IL RUOLO DELLA SCIENZA E DELLA CULTURA NEL MONDO DI DOMANI
di
Baldo Conti
Introduzione
Il presente contributo, sul futuro ruolo della scienza e della cultura, non sarà certo dei più facili, almeno se si vuole “rimanere” con i piedi in terra, senza sconfinare nella retorica e nel “già detto”, ma cercherà comunque – nei limiti del possibile – di essere un concreto ed originale aiuto per la soluzione dei nostri travagli esistenziali, non certo “gratuiti” e fittizi, come un esclusivo fatto culturale, ma effettivi. Contemporaneamente il nostro impegno sarà anche quello di non far stancare e distrarre i lettori più del necessario, considerata anche la presunta astrusità dell’argomento non da tutti facilmente “digeribile”
Come sempre, in qualsiasi contesto ci troviamo, occorre definire fin dall’inizio e mettersi d’accordo sul significato che si intende dare alle nostre parole. In questo caso è d’ obbligo chiarire cosa si intende per “scienza” e cosa per “cultura”. Spesso riteniamo di conoscere sufficientemente bene il significato delle parole che usiamo, ma in frequenti occasioni siamo costretti a registrare la nostra “ignoranza”, in altri contesti riteniamo che il significato che noi diamo ad un termine sia lo stesso dei nostri interlocutori, ma non sempre è così e molte delle incomprensioni e delle discussioni derivano anche da una differente interpretazione dei significati di parole e concetti. Per “scienza” (dal latino “sapere”) dobbiamo intendere il risultato di operazioni del pensiero come oggetto di codificazione su piani teorici ed applicativi in ambito pratico; conoscenza esatta e ragionata acquisita grazie allo studio ed all’esperienza; insieme di discipline essenzialmente fondate su calcoli ed osservazioni; complesso organico e sistematico di conoscenze di cui si dispone intorno ad un determinato ordine di fenomeni. In sintesi, possiamo definire la scienza quell’insieme di cognizioni che abbiamo la possibilità di acquisire in base allo studio, all ‘osservazione ed all’esperienza diretta e risultanti da precisi calcoli e deduzioni su fenomeni di varia natura posti anche su molteplici livelli.
Per “cultura” (sempre dal latino, “culto”, “cultura”) dobbiamo intendere invece il complesso armonico delle cognizioni di una persona, formato dalla propria sensibilità, dalla propria esperienza, da tradizioni, procedimenti tecnici e tipi di comportamento; tutto ciò che concorre alla formazione individuale sul piano intellettuale e morale ed all’acquisizione della consapevolezza del ruolo assunto nella società; “patrimonio” di conoscenze. In sintesi, la cultura è il nostro bagaglio spirituale, appreso o tramandatoci, è il substrato indispensabile alla nostra vita materiale ed intellettuale, è l’origine ed il punto di partenza del nostro comportamento e della nostra morale, è il nostro patrimonio proprio nel senso di ricchezza interiore ed è anche l’unica nostra “vera” proprietà che nessuno ci potrà mai usurpare, e tutto questo sia a livello personale sia come popolo sia come etnia.
Stabilito il significato da dare a “scienza” e “cultura” – e su questo almeno, c’è da ritenere, dovremmo concordare tutti, perché le definizioni sono un fatto di lingua e non sono un’opinione ed in ogni caso è questo il significato attribuito in questo nostro contesto a questi due termini – addentriamoci un po’ più profondamente nell’esame del problema posto, non perdendo mai di vista il fatto che siamo massoni, ma anche “italiani”, con tutti i nostri pregi ed i nostri, e non sono pochi, difetti. Di conseguenza nel corso del nostro esame dovremmo dimostrare, più che altro a noi stessi, anche di essere uomini liberi e di buoni costumi, aperti alle novità e proiettati nel futuro, non troppo ancorati e schiavi del passato e delle tradizioni che spesso sono un substrato insostituibile ma anche un peso dal quale è difficile liberarsi, non afflitti da pregiudizi e da preconcetti, lontani da integralismi e da dottrine dogmatiche di qualsiasi tipo, ma sempre animati invece da quell’indistruttibile senso di civiltà e di miglioramento individuale e collettivo che dovrebbe distinguerci, disposti sempre fraternamente verso il prossimo che, ricordiamolo, non è composto solo dall’uomo ma da tutto ciò che ci circonda e che comprende animali, piante e tutta la natura, “inanimata” compresa.
Come in ogni ricerca seria che si rispetti, prenderemo prima in considerazione il ruolo della scienza e poi quello della cultura, secondo l’ordine della loro apparsa nel titolo, accennando per forza anche un po’ al nostro passato ed al nostro presente, e successivamente trarremo le nostre conclusioni se riusciremo ad individuarne qualcuna, con l’augurio di poter stilare una bozza di comportamento da utilizzare in un eventuale futuro anche se, di questo prossimo terzo millennio, i più fortunati di noi riusciranno ad intravederne solo l’inizio. Ma come già affermato in altre occasioni ciò che conta è stabilire la nostra “buona rotta” e proseguire nella direzione che riteniamo giusta senza preoccuparci troppo di quanta strada riusciremo a poter percorrere.
La scienza
Abbiamo accennato in precedenza che possiamo definire la scienza come quell’insieme di cognizioni che abbiamo la possibilità di acquisire in base allo studio, all’osservazione e all’esperienza diretta e risultanti da precisi calcoli e deduzioni su fenomeni di varia natura posti anche su molteplici livelli. E vediamo il perché. Fin dagli albori della storia umana che conosciamo, ma sicuramente anche molto prima dell’epoca “storica”, I ‘uomo si è sempre confrontato con la ricerca e la scienza e si presume, spesso, anche senza rendersene conto. La “scoperta” della ruota e del fuoco, la fusione dei metalli, l’utilizzazione della forza di gravità, la selezione delle razze animali per allevamento – ma potremmo fare un elenco molto lungo – sono stati un approccio empirico al mondo scientifico del quale l’uomo primitivo ne ignorava presumibilmente anche I ‘esistenza come già detto.
Le varie “discipline” furono ancora indagate ed approfondite, ma potremo dire sempre in maniera per noi oggi “superficiale” ed approssimativa e non certo sistematica, fino ad arrivare a Galileo Galilei (1564-1642) che – con i suoi studi di geometria, astronomia e fisica – può senz’altro essere considerato il primo ed effettivo scienziato “moderno”. Con lui ebbe inizio infatti l’attuale metodo sperimentale che ancor oggi è di base a qualsiasi tipo di ricerca scientifica e che sicuramente lo rimarrà per molto, molto tempo ancora. Partendo da Galileo e dalla sua teoria del “sistema eliocentrico” si è avuta una vera e propria esplosione nella ricerca e nella sperimentazione in tutti i campi e, con l’aiuto della tecnica a disposizione, sono state raggiunte mete impensabili, specialmente in questi ultimi anni, nella chimica, nella medicina, nella fisica, nelle conquiste spaziali e nelle discipline scientifiche in generale.
La visione galileiana della natura ci ha aperto le porte verso un mondo nuovo, immenso nei confini e nelle esperienze, senza limiti nel tempo e nello spazio e quindi senza limite in tutte le direzioni. L’uomo in breve tempo si è riscattato dalla fatica, in parte dalla “paura” ed ha raggiunto una posizione di supremazia nei confronti di tutto il resto del creato. Anche se il sogno di poter “dominare” la natura rimane fortunatamente ancora un sogno, l’uomo si trova comunque davanti un futuro fitto di incognite, di interrogativi e di nuovi tipi di paure. Il timore di non poter disporre pienamente dei “giocattoli” che si è costruito, che qualcosa possa sfuggirgli di mano, che non riesca a conoscere fino in fondo ciò a cosa potrà andare incontro con le sue “scoperte”, lo rendono parzialmente dubbioso, interdetto ed impaurito.
Per questa ragione ampi dibattiti si sono aperti sull’opportunità di proseguire alcuni tipi di ricerca ed in questa controversia, a torto o a ragione, si sono inserite forze politiche, industriali e religiose. Ma forse qui, qualcosa non è stata veramente afferrata nel senso giusto: il principio di scienza e ricerca cosiddetta “pura” in contrapposizione all ‘utilizzazione pratica dei loro risultati. Vediamo perché. Innanzi tutto c’è una distinzione doverosa da fare ed è quella di dividere la ricerca “pura” appunto da quella “applicata”. Per pura si intende la ricerca “fine a se stessa”, per esempio: il matematico che risolve un problema astratto di formule e che si era posto il problema “gratuitamente” senza alcuna “necessità” (anche se in seguito la soluzione potrà avere un ‘applicazione pratica), lo studio di Galileo sulle oscillazioni di un pendolo, perché incrociando una gallina bianca ed un gallo nero abbiamo dei pulcini bianchi, altri neri, ed altri ancora bianchi e neri (o grigi) in numero costante e sufficientemente prevedibile. Per applicata si intende invece quella ricerca che viene appositamente finanziata con uno scopo preciso ed al fine di ottenere dei risultati che diano un utilizzo immediato e remunerativo come la produzione di un antiparassitario utile ad un certo tipo di pianta, la possibilità di mettere in commercio un antibiotico specifico per un certo tipo di malattia, la costruzione di un razzo e di un satellite per I ‘utilizzazione nelle telecomunicazioni. Ed in genere, come già accennato, questo tipo di ricerca è sempre sostenuto finanziariamente perché dia risultati immediati, attesi ed utili, altrimenti l’appoggio ed il finanziamento decadono.
Quasi sempre – specialmente per coloro che non sono “addetti ai lavori” – c’è una grande confusione di idee in proposito. In genere non si riesce mai a distinguere le differenze esistenti tra i due “sistemi” che pure appaiono macroscopiche, ma si ritiene invece, erroneamente, che siano la stessa cosa, che la scienza e la ricerca scientifica siano di un unico tipo. Ma non è così.
La ricerca pura dovrebbe essere “intoccabile” in quanto porta sicuramente avanti l’umanità nel suo processo evolutivo, tende esclusivamente ad appurare le ragioni di alcuni fenomeni altrimenti inspiegabili, soddisfa fino “a prova contraria” con il supporto di teorie ed ipotesi e, diciamolo pure, anche con la filosofia, tutte le curiosità ed i problemi che l’uomo si pone sia in ambito materiale sia spirituale.
La scienza o ricerca applicata è ben altra cosa. E’ l’utilizzazione parziale di alcuni risultati della ricerca pura, è finanziata e finalizzata esclusivamente per scopi precisi quasi sempre commerciali, spesso intacca certi tipi di “morale” in quanto produce qualcosa che “disturba” (specialmente da un punto di vista economico) alcune classi o “caste” di cittadini, cerca esclusivamente un utile non essendo altro che un tipo di “investimento” a carattere finanziario.
E’ evidente che, esclusi per ragioni ovvie, coloro che sono interessati direttamente in imprese di ricerca finalizzata in senso applicativo, l’unica “scienza” che noi, come massoni, dobbiamo prendere in seria considerazione è solo quella pura che è a noi amne e risponde più ai nostri ideali ed alla nostra ricerca interiore. L’altra, l’applicativa, potrà coinvolgerci solo marginalmente ed in ambito profano (è più un qualcosa che riguarda professionalmente i tecnici, i medici, l’industria) e solo nel caso in cui provochi effettivamente dei traumi sociali e non ci costringa a fare un calcolo di spese e ricavi.
Ma ricordiamola sempre questa distinzione. La scienza “pura” – come dice appunto il termine – è pura, è composta di idee, di “buone” intenzioni, di progresso conoscitivo, di filosofia, di intuito, è un processo creativo e di conseguenza anche artistico, quindi non “criticabile” come principio e come “servizio” che rende a tutta l’umanità.
La cultura
Come indicato nell ‘Introduzione la cultura è il nostro bagaglio spirituale, appreso o tramandato che sia, è il substrato indispensabile alla nostra vita materiale ed intellettuale, è I ‘origine ed il punto di partenza del nostro comportamento e della nostra morale, è il nostro patrimonio proprio nel senso di ricchezza interiore ed è anche I ‘unica proprietà – come già detto – che nessuno ci potrà mai portare via, e tutto questo sia a livello personale sia come popolo e come etnia. Ed anche qui vediamo perché. Innanzi tutto dobbiamo accennare al fatto che secondo alcuni studiosi è possibile distinguere la “cultura” umana (e quindi animale) sotto molteplici modalità, ma almeno tre sono gli aspetti principali: (l) cultura di origine “genetica”, cioè ereditata insieme al nostro corredo cromosomico ed a tante altre cose utili, dove non è concesso ad alcuno di poter intervenire (salvo forse oggi a seguito di operazioni di ingegneria genetica o di mutazioni imprevedibili); (2) cultura tramandataci dal nostro “gruppo” e dalla nostra famiglia; e (3) cultura appresa per esperienza diretta.
- La cultura trasmessaci geneticamente potremmo considerarla anche come qualcosa a livello di istinto ed è tutto ciò che noi utilizziamo appena nati e – come già accennato è comune anche a tutti gli animali. Rientrano in questo ambito, per esempio, la ricerca da parte del piccolo del seno materno, il pianto – sempre del piccolo – come “avviso” di qualcosa che non funziona, il carattere che ci ritroviamo, la predisposizione al sorriso o al broncio, e così via, che sono tutti atteggiamenti e comportamenti selezionati nel tempo, nei millenni, e “scelti” dalla natura per essere tramandati nel tempo proprio perché vantaggiosi alla nostra specie (come si usa dire in ambito etologico).
- La cultura tramandaci dal “gruppo” e dalla famiglia in genere, è senza dubbio più efficace secondo alcuni, meno secondo altri (la discussione su questa controversia è senza fine ed è già stata affrontata in Tavole ed articoli) ed è da considerare sicuramente come “cultura di seconda mano”. La ragione è semplice. Come è stato appurato in ambito scientifico il corredo cromosomico di un individuo è un qualcosa di unico ed irripetibile e personale come lo sono, per esempio, le impronte digitali. Ed è inoltre da considerare proprio di seconda mano perché ci è stata “tramandata”, in un certo senso ci è stata proprio “imposta” dagli altri: dalla nostra etnia (intesa come razza, area geografica), dal nostro “gruppo” (nazione, discendenza regionale), dalla nostra famiglia (amici e conoscenti stretti compresi), sotto forma. di usi, costumi, abitudini, tabù, sensi di peccato e di paura, e così via.
- La cultura appresa per esperienza diretta che è quella che dovrebbe essere effettivamente poi la nostra, quella personale, quella che in qualche maniera noi abbiamo scelto ed adottato perché rispondente alle nostre personali necessità. E’ la cultura che abbiamo selezionato nel corso della nostra vita e che ci è costata molta fatica, con grandi o piccole vittorie e grandi o piccole delusioni. E sono proprio le esperienze le più tragiche, le più dolorose e catastrofiche che risulteranno sempre le più utili, indelebili e rimarranno impresse molto bene nel nostro patrimonio culturale, nella nostra memoria, e saranno quindi sempre presenti nell’approccio ad altre esperienze successive.
Tutti e tre questi tipi di cultura formeranno, è ovvio, il nostro cosiddetto “bagaglio” culturale parte ereditato ed in parte costruito – che ci portiamo dietro da sempre, modificabile e modificato tutti giorni, anche se forse non siamo in grado di rendercene conto in modo così evidente. Solo in rare occasi01 ed a certi tipi di “scadenze” (in caso di malattie, di traumi improvvisi, di “sconvolgimenti” di varia origine noi realizziamo che la nostra cultura e noi stessi ci siamo modificati (evoluti) rispetto al passato.
Infine, per la cultura, anche se più difficile forse da individuare, possiamo distinguere – come per I scienza – due tipi di sistemi: quello della cultura “pura” e quello applicativo. Più difficile l’individuazione del suo duplice aspetto proprio perché più labile ed indeciso il confine di separazione anche se, I commercializzazione della cultura assurta a fini industriali dovrebbe essere qualcosa di più evidente tangibile e quindi più facilmente individuabile.
Abbiamo già in precedenza acquisito il principio di cultura nel suo senso “puro” e possiamo dire che la sua parte applicativa è già stata sufficientemente sviscerata quando abbiamo affrontato in passato il problema della “informazione”. L’informazione infatti possiamo identificarla con la cultura “applicata” il quanto non risulta essere altro che cultura “manipolata” a fini socio-politici e quindi commerciali e industriali, ed inversamente, la cultura applicata non è altro che informazione mirata a scopi “profani” ber precisi. E non è quindi il caso di soffermarcisi oltre, anche perché è augurabile che a suo tempo sia stato ben compreso il suo meccanismo.
L’editoria, i film, la TV e tutti le fonti informative sono il supporto necessario a questa cultura. informazione applicativa che non è detto debba per forza essere un qualcosa di negativo, di anti- cultura, di dannoso: sarebbe un pregiudizio pericoloso. Possiamo però fare un identico parallelo come abbiamo già fatto per la scienza.
Conclusione
Dopo tutto quanto esposto, cerchiamo di trarre delle conclusioni adeguate ed utili sia come massoni all’interno dei nostri Templi, sia come uomini comuni proiettati nella nostra società civile e nel futuro e se non altro per l’impegno costante nello studio, nella ricerca interiore e nell’introspezione; ancor più poi, certamente, da quella di cittadino qualsiasi nella nostra società più o meno laica e civile. Innanzi tutto, non sembra proprio che il concetto di scienza e di cultura dovrebbe cambiare nel mondo di domani e forse anche nei millenni successivi. Certo, potranno cambiare i dettagli e le tecniche di acquisizione della cultura e del sapere scientifico, ma i principi essenziali e I ‘esigenza di queste due “discipline” saranno necessariamente immutate. Non vedo come potremmo pensare una cultura ed una scienza differenti da come noi la intendiamo oggi, diversamente la cultura non sarebbe più cultura e la scienza non più scienza, ma sarebbero due cose con significati differenti dagli attuali e quindi presumibilmente anche con definizioni e lemmi differenti.
Quindi, è presumibile, che la funzione della scienza e della cultura continuerà ad essere identica a quella avuta nei millenni precedenti, precedenti anche alla nascita di Cristo, sicuramente. Queste due “intuizioni” umane, c’è da ritenere, rimarranno in vita fino a quando l’uomo rimarrà quello che è, e visto che i suoi cambiamenti “strutturali” e “psicologici” si verificano molto lentamente e nel corso di migliaia se non milioni di anni, la vita dell’uomo dovrebbe proseguire anche nel prossimo millennio “tranquillamente frenetica” ed “angosciata” come si è sviluppata fino ad oggi.
Come abbiamo avuto la possibilità di intuire da quanto affermato in precedenza, due sono i concetti che dobbiamo tenere ben distinti e nettamente separati e non quelli di scienza e di cultura, ma di scienza-cultura “pura” e scienza-cultura “applicata”. I due significati “puri” possono senz’altro essere condivisibili sia dalla nostra Istituzione sia dai Fratelli massoni perché ci portano a considerare ed assumere la storia dell ‘uomo fino ad oggi e sono le premesse per un domani che tutti noi ci auguriamo certamente migliore.
Meno condivisibili e sicuramente meno interessanti da tutti i punti di vista – in antitesi – la scienza-cultura “applicata”, almeno come base di esame e di studio da sviluppare all ‘interno dei nostri Templi. Le vicende umane di vita giornaliera in ambito “profano”, sono molteplici, complesse ed imprevedibili, spesso anche spiritualmente poco interessanti; condotte, finanziate, vendute ed utilizzate nelle maniere più disparate nelle varie società del sistema umano e come già osservato in precedenza, da prendere in veloce considerazione solo in caso di gravi “attacchi” alla integrità della natura e dell’esistenza della vita stessa, oppure solo nel caso nel quale il nostro interesse in ambito profano, ma solo profano, fosse indirizzato verso il sistema applicativo. Ed in questi casi le soluzioni dovrebbero essere tutte ovvie e facili da prendere.
L’umanità affronterà questo nostro nuovo terzo millennio e c’è da credere in maniera non molto differente dai precedenti. Da un punto di vista “economico”, avrà debellato tante malattie ma altre sono già pronte in agguato per sostituirle ed entrare in azione, avrà allungato sì la vita dell ‘ individuo ma a “spese” – come sembra – dei più giovani, si sarà liberato quasi completamente dalla fatica ma dovrà sudare ugualmente nelle palestre, avrà una vita più comoda ma sarà prevedibilmente “disturbata” dalla noia e forse come ci dicono alcune discutibili ma pur preoccupanti statistiche – dall’aumento dei suicidi, si sarà inoltrato ancor più nello spazio su satelliti e pianeti ma forse senza aver compreso ancora la sua posizione effettiva nell’universo e senza aver trovato risposta ai tanti “perché”.
Infine, dal punto di vista definibile “puro” l’uomo, con l’aiuto della scienza, della cultura e di tutte le altre discipline che si è “inventato” – grazie a quelle sue grandi ed uniche doti nel mondo “animale”, che sono la fantasia e la capacità di astrazione – ci auguriamo che possa raggiungere quella “felicità” alla quale ha sempre aspirato e che non è altro poi che il raggiungimento del suo equilibrio interiore, nonostante gli “applicativi” sostengano esattamente il contrario. Il raggiungimento di questo equilibrio è sicuramente un processo che possiamo ritenere individuale, probabilmente già raggiunto da tanti grandi uomini in passato, e comunque raggiungibile solo con la effettiva consapevolezza della propria entità e posizione nel mondo e nell’universo che ci circonda. •
A. Di Prinzio