APPUNTI PER UNA STORIA DELLA CREMAZIONE
di
Anna Maria Isastia
Tralasciando i ricordi della classicità romana e greca e le utopie dei rivoluzionari francesi, di cremazione si cominciò a parlare in Italia a metà del secolo scorso.
A luglio 1866, un medico di Padova, Ferdinando Coletti , ristampò sulla Gazzetta medica italiana, da lui diretta, la dissertazione che avcva svolto nel 1857 dando l’avvio alla campagna in favore della cremazione. I campi di battaglia di Custoza e di Sandowa erano coperti di cadaveri di soldati e di animali, le cui esalazioni appestavano l’aria a grandi distanze a causa del caldo e dello scirocco. Serpeggiava il colera e mancavano le braccia per dare a tutti una rapida sepoltura. Questioni morali, igieniche, economiche e religiose spingevano Coletti a proporre l’incenerazione di quei cadaveri e più in generale a sostituire la cremazione all ‘ inumazione, contraria all ‘ igiene per le esalazioni che corrompono I ‘ aria e le infiltrazioni che infettano l’acqua e i terreni. Il medico padovano sosteneva che la chiesa non poteva essere contraria all ‘ incenerazione perché il cristianesimo non professa un culto superstizioso del cadavere e non pensa che si possa conservarlo, ma solo proteggerlo dalla profanazione. Al contrario considera la riduzione del corpo umano in cenere quale simbolo della fragilità umana descritta nella frasepulvis es et in pulverem reverteris (Genesi, III, 19). La profanazione era legata alle quotidiane esumazioni che avvenivano nei cimiteri, indispensabili per fare posto ad altri cadaveri. I resti mollali ridotti in cenere, avrebbero spogliato la morte da tutte le immagini ripugnanti che I ‘ accompagnavano. Le urne, conservate in casa, avrebbero rafforzato i legami familiari ed esercitato una benefica influenza sulla morale degli individui. Gli emigranti avrebbero potuto condurre con sé le spoglie dei loro cari, la religione delle tombe, di foscoliana memoria, si sarebbero estese a tutte le fasce della popolazione. Coletti concludeva la sua perorazione con un invito ad essere utopisti !
La sua perorazione fu raccolta da un deputato nativo di Carovigno (Brindisi), Salvatore Morelli, un massone di sentimenti democratici che, appena eletto deputato, presentò alla Camera una proposta per sostituire la cremazione al sistema di inumazione dei cadaveri, con quali risultati non occorre dirlo.
Fu un massone livornese, Gaetano Pini, medico igienista, grande organizzatore, a rendere popolare il tema della cremazione tra i fratelli lombardi trasformandolo in uno dei punti qualificanti della progettualità massonica. Fondatore di innumerevoli associazioni filantropiche, alto dignitario della massoneria, artefice della nascita della società per la cremazione di Milano e di tutto il movimento cremazionista organizzato, amico di Paolo Gorini, di Agostino Bertani, di Luigi Pagliani, Pini può essere considerato l’ uomo simbolo del collegamento massoneria-cremazione sintetizzando nella sua persona tutte le motivazioni che veicolarono la propaganda del paradigma cremazionista.
I problemi che i primi fautori della cremazione si trovarono ad affrontare furono di tipo normativo e di tipo tecnico. Bisognava modificare le norme in vigore che non prevedevano questo sistema di conservazione dei resti umani e bisognava elaborare un procedimento tecnico che rendesse possibile ridurre in cenere un corpo in maniera igienica ed economica.
La prima cremazione fu fatta a Milano nel 1876 e ad essa ne seguirono altre nelle città dove mano a mano venivano costruiti i forni crematori o meglio, i templi crematori.
Secondo una prassi che si ripete sempre uguale, nelle diverse città veniva costituito un comitato provvisorio che dava vita ad una società per la cremazione dei cadaveri che faceva domanda all’amministrazione comunale per avere la disponibilità di un’ area nel locale cimitero sulla quale far costmire l’edificio crematorio.
I documenti dimostrano che, ovunque, furono i massoni ad attivarsi, scontrandosi spesso con l’ aperta ostilità delle gerarchie cattoliche e dei clericali presenti nei consigli comunali. Furono infatti le maggioranze municipali a decidere la sorte delle cremazioni nelle diverse regioni italiane d’Italia.
Milano, Genova, San remo, Torino, Modena, Bologna, Firenze, Venezia, Novara, Udine, Livorno, Arezzo e tante città grandi e piccole del centro nord risposero positivamente. A Roma, non senza forti contrasti, il fratello Felice Giammarioli riuscì infine a far costruire il tempio nel cimitero Verano.
Ai successi nel centro nord fecero riscontro una serie di fallimenti a sud.
A Napoli i liberi muratori di Rito scozzese, che facevano capo al supremo consiglio di Torino costituirono nel 1886 una commissione incaricata di tradurre in atto i voti della massoneria napoletana circa la costituzione di una società per la cremazione dei cadaveri e l’erezione di un forno crematorio.
L’ impegno dei massoni napoletani non fu sufficiente a superare l’ aperto boicottaggio delle autorità cittadine al progetto cremazionista anche se, nel 1888, il comitato, in cui entrarono l’ing. Ferdinando Papale e il senatore Enrico De Renzi, ottenne dalla Giunta comunale la designazione dell’ area nel cimitero di Poggioreale dove costruire forno e tempio. L’ area però non venne mai consegnata. Nel 1892 il comitato si trasformò in Società anonima cooperativa per la cremazione dei cadaveri in Napoli. Dopo una serie di ricorsi che non ottennero nessun risultato, l’ 8 febbraio 1907 il prof. Francesco Scaduto, presidente della società per la cremazione napoletana, inoltrava domanda al regio commissario Trinchieri il quale, con lettera del 4 aprile, concedeva l’ area dietro versamento di duemila lire. “11 versamento non si poté effettuare perché il cinque aprile subentrò l’amministrazione regolare – clerico-moderata – la quale non solo si rifiutò di accettare il deposito di duemila lire, ma sollecitamente ritirò dalla R. Prefettura la deliberazione del Regio commissario. mandata pel visto al signor prefetto” . Le autorizzazioni non furono mai date anche se la società contava ben 273 soci .
Anche a Palermo, nel 1891 i massoni di Taranto provarono a loro volta a costituire una società per la cremazione. Ben 236 nomi affollano le quattro liste che seguono quella del comitato promotore, di cui fanno parte il dottor Guglielmo Baldari , l’ applicato tecnico Severino Crivelli, il direttore didattico Eduardo De Vincentiis Pasquale Ridola professore nel regio liceo, Rosalbino Turano, Francesco Raimondi Erano tutti fratelli della loggia Archimede, di Rito scozzese, impegnata nella “difficile lotta al clericalismo” e nello sforzo di dare vita a nuove forme di pubblica come la Croce verde che fu costituita nel 1892.
Del comitato entrarono a far parte il capo ufficio delle ferrovie, consiglieri comunali, pubblicisti, professori, il presidente della società di tiro a segno, i direttori scolastici. “La voce del popolo”, il settimanale cittadino, diede voce e spazi all ‘iniziativa propagandata attraverso un ciclo di conferenze. Preoccupato dall’iniziativa, l’ arcivescovo intervenne neutralizzando la campagna cremazionista con tre prediche tenute nella Cattedrale a febbraio 1892. In quel mese si teneva il triduo dell’Immacolata in ricordo del terremoto del 1 febbaio 1743.
Per l’occasione monsignor Jorio preparò tre lavori sul tema: “L’ Immacolata e la cremazione”
Tanto bastò per svuotare I ‘ iniziativa della classe dirigente tarantina. Al successo della prima conferenza cremazionista si contrappose il fallimento della conclusione del ciclo informativo. L’impegno e la volontà profusi da questi pionieri non furono sufficienti a superare la prevedibile opposizione dell ‘ autorità ecclesiastica e non risulta che a Taranto sia mai stata operativa una società per la cremazione.
Anche a Salerno, a partire dal 1905, i fratelli della loggia Carlo Pisacane, cominciarono ad interrogarsi sulla possibilità di fondare una società di cremazione , ma il tentativo non portò a nulla.
L’opposizione cattolica nel meridione fu più forte dell’ impegno del mondo laico. Nel 1874 un sacerdote di Pavia aveva scritto:
“Voi vi domandate quale rapporto possa avere l ‘ abbruciamento dei cadaveri colla religione; ed io, senza la pretesa di dettar sentenza come teologo, e solo come cattolico di buon senso, non dubito di rispondervi francamente che l’ abbruciamento dei cadaveri, quale saviamente è inteso da voi e dai vostri colleghi , non è un voto che si opponga alla religione
Nel 1886 fu invece comminata la scomunica, poi abrogata da Paolo VI nel 1963.