L’ATTIVITÀ MINERARIA Al TEMPI DEI FARAONI
di
Argenius
Sono in tanti, forse, a non sapere che all’epoca degli antichi egizi l’attività mineraria, e in particolare l’estrazione marmifera, era intensa, per la notevole richiesta di prodotti da destinare all ‘ edilizia, ed a quella propriamente detta funeraria.
All’ epoca delle dinastie faraoniche, le miniere di smeraldi ed altre pietre preziose, così come le cave di marmi, erano proprietà personale dei faraoni che le affidavano per lo sfruttamento ad ingegneri e ad ufficiali tecnici: essi si avvalevano del lavoro prodotto da operai reclutati tra gli schiavi e i prigionieri di guerra.
I poveri lavoratori di quel tempo, e particolarmente coloro preposti alla escavazione, non godevano, come oggi, della tutela di alcun sindacato, e conducevano una vita grama e miserevole. Pensate un po’. Essi venivano miseramente nutriti e dormivano all’ aria aperta, perennemente sotto la minaccia della frusta. ln alcune miniere di smeraldi poi, i minerali portati in superficie venivano spaccati e lavorati da schiavi a cui erano stati tagliati i garretti perché non potessero fuggire.
Originale, va ricordato, era il metodo di individuazione delle miniere. Gli esperti – i geologi di allora – esploravano immensi territori per scoprire abbondanti e ricchi giacimenti, avvalendosi di una serie di strumenti vari: tra essi, molto usati erano bastoncini arcuati e pendolini cavi, in cui erano inseriti alcuni pezzetti dei materiali che si intendevano reperire, molto simili a quelli ancor’ oggi usati dai radioestesisti.
Allorquando le cave entravano nella fase di escavazione, lunghe carovane scortate da soldati facevano la spola collegando puntualmente, e con estrema regolarità, i luoghi di estrazione alle città di Tebe e Menfi. In queste località, i metalli e le pietre preziose estratte venivano finemente e artisticamente lavorate.
Da pareti ripide, a strapiombo, gli ingegneri di quel tempo procedevano nella realizzazione di un primo sbancamento, perforando un costone laterale della montagna per evidenziare in tal modo il fronte della cava, da cui avrebbero prelevato i blocchi di marmo, o la creazione dell’ingresso, nel caso di miniera.
Particolarmente ingegnoso era il sistema di scivoli che collegavano la cava con il fondo valle, consentendo il trasporto dei materiali estratti.
L’ antica mappa mineraria di una miniera d’ oro, situata nella regione dello Uadi Hammamat e risalente al Nuovo Impero (fra il 1620 e il 102 a. C), mostra un sistema di gallerie interne – schema comune a tutte le miniere egiziane – che vede diramarsi dalla galleria principale, quasi mai diritta, una serie di altri corridoi stretti e lunghi, e mai allo stesso livello, un labirinto a più piani, su cui si aprivano piccole camere spesso adibite per riporre gli attrezzi di scavo, al termine del lavoro.
Il sistema di aerazione poi, era stato risolto dai tecnici egiziani mediante una serie di tubazioni e condutture in cuoio che convogliavano l’ aria dall ‘ esterno, grazie a giganteschi mantici azionati dai muscoli di un certo numero di schiavi, preposti a tale compito. Senza sosta alcuna, sotto il sole implacabile del deserto, essi pompavano l’ aria, ben più preziosa delle ricchezze che andavano ad estrarre, indispensabile alla vita di quegli sventurati operai che, nel buio delle miniere, arrancavano a fatica negli angusti cunicoli, versando sudore e sangue. Furono proprio quegli ignoti cavatori che col loro sacrificio hanno contribuito non poco alla realizzazione di quelle meravigliose e ciclopiche testimonianze archeologiche, il cui indiscusso splendore ha reso grande ed eterna la millenaria civiltà egizia.•