filosofi greci.
Le moderne scienze etiche sono più sistemi di interpretazione dell’azione e del pensiero umano che profonde indagini sull’essenza stessa dell’io. Appena all’inizio di questo secolo si è avuto, con la psicanalisi, un nuovo mezzo di indagine, ma esso è giustamente, per ora, rivolto alla cura delle disfunzioni mentali e alle scelte professionali, che alla patologia dello spirito.
Non è dunque meraviglia che le verità rivelate appaiano crollate. Anche chi fa professione di dogma, non insiste più nell’assoluto obbligo di non discuterlo e seguirlo, ed è costretto al dialogo con chi il dogma non segue, per quanto cerchi di limitare questa necessità, e di gabellarla per tolleranza.
Nessuna meraviglia quindi che tutti i precetti etici ancorati nelle religioni non siano oltre seguiti e che la grande maggioranza degli uomini veda sempre più che il rapporto fra società e individuo è un mero rapporto di forza: la società impone determinate limitazioni all’attività individuale, e libero è l’individuo di violare quelle limitazioni se riesce ad evadere dal sistema primitivo della società. Quanto questa affermazione abbia fondamento, è perfettamente dimostrato dalle possibilità che per un ventennio l’Europa, e quindi il mondo, sono stati le vittime di un sistema di forze e di violenza che violava dichiaratamente qualsiasi principio etico in nome di un male inteso interesse nazionale. E’ vero che ciò è sempre avvenuto, ma è pur vero che si era cercato, nel passato, di trovare delle giustificazioni morali che, nel caso specifico si sono se non completamente ripudiate, appena superficialmente accennate come se dovessero piegare di fronte ad un preteso interesse della nazione.
La scomparsa, per la reazione della forza sociale delle altre nazioni di quei sistemi amorali, ne ha soffocato (speriamo per qualche tempo) l’uso nel campo degli Stati, ma non ha davvero cambiato la mentalità umana che aveva prodotto la possibilità di quei sistemi politici. Se i religiosi possono sostenere che i l0 comandamenti vengono seguiti per quello che riguarda gli obblighi dell’uomo verso il Dio, non possono davvero sostenere che vengono seguiti per quanto riguarda gli obblighi dell’uomo verso il suo prossimo e il comportamento dell’individuo. Il furto – sotto forma di appropriazione indebita o di truffa – e l’adulterio, per non citare che i peccati più grossolani, sono diventati di comune accezione, anche se si riposa il giorno del Signore, e non si venera altro Dio. Il che significa che deve riconoscersi che la funzione sociale delle religioni ha cessato di avere una sua validità.
D’altra parte, se anche volessimo seguire un filo logico del tutto materialista, dobbiamo riconoscere che l’uomo ha tuttavia bisogno di un fondamento etico e spirituale. L’onesto ed il disonesto possono bene avere – filosoficamente – un senso del tutto relativo, così come lo possono avere il giusto e !’ingiusto. Ma l’uomo non può agire senza ancorare in determinati principi fissi il suo essere agente, perché altrimenti e tutto il suo mondo crolla, e la convivenza sociale è impossibile. Non c’è nemmeno bisogno di citare, a riprova, la profonda moralità dell’anarchico e del materialista, che diviene quasi più moralista del religioso, né di citare la impossibilità asserita, per un individuo morale, di commettere un delitto anche sotto ipnosi. Tuttavia lo Stato moderno ha reso quasi impossibile distinguere il delitto che chiameremo naturale, dal delitto che chiameremo politico quale ad es. il contrabbando o la violenza di norme annonarie o valutarie o fiscali, e quindi non si può nemmeno fare affidamento nella buona indole dell’uomo civilizzato per contare su un cittadino onesto che scorga di per sé la profonda immoralità, ad esempio, della speculazione sulle aree fabbricabili, dell’abuso di una funzione a scopi privati, del favorire una persona a vantaggio, quanto meno, della cassa di un partito o della adulterazione anche innocua dei cibi, oppure della nefandezza della speculazione sulle rette dei minorati nella salute.
Come non credente in una religione definita, voglio credere che se quei signori fossero sinceramente convinti nel seguire una qualsiasi religione, non avrebbero messo, per denaro, a rischio di dannazione la loro anima immortale: e preferisco pensare che tanto è avvenuto, in persone naturalmente oneste, per insensibilità ai principi etici che possono solo essere contenuti come norma cogente, in quella disciplina dello spirito che designammo sotto il nome di religione. Quella mancando, non hanno saputo sostituirla con un’altra che non fosse il rapporto di forza fra la collettività, rappresentata dallo Stato, e l’individuo. E poiché lo Stato parve, ed era debole, essi hanno pensato di potersene avvantaggiare.
Da quanto suaccennato, risulterebbe il crollo di ogni principio etico, di cui pure abbiamo bisogno. In che scuola, in che religione, in che filosofia troverà riparo il nostro io spirituale? Come soddisferemo quello che Jules Romains chiamava «la recherche d’une eglise ».
E’ qui, a mio avviso, che soccorre l’idea massonica. Niente qui è imposto, nessuna credenza è proibita o anche solo negata. L’uomo che si appresta alla iniziazione sa che deve andare ad iniziare una nuova vita, intesa al miglioramento dell’io – e solo attraverso questo miglioramento destinata ad intervenire nel mondo sociale nel rispetto degli «io» di tutti i suoi simili.