CIO’ CHE E’ IN ALTO E’ COME CIO’ CHE E’ IN BASSO
Riflessioni sulla Tavola Smeraldina di
Mariano L. Bianca
(direttore di “Massoneria Oggi”)
Nisi argentum vivum mortificetur cum corpore occulto, nil valebit
La Tavola Smeraldina o Smaragdina è un breve testo ermetico ed alchemico di autore ignoto attribuito dalla tradizione ad Ermete Trismegisto e da altri studiosi ad Apollonio di Tiana; il testo venne tradotto nel XIII secolo da un’ opera in lingua araba.
Tra le diverse versioni della Tavola proponiamo la seguente in cui vengono numerate le diverse proposizioni che la compongono:
LA TAVOLA SMERALDINA
- E’ vero e certo che ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere le meraviglie dell’Uno.
II . Come tutte le cose sono e pervengono per mediazione dall’Uno, così tutte le cose sono create per adattazione dall ‘ Uno.
III . Suo padre è il Sole, sua Madre è la Luna; lo porta il Vento nel suo ventre e la Terra è la sua nutrice.
IV. Esso è l’ origine di tutte le perfezioni del Mondo.
V La sua forza è integra una volta che si sia riversata sulla Terra.
VI .Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dal denso, operando con prudenza, sapienza e modestia.
VII Ascende dalla Terra al Cielo e ridiscende in Terra portando con sé la forza delle cose superiori e di quelle VIII Otterrai così la gloria di tutto il mondo e l’ oscurità e l’ impotenza ti saranno lontane.
I X Questo è il più grande di tutti i poteri perché supera quel che è sottile e penetra ciò che è solido.
X. Così fu creato il mondo. Da ciò derivano combinazioni mirabili e meraviglie di tutti i tipi.
XI. Pertanto, fui chiamato Ermete Trismegisto, possessore delle tre parti della sapienza del mondo intero.
XII Questo è quanto ho da dire sull’Opera solare archemica.
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Nella tradizione iconografica il testo del
la Tavola è accompagnato da una rappresentazione simbolica a forma
circolare detta Tabula smaragdina Hermetis, pubblicata per la prima volta nel
1599 accompagnata da un testo poetico esplicativo (Aurei velleris Oder der
Guldin Schatz und Kunstkammer, Tractatus III, Rorschach, 1599). In questo
emblema emetico sono rappresentati simbolicamente i contenuti fondamentali del
testo della Tavola accerchiati dall’ acrostico: Visita Interiora Terrae
Rectificando Invenies Occultwn lupidem (V.I.T.R.I.O.L.). (Quello che viene qui
riprodotto è stato ripreso da Ehrd de Naxagoras, Aureum vellus, Francoforte,
1733, Tomo 11). La presenza dell’ acrostico sta a segnalare la duplicità di
interpretazione: quella specificatamente alchemica, riferita direttamente alla
pratica dell’Opera e l’altra di natura ermetico-esoterica in cui il simbolismo
alchemico accede a una interpretazione in cui gli elementi dell ‘ Opera sono
simboli di pratiche di più ampia natura esoterica che coinvolgono la
trasmutazione della condizione dell ‘uomo.
La Tavola è un testo passibile di diverse interpretazioni e racchiude in una forma ermetica i contenuti essenziali e fondamentali della tradizione gnostico-ermetica. Essa venne chiamata smeraldina in riferimento allo smeraldo considerato come pietra esoterica che non poche volte venne assegnata a Ermete Trismegisto; la tradizione vuole che sotto alcune statue di Ermete vi fosse uno smeraldo; secondo L. Thurneysser (1586) lo smeraldo dona ragione, saggezza e abilità che sono proprio i caratteri tradizionali di Ermete Trismegisto e del dio Ermete. Lo smeraldo con la sua luce apre l’ orizzonte dell’invisibile e per questo è la pietra degli iniziati.
Il testo della Tavola Smeraldina fa parte della tradizione ermetica, che trova la sua ampia esposizione nel Corpus Hermeticum, tradotto da Marsilio Ficino nel 1463 (pubblicato nel 1471), e da allora in poi diventato fondamentale per la comprensione dell’ermetismo tradizionale (pre-medioevale) e per lo sviluppo di quello successivo che portò alla formulazione di diverse tradizioni esoteriche come i Rosacroce, la filosofia naturale, la teosofia e il pensiero massonico. Pur non facendo parte del Corpus Hermeticum la Tavola Smeraldina condensa in diverse proposizioni l’essenza teorica dell’ermetismo gnostico e si presenta come una guida per intraprendere un cammino che permette all’iniziato di conoscere, attraverso il suo intelletto divino, il fondamento di ogni realtà: ciò che di essa è l’inizio e la fine.
In essa è Ermete Trismegisto che parla.
La parte ontologica della Tavola si fonda sul simbolismo dello specchio che era centrale alla tradizione ermetico-gnostica e che venne ripreso, in modi diversi (colori, luci prismi), da teosofi come Jacob Boheme.
Lo speculum va inteso nel senso arcaico del geroglifo egizio del KA, il doppio, che ritroviamo successivamente nell’ iconografia e nella mitologia greco-romana (per es., in Giano bifronte). Esso non istituisce un dualismo tra mondo superiore e mondo inferiore, ma una unicità che si esprime nelle due dimensioni dell’ alto e del basso, della luce e dell’oscurità e, in senso alchemico, del denso e del sottile. Macrocosmo e microcosmo sono la stessa cosa, come parte dell’Uno, ma anche dimensioni diverse per cui il secondo è lo specchio del primo. Questo principio di corrispondenza è il perno su cui poggia tutto I ‘edificio gnostico-ermetico. L’iniziato è in grado di cogliere il Macrocosmo proprio e solo perché è un microcosmo in cui il primo viene riflesso: l’uomo possiede un intelletto divino, come dicono i teosofi moderni e i Rosacroce, e proprio per questo è in grado di cogliere e conoscere l’Essere Supremo attraverso la contemplazione del mondo, riflesso del macrocosmo, dell ‘ultimità del Nous.
Il principio di corrispondenza non è solo un concetto ontologico, bensì anche metodologico, o se si vuole, iniziatico: il cammino parte sempre dal microcosmo per giungere al macrocosmo: la pietra grezza microcosmica è l’elemento iniziale per raggiungere il macrocosmo. Anche il percorso esoterico- massonico si muove in base a una continuità di specchi in cui si riflette ogni volta un microcosmo riflesso di un macrocosmo: è proprio osservando lo specchio che il massone può trovare in esso l’essenza di ciò che ogni volta ricerca nel suo cammino iniziatico. Allo stesso modo il tempio terreno è speculum del tempio celeste, della Gerusalemme Celeste.
Nella Tavola il simbolismo dello specchio in senso ontologico indica la concezione gnostico-ermetica della realtà espressa, da un lato, dalle parole “ciò che in basso è come ciò che è in alto è ciò che è in alto è come ciò che è in basso”; dall’ altro, dall’ affermazione secondo cui tutte le cose sono e pervengono dall’Uno per mediazione e tutte le cose sono create dall’Uno per adattazione. Allo stesso tempo tutte le cose tornano all’Uno: Ab uno Omnia / Ad Unum Umnia. Un percorso ciclico che dall’Uno si muove vero la molteplicità delle cose e da questa molteplicità verso I ‘Uno. La realtà ultima è intesa come unica ed è costituita allo stesso tempo da materia e da spirito; essa è quel Nous, od Uno, nel senso offerto da Plotino, che è origine e scaturigine di ogni cosa e di ogni diversa natura delle cose. Per usare una espressione della Naturphilosophie si può dire che si tratti di un organismo che possiede una vita e che pulsa e pulsando origina emanazioni e mediazioni che danno luogo a ciò che è in alto e a ciò che è in basso: due poli che si distanziano e si ricongiungono continuamente. In termini alchemici si tratta del processo solve et coagula per cui per cogliere l’essenza di ogni cosa è necessario adoperarsi per dissolverla per poi ricostituirla in una nuova unità: alchemicamente l’ Uno, pur restando tale, si dissolve e dissolvendosi genera le cose del mondo che a loro volta tendono a ricostituirsi in altre sino al finale ricongiungimento con l’ Uno: l’ alto muove verso il basso ed il basso ritorna all ‘ alto. Un processo che è proprio anche della pratica massonica di costruzione del tempio alla gloria del GADU: l’ Uno ha dato luogo all’uomo e l’uomo, dissolvendosi e coagulandosi durante la pratica esoterica, si ricongiunge con esso attraverso la costruzione del suo Tempio Interiore.
Come è noto, la Tavola ha avuto principalmente una interpretazione alchemica (che appare anche palese da alcune sue proposizioni come la VI e la XII) che indica le strette relazioni tra ermetismo ed alchimia intendendo anche che l’ alchimia è lo strumento pratico dell ‘ermetismo. Tuttavia, altre interpretazioni, come quelle dei Rosacroce o dei Teosofi, prescindono dalla pratica alchemica ed intendono la Tavola come una enunciazione di fondamenti filosofici e di indicazioni per una via esoterico-iniziatica che fa appello a un processo di trasmutazione relativa a una elevazione spirituale in cui, non di rado, il Nous è identificato con l’ Essere Supremo.
La Tavola, quindi, in senso più ampio, può essere interpretata come un testo esoterico che fornisce una visione del mondo e dell ‘uomo che , attraverso uno specifico processo, è impegnato in un cammino di perfezionamento e di elevazione spirituale che lo rende capace gradatamente di cogliere dal ciò che è in basso ciò che è in alto; da ciò che è esteriore (per esempio il Tempio fisico, la Cattedrale) ciò che è interiore (il tempio interiore, il proprio sé che si è elevato dalla mondanità senza negarla: il sé iniziatico).
La Tavola è espressione della concezione ermetica secondo cui la pratica dell’Opera (alchemicamente o diversamente intesa) permette di passare dalla materia allo spirito, all’ interno di quella divinizzazione dell ‘universo che fu propria della tradizione esoterica che va da Pitagora a J. Boehme.
In questo lavoro ci occupiamo solo delle prime affermazioni di Ermete Trismegisto indicate con le proposizioni 1 e 2.
La Tavola inizia con una affermazione che è il fondamento della filosofia ermetica: il principio di corrispondenza come viene chiamato nel Kybalion e simbolicamente rappresentato dalla cosiddetta stella di David (due triangoli intersecati tra loro: l’uno con il vertice verso l’alto, l’ altro con il vertice verso il basso). Questo principio viene espresso sotto forma di una verità certa e quindi indiscutibile: “E’ vero e certo
In tutte le versioni della Tavola il processo di corrispondenza parte dal basso per riferirsi all’alto e in secondo luogo viene ribadita la ‘somiglianza’ dell’alto con il basso. Per questo la Tavola non è solo un testo filosofico, ma iniziatico che indica la via dal quale cominciare il cammino verso l’Uno.
Il principio esprime l’unità del reale; l’Uno si separa in ciò che in alto e in ciò che è in basso che posseggono la stessa sostanza; ciò che costituisce ciò che è in basso.
L’alto e il basso sono il macrocosmo e il microcosmo, ma non solo nel senso riferito al terreno e al celeste, ma in modo più ampio alla materia e spirito; ed ancora, l’alto e il basso sono riferibili a un processo di carattere gnostico, mirato cioè alla conoscenza, che opera un continuo passaggio tra ciò che appare nel mondo e ciò che lo costituisce; tra il sopra e il sotto di ogni cosa; tra l’apparenza e la essenza della realtà. La gnosi si raggiunge con il passaggio continuo tra ciò che appare alla superficie (l ‘occultum lapidem) e ciò che è al di essa e la fonda.
Il basso in senso alchemico, è ciò che è solido da cui deve essere estratto l’elisir , ciò che è sottile, ma l’elisir è raggiungibile solo in quanto c’è il solido; ed è proprio partendo dal solido, dai metalli, che si può giungere, per generale separazione, alla pietra filosofale, al sottile, a ciò che come elisir è essenza del mondo. Essenza che è telesma, principio di tutto: dove per telesma si intende proprio ciò che è perfetto, ma perfetto in quanto dato ma allo stesso tempo raggiunto; la radice è quella stessa di telos (fine) per cui si intende il principio che è origine e fine allo stesso tempo.
Il basso (solido) e l’alto (sottile) sono anche ciò che costituiscono l’ Uno ed ogni cosa che proviene da esso, come per esempio anche l’uomo; se si vuole, materia e spirito, metalli e oro philosophico; l’ androgino come unione nella separazione tra maschile e femminile: l’Adamo Khadmon ha in sé questa unione degli opposti separati.
In un senso più ampio la cosa-uno, od Uno, è anche l’unione degli opposti; ciò che è pesante e ciò che è leggero, ciò che è denso e ciò che è liquido, ciò che è interiore e ciò che è esteriore, ciò che duro e ciò che è molle, ciò che è apparente e ciò che è nascosto.
Dall’Uno è stato generato il Tutto, inteso come l’insieme di tutte le cose che appaiono come tali; ma anche di quelle che non sono, di quelle che verranno generate, di quelle che non appaiono fenomenicamente ed ancora di quelle che sono svelate dalla condotta iniziatica. Dall’Uno si diparte ogni cosa, ma ciò non significa che l’Uno viene meno della sua sorgente di potenza: le generazione del tutto non allenta la forza dell’Uno. Esso, inoltre, si arricchisce da ogni processo che dal basso muove verso l’alto (ad Unum Omnia) .
La concezione monista dell’ermetismo, tuttavia, proprio in base al principio di corrispondenza, non porta a una considerazione negativa della materia (o dei metalli), ma a una Iop interpretazione positiva come ciò da cui si diparte ogni cammino verso I ‘Uno.
In riferimento all’ uomo, il principio di corrispondenza da un lato indica la duplicità della sua natura terrena e, dall’altro, il fatto che egli possiede la luce dell’Uno ed è proprio per questo che può accedere ad esso.
La prima duplicità è la constatazione primaria dell ‘iniziazione: la parte esteriore o fisica e quella interiore o spirituale. L’involucro esterno è ciò che racchiude lo smeraldo che riflette la luce dell’Uno. Uno smeraldo che deve essere ricercato, trovato e curato ed in ciò consiste la pratica esoterica. La pietra che si trova in ogni uomo, l’occultum lapidem, è il fondamento su cui costruire la Cattedrale Celeste: la dimora in cui ritrovare se stessi, il senso della propria vita, ma ancor più la dimensione dell’ Oltre e dell’Invisibile in cui ogni uomo può esprimere la pienezza del suo essere e quindi la sua vera ed ultima dimora. L’ occulto è in tal modo oltre ed invisibile.
Secondo
il principio di corrispondenza ogni cosa ne nasconde un’altra ed ogni cosa si
apre ad un altra. Proprio come il processo iniziatico che ha una origine ma non
ha fine, perché la vita stessa iniziaticamente è un percorso di ricerca
continua di ciò che è oltre ed invisibile: ciò che sta dietro alle parole, alle
cose, ai fatti, ai rituali. Ogni passo raggiunto nel cammino della via
esoterica si lascia dietro una oscurità che è superata ma che è sempre oggetto
di ulteriore chiarimento. Un processo che è costituito da una via ascendente e
di una via discendente attraverso quelle che ho indicato come le cinque vie del
percorso massonico.
(Tratto da: Mariano Bianca, Le cinque vie e i quattro percorsi, in Massoneria Oggi, III, 2, pp.35-41; i quattro percorsi sono:
a) esoterico-iniziatico, b) intellettivo-razionale, c) intrapsichico, d) dialogico).
Queste vie sono quelle che permettono di oltrepassare i limiti della apparenza, del fenomico, della superficie per poter così passare dal basso all’alto, dal fuori al dentro ed entrare gradatamente nella dimensione oltre e invisibile. Ogni cosa ha un fuori che è il suo basso ed ha un suo dentro che è il suo alto. L’acrostico del V.I.T.R.I.O.L. , che accompagna la Tavola, indica che il viaggio iniziatico consiste nel visitare l’interno della Terra; e questa Terra è elemento costitutivo primario per cui essa è ogni cosa del mondo di cui si deve svelare ciò che è nascosto. E’ solo viaggiando all’interno, o nell’interno, che si può trovare quella pietra del basso su cui agire per raggiungere l’alto. L’interiora Terrae significa l’interno di ogni alcunché che è posto come punto di partenza: luogo di oscurità, di occulto, che è inteso come ciò che è nascosto, invisibile, non è palese, né ovvio agli occhi dei sensi, ma appare alla luce della ragione e della sapienza.
In riferimento al singolo uomo questo interiore è proprio ciò che chiamiamo la sua interiorità, ciò che è nascosto ed oscuro che deve essere portato alla luce; ciò non significa la luce dei sensi ma quella della sapienza che non traspare palesemente nel mondo. Da qui la segretezza della oscurità che si svela solo alla luce della comprensione della essenza del mondo e la segretezza del lavoro ermetico.
La comprensione del principio di corrispondenza, quindi, non porta solo ad una visione filosofica del mondo, ma induce un atteggiamento attivo, indotto dalla forza dell’Uno attraverso la comprensione del mondo, che fa sì che l’iniziato partecipi attivamente alla vita dell’Uno e quindi alla continua costruzione del cielo stellato, quello che sovrasta il Tempio Massonico. Partecipa a questa vita in quanto emanato continuamente da esso ed in quanto rivolto ad esso.
Nella via iniziatica massonica il libero muratore intende il principio di corrispondenza non solo in riferimento al suo occulto interiore che necessità di essere posto in corrispondenza dell’ alto che solo lui può trovare; ma vuol dire anche che ogni cosa del mondo non può essere intesa così come appare. V’è sempre qualcosa di più, qualcosa che deve essere cercato; in ogni cosa v’è un occulto che per essere raggiunto deve impegnare uno sforzo continuo: da qui la pratica rituale e soprattutto la sua continuità nello scorrere del tempo nella vita quotidiana e all ‘ interno del Tempio.
Ciò che è in alto è così ciò che è occulto, nel senso di nascosto allo sguardo ma si manifesta attraverso dei segni (i segni delle cose, segnatura rerum) che non solo devono essere ricercati ma devono essere capiti nel loro valore di indicatori di ciò che è oltre ed invisibile: l’occulto si svela attraverso segni, ma sono segni ermetici ed oscuri per cui è necessario un lavoro di scavo per poterli comprendere: un’Opera che esegue il singolo iniziato, ma che si fonda su una tradizione e sull’ausilio dei compagni di viaggio ( i fratelli di Officina).
La ritualità sacrale (e sacrale è qui inteso come ciò che sta sopra e da senso ad ogni cosa) procede quindi nella duplice direzione della ricerca e della comprensione. La vita nel Tempio (l’Officina che si rivolge ai segni delle cose) si muove in questa duplice direzione: ricerca l’occulto e si volge alla sua comprensione. L’ impegno primario dell ‘ iniziato è perciò prima di tutto la intenzione occulta, cioè l’intenzione di mirare verso ciò che è nascosto, oltre e invisibile. L’iniziazione, in tal senso, è la disposizione d’ animo dell ‘ iniziato verso questa ricerca e la disponibilità dei liberi muratori di accoglierlo per aiutarlo in questa sua ricerca. L’ iniziato non può fermarsi a ciò che è in basso, a ciò che è esteriore e a ciò che è pesante: egli intende muovere verso I ‘ alto, I ‘interiore, il sottile; quell’occulto che non si disvela ai sensi ma si propone al disvelamento attraverso i segni delle cose. I segni portano all’ occulto e questo, una volta raggiunto, apparirà come la luce che rischiara la caverna in cui l’uomo si è perso: la molteplicità delle cose.
Il Tempio massonico è quel luogo in cui, attraverso la pratica rituale l’occulto appare con i suoi segni che vengono svelati con l’ ausilio della loro comprensione.
La vita nel Tempio massonico per questo si svolge proprio all ‘ insegna del principio ermetico posto come fondamento iniziale nella Tavola Smeraldina. La ritualità ha proprio come scopo lo svelamento dell ‘occulto (occultum lapidem), inteso come ciò che è oltre ed invisibile e quindi come l’essenza delle cose; ciò significa partire dal basso per spingersi verso l’ alto; osservare l’ apparenza per trovare l’essenza, percepire l’ esteriore per entrare nell’interiore, trovare l’occulto: ciò che è nascosto che proprio perché tale è il fondamento dell’ultimità, di ciò che è ultimo di ogni cosa.
Il Tempio è ancora ciò che è in basso se non è partecipato dalla sapienza iniziatica e dalla ritualità, per questo esso è in sostanza meramente simbolico e può essere tracciato in qualsiasi spazio concreto. Il Tempio diventa dimora iniziatica quando è attraversato dal logos e dalla ritualità ermetica e solo così esso, insieme ai fratelli che lo costituiscono in un dato tempo, diventa il luogo del cammino, del viaggio che si dirige verso I ‘ occulto come essenza di ciò che appare nel mondo. Quest’ultimo, quindi, nelle parole templari assume una diversa dimensione; trasmuta da luogo del basso a indirizzo verso l’alto. E’ così che ogni argomento posto ritualmente nel Tempio, anche riferito alla concretezza del mondo, passa dal luogo del basso a quello dell’ alto; esso supera la esteriorità e si pone come oggetto su cui viene posta l’ attenzione per disvelare ciò che in esso è nascosto. Gli ermetici antichi e medioevali ponevano proprio l’accento sull’ aspetto occulto della pratica esoterica; il termine occulto in questo senso non è riduttivamente riferito a pratiche magiche (una riduzione che venne effettuata in particolare da E. Levi nell’Ottocento), ma fa riferimento proprio all’ antica pratica ermetica, come occulta philosophia, cioè quella filosofia che si dirige verso l’alto e in tale prospettiva intende cogliere ciò che è nascosto, occulto, nel mondo. Agli esoterici.. ai massoni, agli emetici, così come agli alchimisti, non interessa soffermarsi all ‘apparenza delle cose del mondo, ma il loro intendimento è proprio quello di cogliere ciò che è nascosto, dietro, interno, al di là delle apparenze. Il mondo concreto, allora, sia nella ritualità templare, che nell ‘impegno profano appare in una nuova dimensione che non annulla la concretezza delle cose, ma la porta proprio in alto, fornendo ad essa nuovo senso e significato e così facendo cambiando concretamente il mondo e dando luogo alla costruzione di Templi interiori e di Cattedrali Terren che stanno nel basso ma che riflettono direttamente e profondamente ciò che è in alto.
L’ alto così si rivolge al basso ed il basso tende a volgersi verso l’ alto. In ciò risiede la natura dell’Opera della pratica rituale massonica e della sua presenza nel mondo concreto. In ciò sta il senso massonico della vita di ogni uomo e dell’intera umanità. In ciò si fonda il cammino verso l’oltre e l’invisibile che riveste li natura concreta di tutte le cose.