CONFESSIONALISMO E SECOLARIZZAZIONE
di
Anna Maria Isastia
La politica scolastica del partito clericale” affermava nel lontano 1907 Gaetano Salvemini “non può essere, in Italia, che una sola: deprimere la scuola pubblica, non far nulla per migliorarla e più largamente dotarla; favorire le scuole private confessionali con sussidi pubblici, con sedi d’esami, con pareggiamenti; rafforzata a poco a poco la scuola privata confessionale e disorganizzata la scuola pubblica, sopprimere al momento opportuno questa e presentare come unica salvezza della gioventù quella. Programma terribilmente pericoloso, perché non richiede nessuno sforzo di lotta aperta ed attiva, ma solo una tranquilla costante inerzia, troppo comoda per i nostri burocrati e per i nostri politicanti, troppo facile per la oligarchia opportunista che ci governa
La lettura di queste parole dovrebbe farci riflettere, per l’attualità del tema e delle considerazioni espresse. Il presente non è mai uguale al passato, ma la ricerca sulle vicende trascorse dovrebbe aiutare ad impedire il ripetersi di errori già commessi.
Cosa stava succedendo in quegli anni? L’Italia risorgimentale stava difendendo il progetto di una scuola laica di fronte alla prepotente avanzata del mondo clericale ben deciso a riconquistare tutte le posizioni perdute nei decenni precedenti, con l’ avallo di fatto del presidente del consiglio, quel Giovanni Giolitti che si era avvicinato in modo graduale ma costante al mondo cattolico, per motivi esclusivamente politici.
Gli ambienti clericali, di conseguenza, cominciarono ad esercitare sulla vita politica italiana un’influenza sempre maggiore che determinò una evidente riluttanza da parte del governo ad adottare provvedimenti sgraditi ai nuovi alleati.
La causa occasionale del confronto più significativo tra l’ anima laica e I ‘ anima clericale del Parlamento fu conseguenza del regolamento per I ‘ istruzione elementare elaborato nel 1907 dall ‘ allora ministro della P. I. Luigi Rava, che cercò di risolvere l’annoso problema dell’insegnamento della religione nelle classi elementari con un compromesso che non piacque a nessuno. Rava, laico e massone, aveva tentato in un primo momento di escludere ogni accenno all ‘ insegnamento religioso. Successivamente, il governo decise di scaricare sulle amministrazioni comunali la responsabilità di decidere se far impartire o meno nelle scuole elementari l’ insegnamento religioso.
In risposta il deputato socialista Leonida Bissolati presentò una mozione che diede origine all’ultimo grande dibattito sui rapporti fra società civile e società religiosa, fra diritti della Chiesa e diritti dello Stato, svoltosi nel Parlamento dell’Italia liberale, in un’atmosfera consapevole dell’importanza della posta in gioco: la formazione dei cittadini.
Da decenni si dibatteva la questione dell’ insegnamento della religione nelle scuole primarie, con alterne vicende che non è qui luogo a ripercorrere. Leggi, regolamenti, circolari, sentenze del Consiglio di Stato si erano susseguite a partire dal 1859, rendendo ora obbligatorio, ora facoltativo questo insegnamento). Ricordiamo solo che, nel 1 877, il ministro della pubblica istruzione, il “fratello” Michele Coppino aveva sostituito all’insegnamento religioso “le prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino
Nella mozione del febbraio 1908, Bissolati invitava i} Governo “ad assicurare il carattere laico della scuola elementare, vietando che in essa venga impartito, sotto qualsiasi forma, l’insegnamento religioso .
Ripercorrere gli eventi che si svolsero alla Camera tra il 18 e il 27 febbraio 1908 è illuminante per meglio . capire il senso della contrapposizione di due mondi e di due culture alternative. Perché la realtà delle differenze tra laici e cattolici in Italia ancora oggi non è, a mio giudizio, una questione superata, come dicono tanti. E solo una questione rimossa, volutamente ignorata, per motivi di interesse politico: oggi come ieri.
Scriveva “l’ Avanti ! il 21 febbraio che “Aperte le scuole alla Chiesa cattolica, bisogna aprirle alla Sinagoga, alla Chiesa luterana, al Libero pensiero, alla Massoneria, a quante associazioni, sette e corporazioni, intendono propagare una fede, illustrare una credenza, nessun privilegio ad alcuna fede, eguale trattamento a tutte Ma non era certo questo l’intendimento del mondo cattolico se “L’ Osservatore Romano” affermava marzo
“Non faremo atto settario né partigiano, né intollerante, se proclameremo, ancora una volta, la necessità per noi cattolici, apostolici, romani, di impadronirci di tutto l’insegnamento, e di poterlo guidare tutto, secondo i nostri sentimenti, secondo i nostri principi, secondo le nostre credenze’
Come è ben noto a tutti i massoni italiani, questa vicenda storica ha segnato la vita della fratellanza italiana provocando una frattura che non si è mai più risanata.
La Giunta del G.O.I. aveva più volte riaffermato che l’ abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole primarie era un caposaldo del programma massonico e tutti i fratelli dovevano tenerne conto.
Si cercò, con scarso successo, di fare pressioni su Rava e si invitarono i fratelli deputati a svolgere azione comune; le logge dal canto loro avrebbero dovuto fare propaganda.
Lo scontro si svolse all’interno del Rito Scozzese Antico e Accettato poi nella Comunione. Il Gran Maestro Ettore Ferrari e gli uomini della sua Giunta furono accusati di intransigentismo, di aver male valutato le possibilità di successo dell’ appoggio dato alla mozione Bissolati.
La realtà è molto diversa. Ferrati e i fratelli a lui più vicini sapevano di combattere una battaglia perduta in partenza, ma vollero comunque impegnarvisi fino alle estreme conseguenze in nome di un principio, di una idea.
In quel febbraio del 1908 il mandato elettorale dei deputati era quasi al termine e nessuno era disposto a giocarsi il seggio elettorale per un ideale. L’influenza del mondo cattolico era determinante per garantire il successo di molte candidature, Giolitti aveva elaborato una formula che scontentando tutti, accontentava in realtà la gran maggioranza dei parlamentari che votandola, non rischiavano nulla.
Ferrari invece chiese ai massoni deputati di votare compatti a favore della laicità della scuola sconfessando Giolitti, ma i fratelli risposero solo in parte. Votarono la mozione 17 deputati massoni, IO non si presentarono in aula, I I votarono contro.
In totale dunque, come risulta dai verbali della Giunta del G.O.I., i massoni deputati erano 38, ben pochi per poter condizionare la politica italiana e, come si è visto, molto più sensibili agli equilibri politici che alle direttive di Palazzo Giustiniani. Non c’era dunque nessuna concreta possibilità di far passare la mozione. Il voto compatto sarebbe stato solo un segnale forte, un gesto simbolico, ma i fratelli deputati dimostrarono di essere prima di tutto politici e governativi.
Avendo disubbidito a precise direttive della Dirigenza dell’ Ordine, la Giunta decise di deferire ai tribunali massonici i deputati dissidenti, quasi tutti scozzesi. In realtà in Giunta si fecero molti distinguo, valutando i rischi dell’azione, ma anche quelli del silenzio. Ferrari appariva dubbioso, ma alla fine si decise di procedere chiedendo I ‘ applicazione dell’ art. 127, vale a dire un procedimento per direttissima che equivaleva a sicura espulsione.
Su richiesta della loggia “Rienzi” di Roma che accusò il f. Luigi Rava di colpa grave per il suo contegno nel Governo e alla Camera sull ‘ insegnamento religioso, la Giunta decise di estendere anche a lui Rava non rientrò più nell’Ordine “.
Chiudiamo queste brevi note riproponendo quanto disse alla Camera il deputato Comandini, un fratello di Cesena, sulle conseguenze delle due forme di educazione.
La cultura laica insegna che “la vita è milizia e missione, è esercizio di ogni energia pel miglioramento individuale e collettivo della società “. La cultura cattolica insegna invece che “la vita è contemplazione e preghiera. Umilia te stesso. Annienta la tua personalità, mortifica il tuo spirito, macera e distruggi la tua carne, e tu avrai raggiunta la perfezione della vita “.