CONSIDERAZIONI IN MARGINE AD UNA REPLICA

CONSIDERAZIONI IN MARGINE

AD UNA REPLICA

di

Anna Maria Isastia

Non posso non sentirmi lusingata per l’attenzione che, ancora una volta, mi dedica Aldo Chiarle, un fratello molto giovane se è vero che la saggeza si accompagna alla maturità degli anni. Chiarle dunque ha risposto al mio breve saggio con un suo saggio dichiaratamente finalizzato a difendere il R.S.A.A., operazione che a me sembra superflua considerando il prestigio, l’importanza e il ruolo da sempre ricoperto da questa Istituzione che può vantare un respiro mondiale. Come sempre quando si affrontano con serietà questioni storiche o di attualità, la prima cosa da fare è quella di separare i principi e le istituzioni, che in genere sono ottimi, dagli uomini che quei principi e quelle istituzioni credono di servire, a volte servendosene anche se forse non sempre consapevolmente.

Non mi pare che la ricostruzione dei fatti quale compare nelle pagine del primo numero di Nea Agorà del 2000 sia molto diversa dalla mia se non nel titolo. Cambia invero l’ottica con cui si guarda agli avvenimenti. Mentre lo storico si sforza di rintracciare luci ed ombre nei comportamenti di tutte le parti in causa, e cerca di capire i perché, il giornalista si schiera rigettando le colpe a priori su una sola delle parti in conflitto.

Da fratello del Grande Oriente d’Italia, umanamente, difende il suo R.S.A.A. attribuendo tutte le responsabilità degli avvenimenti di quel fatale 1908 al campo avverso.

Proprio per questo ritengo che in genere i massoni siano troppo coinvolti nelle vicende della loro istituzione per poterle analizzare con la serenità necessaria allo storico.

Le eccezioni per fortuna non mancano come dimostrano ad esempio due volumi usciti all’inizio dell’anno: Valdesi e massoneria due minoranze a confronto di Augusto Comba e Massoneria…..di Natale Di Luca.

L’articolo di Chiarle in risposta al mio piccolo intervento suggerisce alcune considerazioni: Si danno per scontati fatti che scontati non sono affatto, per esempio l’appartenenza massonica di Bissolati. Si parla della sua attività politica come di un corollario del suo essere massone, quando in realtà i socialisti italiani contendevano ai massoni la leadership del movimento per la scuola laica. Dunque, era sufficiente essere socialista per impegnarsi con convinzione in quella direzione. Sappiamo del resto che i socialisti votarono compatti a favore della mozione che avrebbe dovuto eliminare l’insegnamento della religione cattolica dalla scuola primaria e i  massoni invece si spaccarono.

Sappiamo anche che molti socialisti erano massoni, a cominciare da Andrea Costa che volle essere sepolto con le insegne massoniche.

Ma Bissolati era massone?

Vogliamo almeno porci il problema dal momento in cui del suo nome non c’è traccia nei registri matricola del GOI e nel volume Mille volti di massone di Giordano Gamberini? Mola non accenna mai ad una appartenenza massonica di Bissolati, così come la ignora Rosario Esposito nel suo La massoneria e l’Italia. I fratelli della R.L. Bissolati di Cremona hanno inutilmente cercato per anni qualche traccia del preteso massonismo di Bissolati, senza trovarla.

Se Chiarle ha documenti che nessuno conosce li pubblichi, altrimenti sia più prudente.

Vorrei però soffermarmi su una questione che mi preme maggiormente.

Scrive Chiarle: “E’ a mie mani una cospicua parte dell’Archivio Fera, con le copie originali con cui lo stesso Fera vergandole a mano – comunicava a vari Fratelli di aver firmato il loro brevetto al 33 0 grado”

Dunque Chiarle possiede documenti di grande importanza storica che però nessuno conosce, eccetto lui. Mi sembra quanto meno poco elegante rimproverare qualcuno per non aver citato documentazione chiusa nel cassetto della scrivania di un privato che la conserva gelosamente. E Chiarle sa che non è la prima volta che si comporta così. Non mi risulta che lo studioso debba avere doti divinatorie e paranormali.

Sappiamo bene quali scempi sono stati operati nel tempo negli archivi della massoneria italiana, a partire dal fascismo, e come la scarsezza di materiale renda lo studio delle Comunioni italiane molto più difficile che altrove.

Invece di conservare tanti spezzoni di archivio destinati nel tempo ad andare perduti non sarebbe molto più utile se i tanti fratelli che possiedono lettere, diplomi, documenti rari o unici collaborassero a creare una banca dati, un inventario del materiale posseduto?

Non si tratterebbe di perdere la proprietà di ciò che si possiede. Una iniziativa del genere, che del resto sollecito da anni, avrebbe almeno due vantaggi:

  • permetterebbe di facilitare e arricchire le ricerche
  • eviterebbe la perdita definitiva di materiale prezioso e irrecuperabile. So bene che si tratta di una proposta impopolare, ma chi ha seguito le vicende dell’archivio Ferrari sa bene di cosa sto parlando. Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e poi Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. Ettore Ferrari aveva documenti del rito scozzese e dell’ordine che coprivano un arco temporale di circa cinquanta anni.

La famiglia si è sempre rifiutata di far vedere le carte agli studiosi. Poi quando negli anni settanta fu venduto il palazzo in cui Ferrari aveva abitato, le carte si sono disperse in mille rivoli.

Un enorme patrimonio culturale è andato disperso per la miopia di chi poteva intervenire e non intervenne.

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