IL RITO DEL FUOCO
di
Alfredo Di Prinzio
Da cacciatore di selvaggina, mi convertii a cacciatore di immagini della Natura.
Ad ogni week-end che si rispetti, preparo i miei attrezzi otografici e, secondo un rito ormai consolidato, m’incammino tra i boschi per scoprire i segreti della Natura.
Quella domenica, era il 21 marzo, mentre camminavo tra gli alberi, qualcosa mi diceva che avrei fatto, quel giorno, delle fotografie inconsuete. E così fu. Mi trovai, ad un tratto, in mezzo ad una radura di forma circolare: un cerchio perfetto entro il quale non cresceva nulla. C’era solo terra. così piatta da sembrare battuta o calpestata.
Il cerchio era delimitato da un cordone di pietre levigate perfettamente. Le pietre erano 72 in tutto. Le avevo contate, ed al centro del cerchio vi era una roccia, anch’essa piatta e squadrata, di media dimensione. L’oriente era segnato con un piccolo masso, mentre ad occidente si apliva un sentiero stretto e lungo che portava nel folto del bosco.
Non c’era alcun dubbio che tutto quello fosse opera umana: il luogo, mi attirava e m’ intimoriva al tempo stesso.
Solo quando la luce s’affievolì, scomparendo tutto d’un tratto per lasciare il posto alle tenebre della notte, m’ accorsi del tempo trascorso. Alzando lo sguardo. notai come la volta stellata, spuntando tra le cime degli alberi, sembrasse come una specie di tetto per quell’edificio naturale. Ma la cosa più sorprendente fu il cambiamento che avvenne all’interno della radura: alla luce delle stelle, sembrava che tutto fosse vellutato. Poi. udii il silenzio che avvolgeva la radura: tutti gli animali. grandi e piccoli. si erano zittiti di colpo nell’attesa di qualcosa.
Il mio istinto di cacciatore mi consigliò di trovarmi al più presto un nascondiglio. Così feci. Mi nascosi tra i rami di un albero, in modo da poter osservare tutta la radura.
Passarono attimi che mi sembrarono eterni. ed alla fine qualcosa successe: due fanciulle bellissime, vestite di bianche tuniche, incoronate da ghirlande fiorite. entrarono nel cerchio.
Preparai la macchina tOtogratica, montando un teleobiettivo potente. e riinasi nell’ attesa. Le seguii con lo sguardo, senza perdere nemmeno uno dei loro aggraziati movimenti: si muovevano così dolcemente da sembrare sospese nell’ aria, mentre collocavano strani oggetti certamente necessari per officiare un rito.
Le due fanciulle, ad un certo punto, disposero sulla bianca pietra centrale un mantello bianco dai bordi rossi e, su di esso, al centro, un gran vassoio dorato in cui erano disposti dei piccoli tronchetti di legno e un incensiere acceso. Immediatamente dopo, esse versarono qualcosa che non riuscii a distinguere, e dall’incensiere si sprigionò un fumo bianco e profumato. Entrambe, una dietro l’altra, girarono attorno al cerchio reggendo l’incensiere. formando un anello di fumo che presto si alzò fino alle stelle. Fu allora che m ‘accorsi .della luce che andava diffondendosi nell’ ambiente circostante. nonostante le tenebre della notte. Era verdastra quella luce.
ottima per scattare fotografie, e così mi accinsi a scattare le prime immagini. ln un attimo le fanciulle scomparvero e, malgrado scrutassi attentamente la radura, della loro presenza non rimase alcuna traccia. Frattanto, sentii provenire dal profondo del bosco una dolce cantilena che andava sempre più aumentando con trascorrere del tempo, finche una fila di personaggi, con strani copricapo, tutti vestiti di bianco, spuntò dal sentiero d’ occidente. Le lunghe e candide tuniche bianche conferivano ai loro movimenti la stessa leggerezza e la grazia che avevano contraddistinto le fanciulle che li avevano preceduti. Essi, sembravano galleggiare, sospesi nel vuoto, a pochi centimetri dal suolo. Notai che essi – erano in tutto 72 – procedevano in fila, secondo l ‘ età, e l’ ultimo, doveva certamente essere il più vecchio.
Dopo aver completata, in processione, la rotazione del cerchio, si sedettero uno dopo l’altro e l’ultimo, il più vecchio, sulla pietra che segnava l’oriente. M’ accorsi, subito dopo, che ricomparvero le due angeliche fanciulle: la prima, seduta accanto al vecchio, ad oriente, e l’altra ad occidente. Entrambe, impugnavano un regolo.
Ad un certo momento, un vecchio mezzo curvo accese tre candelotti disposti a triangolo al centro del cerchio, che prima non avevo notato. Completato il rituale dell’accensione, tutti si alzarono in piedi ed iniziò, tra loro, un intenso dialogo.
Parlavano una lingua sconosciuta, e per quanto ce la misi tutta per capire quel che si dicevano, non riuscii a comprendere una sola parola. Scattai quante più foto potei, cercando di non perdere niente. Ad un tratto, il vecchio si alzò dal suo scranno di pietra e, avvicinatosi al centro, appiccò alla pila di tronchetti posti sul vassoio dorato, sulla pila centrale. Tutti si alzarono, e potei così vedere i loro volti illuminati dal fuoco. Ero veramente emozionato. anche perché non riuscivo a spiegarmi come mai un evento così eccezionale fosse capitato a me.
Il vecchio intonò, alzando le mani al cielo, e sempre davanti al fuoco, un canto melodioso in quel linguaggio alieno. Guardando il volto bello del vecchio, la cui l’età era pari al suo linguaggio, avvertii un ‘ accelerazione del flusso sanguigno sentendomi pervaso da un ‘emozione sempre più crescente. Il fuoco sembrava danzasse, seguendo intelligentemente la melodia, e creando bizzarre ed ipnotiche figure. Rispondendo ad un segnale convenuto, tutti si avvicinarono al fuoco ed ognuno, a turno, prese una fiammella ponendosela sul capo. Calò il buio, e nell’ oscurità vidi chiaramente risplendere le settantadue fiammelle che, muovendosi quasi danzando, disegnavano strane geometrie.
Non so per quanto tempo, rimasi stupito ed incantato dalla magnificenza di quello spettacolo, tanto, però, da non accorgermi che il cerchio era tornato nuovamente vuoto. Solo una lieve penombra era rimasta a testimoniare la luce di poco prima. Ci vedevo appena e, per paura, continuai a guardare ed aspettare. Trascorse molto tempo, prima che mi decidessi a scendere dal mio osservatorio, per fuggire serrando ben stretta la macchina fotografica col prezioso rullino.
Raggiunsi la macchina, avviandomi verso casa pregustando lo sviluppo delle foto che avevo fatto. Freneticamente avviai tutte le procedure per lo sviluppo dei negativi. Li sviluppai e.. .con gran sorpresa, m’ accorsi che nulla di quanto avevo visto era rimasto impressionato. Era come se avessi scattato delle foto al buio.
Mi domandai, allora. se tutto quanto avevo vissuto non era stato un sogno. Risalii sull’auto e ritornai verso il bosco. Dopo averla parcheggiata, rifeci a piedi il tratto già percorso, fino all’osservatorio da cui avevo seguito lo strano rituale. Nel bosco, non v’era più traccia della radura, né tantomeno del cerchio, e di quegli strani esseri che prima l’avevano popolata. . ..