GNOSI E GNOSTICISMO – UNA SVOLTA

GNOSI E GNOSTICISMO – UNA SVOLTA          

 Il Congresso di Messina del 1966 e i Codici di Nag Hammady

Di Luigi  Polo Friz

Non è raro incontrarsi con un utilizzo improprio dei termini Gnosi e Gnosticismo. Anche il mondo accademico ha sentito il bisogno di sgombrare il campo dalle ambiguità. Con il concorso del Consiglio Nazionale delle Ricerche e della Cattedra di Religione dell’Università di Messina, e con la collaborazione dell’Associazione Internazionale per la Storia delle Religioni e della Società Italiana di Storia delle Religioni, nell’aprile del 1966 convennero a Messina i massimi esperti della materia. Avevano da discutere coe tema Le origini dello Gnosticisrno e molte e interessanti furono le relazioni presentate dagli studiosi intervenuti, i quali tuttavia dedicarono una particolare attenzione alla definizione dei termini cardine di questa dottrina’.

Durante i lavori un comitato ad hoc, formato sulla base di una proposta del professor C. Jouco Blecker, e composto da Geo Widengren, Hans Jonas, Jean Danièlou, Carsten Colpe e Ugo Bianchi, esaminò a lungo una serie di Proposte concernenti l’uso scientifico dei termini Gnosi, Gnosticismo, ecc… e lo presentò alla discussione nell’ultima seduta. La maggioranza dei congressisti si trovò d’accordo su un testo che venne pubblicato in quattro lingue (francese, inglese, italiano e tedesco) negli Atti del Convegno e del quale riassumiamo i punti salienti.

Luigi Polo Friz “Per evitare un uso indifferenziato dei termini Gnosi e Gnosticismo – così l’esordio – sembra utile identificare, con la cooperazione dei metodi storico e tipologico, un fatto determinato, lo Gnosticismo, partendo nwtodologicamente da un certo gruppo di sistemi del II secolo dopo Cristo, che vengono casualmente   così denominati. Si propone invece di concepire la Gnosi come conoscenza dei misteri divini riservata ad una èlite”. Appresso fu puntualizzato che “lo Gnosticismo delle sette del II sec. implica una serie coerente di caratteristiche che si possono riassumere nella concezione della presenza nell’uomo della scintilla divina, che proviene dal mondo divino, che è caduta in questo mondo sottomesso al destino, alla nascita e alla morte, e che deve essere risvegliata dalla controparte divina del suo Io interiore per essere finalmente reintegrata. Questa idea, di fronte ad altre concezioni di una degradazione del divino, è fondata ontologicamente sulla concezione di una degradazione del divino la cui periferia (spesso chiamata Sophia o Ennoia) doveva entrare fatalmente in crisi e produrre – benchè indirettamente – questo mondo, di cui essa non può d’altronde disinteressarsi perchè deve ricuperarvi lo pneuma. (concezione dualistica su un sottofondo monistico, la quale si esprime con un doppio movimento di degradazione e di reintegrazione)”. Venne precisato inoltre che nella letteratura scientifica l’aggettivo gnostico si riferisce allo Gnosticismo. Queste citazioni sfruttano un linguaggio alquanto specialistico, ma ci è sembrato che se ne dovesse rispettare il rigore originario per non creare ambiguità. Tradotte in una forma piana esse significano che nell’utilizzo del termine Gnosticismo non sono concesse licenze. La delimitazione del suo uso è netta: esso si riferisce ad una setta religiosa che ebbe vita tra il II e il III secolo dopo Cristo.

Più elastico è il discorso riguardante la Gnosi. Questa parola è di origine greca e vuol dire conoscenza. Nella sua accezione corrente la traduzione potrebbe benissimo essere sfruttata in luogo dell’originale greco. Ma oltre ad avere un sapore esotico, essa viene anche preferita per dare sfoggio di una erudizione spesso molto dubbia. Fra i partecipanti al Colloquio siciliano vi fu chi avrebbe voluto restringerne l’impiego al solo Gnosticismo. Prevalse il gruppo che ne ammetteva l’utilizzo più esteso. Si precisò che ‘ non ogni Gnosi è lo Gnosticismo, ma solo quella che implica l’idea della connaturalità divina della scintilla che deve essere rianimata e reintegrata; questa Gnosi dello Gnosticismo implica l’identità divina del conoscente (lo Gnostico), del conosciuto (la sostanza divina del suo Io trascendente) e del mezzo per cui egli conosce. ” Hans Jonas, che a Messina presentò una articolata relazione sul tema, ha integrato tali concetti chiarendo che ” il suo significato, conoscenza, nel nostro contesto implica segreto, rivelazione e conoscenza salvifica” Fino agli anni Cinquanta lo Gnosticismo è stato prevalentemente studiato come espressione di un movimento eresiologico. fonti provenivano essenzialmente dalle indagini del fenomeno da parte dei Padri della Chiesa Cristiana, che si dimostrarono abbastanza obbiettivi, eccetto per forzature abbastanza occasionali che tendevano a mettere in cattiva luce la teoria e l’operato degli Gnostici. C’era ora una nuova ragione per mettere ordine in una materia nella quale specialisti e dilettanti avevano creato qualche disordine. si percepì anche nel Colloquio di Messina, durante il quale la Gnosi venne ulteriormente suddivisa in Manicheismo e Testi gnostici di Nag Hammadi. La prima sottoclasse vuole sottolineare le affinità della Gnosi gnostica con i principi espressi dal Manicheismo. Di grande rilievo si sarebbe rivelata la seconda. Nel 1945, a Nag Hammadi, a nord-est di Luxor, venne fatto un grande ritrovamento, comparabile per importanza a quello dei Rotoli del Mar Morto. Due fratelli, contadini del luogo, scopersero una giara alta un metro, contenente molti volumi manoscritti “la cui pubblicazione – ha affermato Giovanni Filoramo – era destinata a mutare profondamente lo stato delle conoscenze sullo Gnosticismo” . Commentando l’edizione fac-simile di tutta la biblioteca di Nag Hammadi, apparsa tra il 1972 e il 1977, Luigi Moraldi, che ne ha tradotto i testi più importanti, ha scritto che “l’opera ha offerto finalmente agli studiosi lo strumento indispensabile per l’inizio di un era nuova nello studio dello Gnosticismo, del Cristianesimo primitivo e dei movimenti culturali del tardo antico”. E’ ovvio che anche le forme di divulgazione meno scientifiche dello Gnosticismo non possono prescindere dalla pesante ipoteca posta dalle definizioni accolte dal mondo accademico. Inoltre non si potrà ignorare, come accade ancora oggi, la scoperta della ricca biblioteca di Nag Hammadi. Non vogliamo scoraggiare gli appassionati, ma chi voglia entrare ex novo in questo campo dobbiamo avvertire che l’opera è ardua: gli originali di Nag Hammadi sono in copto antico, le opere complete sono disponibili solo in inglese, i saggi più autorevoli sul tema nel migliore dei casi sono redatti in francese e in inglese, spesso in tedesco. Non abbiamo esperienza sufficiente per suggerire una modalità di approccio a questa fonte monumentale. Suggeriamo solo di iniziare dai testi in italiano che segnaliamo in bibliografia.

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