L SIMBOLISMO DEL SERPENTE

IL SIMBOLISMO DEL SERPENTE

di

Anne Osmont

A tutti coloro che si interessano di ricerche psichiche vien posta sempre la stessa domanda, a volte seriamente, altre volte con aria maliziosa e che lo vorrebbe rendere di sapore spirituale: “Credete al Diavolo’? Avete paura del Diavolo? Come considerate l’ antico Serpente?” La risposta di quelli che non hanno conoscenza è sempre la stessa: “Credo al Diavolo, non ho paura del Diavolo, conto di dominare l’antico Serpente per non essere dominato da lui”. Per penetrare completamente il senso di queste domande e di queste risposte, definiamo innanzitutto cosa è questo Serpente che tutte le religioni mettono all’ inizio dell ‘evoluzione umana come “il più sottile ed astuto degli animali”.

Il Serpente, per la sua agilità, significa una forza fluida ed adattabile, suscettibile di ritornare su sé stessa per formare il cerchio dove chiude ogni altra figura. E’ questo il significato della parola con cui la Genesi qualifica il Serpente: Nahash, che è esotericamente l’ attrazione di sé per sé, l’ egoismo, o, meglio egotismo, perché l’egoismo è esclusivamente un difetto, mentre nell ‘ egotismo c’è la necessità di occuparci di noi stessi, non fosse altro che per durare, mantenere la nostra vita fisica e morale, alimentarci: evolversi.

Quando Nahash si presenta a Eva (considerata come la parte sensitiva e volitiva dell’uomo), ciò che propone è di rinunziare alla pace felice del Paradiso Terrestre dove l’ Umanità vive senza timore e senza responsabilità, di rinunziare a tanto per cercare la sua salvezza con le proprie forze, a suo rischio e pericolo. “Felice errore” – dice Sant’ Agostino che ha condotto il Figlio di Dio, il Verbo ad incarnarsi, a prendere sembianze umane, per rendergli la sua originaria dignità. Naturalmente, il Serpente bussa a quella porta che si aprirà più facilmente. Non va a chiedere alla fredda e severa Ragione di lasciare un bene tranquillo e che è conosciuto per cercare la pericolosa avventura dell’evoluzione. E’ solo il sentimento che è suscettibile di una uguale attrattiva; è questa parte di noi stessi, che chiamiamo subcosciente, quella che ci conduce, a seconda del fatto se la dirigiamo o se ci facciamo dirigere da lei, verso i più alti entusiasmi o verso gli errori più grossolani. E’ per questo che, quando l’anima dell’Egizio è pesata dopo la morte, in presenza di 42 giudici, sotto gli occhi dell’ Osiride nero, l’ infelice implora non il suo spirito che ha potuto restare impavido e puro, ma la parte sensibile e sentimentale del suo essere: “Il suo cuore, il suo vero cuore, ciò che gli viene trasmesso da sua madre”. E’ l’essere istintivo ed impulsivo che bisogna estirpare costantemente alla parte del mondo astrale che i filosofi indù chiamano, così giustamente, Kama Loka, il luogo del desiderio.

Soltanto che – ed è ciò che ci differenzia enormemente da queste filosofie- esse considerano tutto il desiderio come impuro, tutto il sentimento come dannoso, mentre al contrario, stimiamo che tutto il sentimento elevato è la via più sicura per condurci su piani superiori, e che tutto il bene che viene dall’ Amore ritorna all’ Amore, che è quindi lo Spirito Santo. Questo Kama Loka, questo mondo del desiderio, che è anche il mondo delle immagini e dei miraggi, è il mondo del serpente, e le sue energie sono sottomesse all ‘ uomo, quando egli ha sottomesso ad una stretta direzione questo “cuore che gli viene da sua madre”, questo cuore che deve obbedire alla ragione, pur aggiungendogli le ali, così come un buon cavallo obbedisce al suo cavaliere, pur quando sembra abbandonarsi al piacere della sua fantasia. Ci troveremo dunque in presenza di un mondo fluido, mobile, instabile, che la nostra volontà può modellare in certa misura, ma soltanto quando è completamente agguerrita contro la potenza incantatrice dei suoi miraggi.

E’ giusto questa la differenza che viene da noi stessi, questa necessità di vincere o di essere vinti che ci fa capire talmente le immagini, e le differenze tra loro, dell ‘ antico serpente, simbolo contemporaneamente della stregoneria e della medicina, della colpa e del riscatto. E’ per questa mutabilità, questa versatilità costante, il serpente si apparenta a Mercurio; il trasformatore, l’essere magnetico per eccellenza, il Dio che conosce le parole e può insegnarlc, guida a volte insidiosa ma sempre potente, che bisogna dominare con scioltezza, e da cui l’emblema, come lui doppio e come lui salutare a chi sa comprendere il caduceo, il doppio serpente arrotolato attorno al bastone alato.

Si ricorda che il caduceo tronco fu trovato quasi fortuitamente da Mercurio. Un giorno che passeggiava tra le belle strade della Grecia vide due serpenti che si combattevano: gettò su di loro per separarli la bacchetta che aveva tra le mani e i serpenti si arrotolarono attorno la bacchetta e forrnarono il caduceo che incorona un paio d’ ali.

Notate del resto che le ali, in tutte le manifestazioni di Mercurio, non fanno mai parte integrante della sua penona. Sono attaccate al suo cappello, al suo caduceo, ai suoi talloni, ma non alle sue spalle.

E’ che, giustamente, queste ali sono le forze che il desiderio dove la volontà aggiunge all ‘agente magnetico e magico, facendolo servire ai nostri interessi, alle nostre passioni (ali inferiori) dove sono meno rigide, grazie a lui, nelle sfere superiori dell ‘ astrale, le forze che poterono essere sottomesse alla luce, alla scienza, al ritmo: materia dell’opera d ‘ arte, dell ‘utile scoperta, dell ‘ insegnamento perfetto. In questo caso il Serpente diventa l’ agente del legame tra Hereb il Corbo e Giona la Colomba, tra il tempo e lo spazio. Diventa il Ritmo, il Cerchio alato che fa girare i mondi nella sua orbita mobile e danzante .E questo ha voluto simbolizzare il genio fiorito della Grecia facendo inventare la Lira d i Mercurio, facendogli inventare lo strumento magico che misura senza deformare la parola umana nell ‘inerte corazza della tartaruga; perché non è di ostacolo per il ritmo che, lontano dal voler sfuggire la resistenza, come dicono le attuali scuole d’arte, la ricerca e la domina; perché non si può far affidamento effettivamente se non su ciò che si può reggere . Se guardiamo con attenzione il significato del mito, constateremo che i due serpenti sono il riflesso l’uno dell’altro che la bacchetta del caduceo è l’alta ragione dell ‘ inizio che domina ed equilibra le forze avverse per condurle alla realizzazione dell’opera: “Ciò che è in alto e come ciò che è in basso; disse Ermete nella Tavola di Smeraldo; ciò che è in basso è come ciò che è in alto per la realizzazione della cosa unica”. E se le sappiamo comprendere, queste parole riassumono da sole tutti gli insegnamenti dei Saggi.Ma, questo mondo astrale che sarà il domani del Serpente, possiamo considerarlo ciecamente come il nostro proprio domani e pensiamo che potremo corrervi secondo le nostre fantasie? No, mille volte no.

Prima che le sue porte ci siano aperte, le antiche iniziazioni avevano saggiamente stabilito delle prove dure e difficili il cui scopo era di dare al futuro adepto la perfetta padronanza del proprio subconscio.

Non occorre che il visitatore del mondo astrale, lanciatosi sconsideratamente su questa terra sconosciuta, diventi la preda delle sue incitazioni fallaci. Gli benevoli dei degli antichi, che non sono altro che l’ombra di Dio, avevano piazzato alla soglia del mistero un essere terribile che è stato confuso con Nahash: il Guardiano della Soglia.

Ma il Guardiano della Soglia non è proprio il serpente, maestro del mondo delle immagini; è solamente l’ immagine realizzata del nostro proprio pensiero, dei sentimenti che ci animano, del nostro terrore, del nostro odio, del nostro amore, della nostra carità, a seconda che è l’uno o l’altro di questi sentimenti che ci trascina su questa terra mobile. E’ per questo che le descrizioni sono così profondamente differenti che ci sono state fatte dell ‘essere così chiamato. La maggior parte degli uomini vedono in lui un sinistro spaventapasseri. Basta leggere Zenone per sentire quali spaventi può portare ai curiosi, ma per il santo, per l’ispirato, per chi si sente condotto da una forza buona, dall ‘ amore e dalla pietà, questo Guardiano della Soglia è un angelo di Luce, l’angelo Anael, il maestro della forma.

Alla soglia del mistero regna il guardiano, affinché sia ancora offerta ana possibilità agli imprudenti di tornare indietro in tempo prima di lanciarsi nella loro perdita. I malvagi non si fermano per così poco.

Non hanno saputo vedere che una immagine orrenda e terri bile e, non potendola vincere poiché soli, l’amore, la fede ed il ritmo la dominano, si sono prostrati davanti a questa immagine, l’hanno adorata, ne hanno fatto il Diavolo, maestro di incantesimi e di filtri, ignorando o volendo ignorare che ha degli incantesimi di bontà e dei filtri di amore santo. Non hanno voluto ricordare che prima di essere “il Diavolo”, colui che ha lasciato la retta via per essere “buttato ai margini”, era l ‘ Angelo più bello, Lucifero il portatore di luce, che ha lasciato il cielo per una propria volontà, per il suo insormontabile orgoglio, che ha rinunziato ad ogni cosa per pronunziare il riprovevole “non servirò”.

E tuttavia, se sappiamo comprenderlo, il mondo asfrale ci è aperto e, se vi penetriamo con cuore e mani pure, dimenticando la nostra propria volontà ed il nostro bene personale per conformarci alla norma, questo possesso è il mezzo di rendere all’Umanità il suo posto originario, di renderle il Giardino dell ‘ Eden perché. questo mondo del Desiderio, è appunto il Paradiso Terrestre che dobbiamo riconquistare con una volontà pura per entrarvi, obbediente al ritmo con una conoscenza piena, al mondo superiore che ci siamo chiusi. Questa adesione tranquilla, questa assunzione di uno spirito vergine portato sulle ali degli angeli. è malata e siamo obbligati, se ci auguriamo realmente di raggiungerla, di rinunziare completamente a delle cose che ci sembrano molto piacevoli. E’ per questo che la maggior palte della civiltà hanno considerato il serpente, immagine del mando astrale, come un dio malvagio e terribile, il maestro della magia distruttiva. Il rimpianto Edouard Schurè ci mostra, nel suo studio su Krishna, il dio solare, incamazione di Vlshnù, in lotta con Nysumba. Regina dei serpenti, che tiene prigioniero dei suoi prestigi il re nero, cui il paese è sottomesso. Quando l’eroe uccide il serpente, la strega perde la sua bellezza ed il suo potere: è la volontà distruttrice scacciata dal genio chiaro delle altezze. E’ con lo stesso sentimento che la tradizione ebraica ci mostra due serpenti molto inferiori a Nahash, ma insidiosi come lui e incontrati più frequentemente. Uno è Lilith, la serpe tortuosa che ha pervertito i cuori e le anime con la voluttà e che ha prosciugato nei piaceri impuri le energie dell’essere e della razza; l’altro è Samael, it serpente insinuante, che ha inondato di odio e di vendetta il cuore dell ‘umanità.

Entrambi sono forme dell ‘ astrale, forze malvagie che deviano dalla retta via il cuore dell’uomo, che lo riempiono di vibrazioni negative per sottometterlo alle dissolute passioni. E’ già la concezione di una razza molto dotta e civilizzata, ma i primitivi hanno anche del serpente una paura, una impressione che dimostra che, fin dai primi tempi, si è visto come molto misterioso questo strano animale. In effetti, cosa dovette pensare il primitivo abituato a lottare contro gli esseri formidabili quando conobbe un così piccolo strisciante che debole, senza risorse, senza armi apparenti uccide con un morso così leggero? Cosa più singolare, quest’essere cade in un sonno così profondo simile alla morte, quando si risveglia, rigettando la sua vecchia pelle diventata troppo snella, appare, luccicando e sibilando come una spada, forte di una nuova giovinezza. Lo si vede alimentarsi raramente, sembra che non debba mai morire. Così colui ” che prende senza mani e cammina senza piedi” ha l’aria di un animale fatato. Senza cercare da dove viene la sua potenza né a cosa corrisponde è diventato il simbolo di tutto ciò che è segreto, profondo e terribile. La lotta è aperta tra la donna ed il serpente e l’esito di questa lotta non ci può essere nascosto. Verrà il giorno quando il sentimento guidato dalla ragione, Eva sostenuta da Adamo, gli schiaccerà la testa. Questo fatto di schiacciare la testa del serpente è dappertutto il simbolo delle opere della luce. Ercole, nel quale si magnifica la fatica umana, schiaccia le teste dell’ idra di Lerno. Allo stesso modo, Apollo rompe la testa del serpente Pitone. Ma lui, che è un dio , non sottomesso come Ercole ai limiti delle forze umane, non uccide appunto il serpente ma lo sottomette al suo potere, I utilizza nelle proprie forze, ne fa l’ispiratore della Pitonessa, della veggente che porterà a tutto il mondo civilizzato gli ordini e gli insegnamenti del dio per mezzo dell’oracolo di Delfi, il luogo più santo della terra. Cosa che apparirà singolare, se non sappiamo che tutte le Iniziazioni erano in rapporto costante e si intrecciavano armoniosamente, i libri mosaici danno agli spiriti divinatori lo stesso nome che i libri greci. E’ da uno “spirito di Pitone” che è ispirata la divinatrice di Endor: sono le streghe che si servono nei loro lavori dello “spirito di Pitone” che colpiscono le leggi di Mosè. Queste leggi ci fanno comprendere che erano gli spiriti cui era vietato rivolgersi. Sappiamo che la Pizia di Delfi era seduta su un treppiede esposto davanti all’ingresso di una caverna in cui lavorava nelle profondità della terra. Sono gli spiriti dei morti, gli spiriti sotterranei che evocano le streghe colpite da maledizione. Ed è impossibile non raffrontare il loro nome all”‘ob” di Reichenbach, I ‘ astrale passivo, la luce blu, il mondo dei disincarnati. La strega si chiama l”‘aoboth”. Mosè disse nel modo più categorico: “Non lascerete vivere l’aoboth; sarà lapidata fuori dal campo”. L’aoboth è molto semplicemente un medium od incorporazione. Ciò ci sembra molto rapido. ma dobbiamo ricordarci che Mosè, guardiano della razza, della tradizione di un dio unico usciva come liberatore delta terra d’Egitto e che aveva a temere il culto dei morti, dell’Osiride sotterraneo, di tutte le potenze nere che era necessario evitare immediatamente. E questi ordini, molto spesso trasgrediti, non furono mai aboliti. E’ in base a queste leggi che Saul proibisce di consultare le pitonesse, perché, e andando lui stesso a consultarne una, le ordina di evocare l’ anima di Samuele da cui apprende di essere maledetto, che la sua razza è respinta e che lui l’indomani morirà vinto. In Africa le streghe indigene portano Io stesso nome. Il mago nero è l’obi e la strega è l’obbeyab; entrambi portano su di loro la pelle del serpente e ne auspicano la forza. Lanciare l’obi contro qualcuno vuol dire scatenare contro di lui gli spiriti impuri, lanciargli contro, come si chiama in termini magici, il maleficio al suo spirito.

Cioè si fa tormentare la vittima dallo spirito di un disincarnato giudiziosamente scelto tra quelli che sono ancora molto bassi sulla scala della loro evoluzione, proprio per ad agire di conseguenza sul piano fisico, e che conservano ancora abbastanza forza per servire le nostre passioni ed i nostri desideri. Inoltre, questa forma di maleficio ha il vantaggio di sottrarre in parte la strega ai rischi del contraccolpo.

Trasferita dall’ Africa in America tramite gli infelici schiavi negri, l’obi non ha per niente perduto il suo potere; è diventato il papetto del Vudù. Il vudù è il culto del serpente, culto spaventoso, in quanto è deformazione delle antiche iniziazioni. Non vede altro che l’odio – anche legittimo che un odio può essere – dei bianchi che sradicano i negri dalla loro patria per farli servire alle opere della loro ambizione e della loro avidità. ln una radura nei boschi, di quei boschi che sono sempre stati il rifugio dei fuorilegge, del perseguitati, si radunavano i negri. Una gabbia di vimini solidamente contiene un grosso serpente, il serpente sacro, il signore diavolo. E lui, il dio del bambino, che significa allo stesso tempo il bambino ed il caprone – e che non è sempre il caprone ma “il caprone senza corna” – che viene sgozzato. Le sue viscere sono divorate dal semente; il suo sangue mescolato col rhum forma la bevanda con cui si comunicano tutte le detestabili formule necessarie, con degli oggetti che erano appartenenti a coloro su cui si vuole “lanciare l’obi”, il terribile maleficio. Delle danze frenetiche delle strane preghiere accompagnano il sacrificio, ma è il sacrificio del bambino al serpente che costituisce il punto centrale della cerimonia, il sacramento diabolico degli adepti del vudù. Da dove provengono questi riti atroci’? Vengono dagli Atlantidi? Può darsi; gli antichi messicani offrivano al dio serpente Witriliputzli il cuore dei ragazzi in odio al Sole, perché il dio serpente era un dio nero, una divinità eoniana. Viene dall’Egitto e l’ Egitto le ha date in prestito alla razza nera? Non è impossibile Ecco in ogni caso una imprecazione egiziana che accompagnava i riti di maleficio. Si indirizza a Ophon-Sith: “O tu che odi perché sei stato scacciato, io ti invoco: sovrano molto potente degli dei distruttori e sterminatori, tu che scrolli tutto ciò che non è vinto! Io ti invoco, o Typhon-Sith! Vedi: compio i riti prescritti per la magia. E con il tuo vero nome che ti chiamo. Vieni dunque a me apertamente, perché tu non possa rifiutarmi. Ed anch ‘io odio quella casa che è ricca, quella famiglia che è felice. Attaccala, e rovesciala perché mi fa ingiuria”. Non è senza interesse confrontare i termini di questa imprecazione con il saluto degli gnostici Albigesi, i Catari perseguitati: “Che colui cui è stato fatto torto ti saluta”.•

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