AMORE E MORTE
di
Franco Piso
Se la tradizione viene intesa come eterna chiamata verso la dimensione del profondo, l’iniziato per ciò stesso sente come una sorta di spinta, un perenne richiamo verso la realtà ultima delle cose, verso l’immutabile, verso l’essere.
Immerso, però, nel quaternario degli elementi, egli si sente separato da qualcosa o da qualcuno, percepisce il proprio ego come nettamente diviso dalle persone, dalle situazioni, persino dagli oggetti che gli stanno vicino.
Forse ha perso il sensohttp://www.loggiagaribaldi1436.it/wp-admin/post.php?post=19912&action=edit della unitarietà della vita, mentre, in “illo tempore”, la razza umana conteneva in se, senza alcuno sforzo, in uno stato do perfetto equilibrio, i due principi cosmici: Purusha (Shiva) e Prakriti (Skakti), ovvero l’ essenza e la sostanza universale , il primo maschile l’ altro femminile, entrambi attivi senza sosta nell ‘universo e quindi presenti, di conseguenza , nelle nostre Logge nei corrispondenti simboli del Sole e della Luna, posti ai lati del Venerabile Maestro.
Con la cacciata di Adamo da questa favorevole condizione, I ‘ umanità, preferendo I ‘ albero della conoscenza del bene e del male all ‘ albero della Vita, ha scelto la via dell ‘ individualizzazione dell ‘ ego, si è staccata dal proprio centro interiore, dal proprio cuore, dal principio animico e si è divisa non tanto in maschie e femmine, quanto, piuttosto, in due stati di coscienza, il maschile ed il femminile.
Ad un livello superiore, il cosmo concepito come una struttura ab inizio ordinata, è entrato parimenti in crisi, ha visto compromesso l’equilibrio tra le proprie polarità, si sono formati quindi il tempo e lo spazio ed è nato il caos, le tenebre esterne al Paradiso.
L’ iniziato dovrebbe essere cosciente dei questa caduta, di questa autoprivazione di vita assoluta e porsi almeno una domanda: è possibile ricomporre (sumbaein) la pericolosa frattura ontologica di biblica memoria? Forse si, ma per arrivare a sanarla, per potersi ricongiungere al nostro Se spirituale, sembra che sia necessario risvegliare una forza sottile che chiamiamo Amore, che non muore mai (A-Mors = senza morte) e che pare avere la capacità innata di attivare le nostre costellazioni interiori (Amor che muove il Sole ed altre Stelle), intese come i centri sottili della nostra corporeità astrale, agenti in perfetta analogia con forze cosmiche esterne.
A questa forza sono stati attribuiti molti nomi, a donne misteriose sono stati dedicati interi sonetti, da parte di Dante e dei cosiddetti “Fedeli d’ Amore”, e in ogni caso, come si può dimenticare la figura di “Eva”, “la Vita”, “la Vivente”, complemento, prima della caduta, di Adamo? La separazione di Eva, in quanto detentrice dell ‘ energia maschile che necessita all ‘uomo per completarsi, da Adamo, possessore, al contrario, dell ‘ energia primordiale femminile, potrebbe perciò equivalere, secondo la tradizione Kabalistica, all ‘ esclusione delI ‘ umanità dalla linfa spirituale presente all ‘ interno dell ‘ albero della Vita affinché, come recita la Genesi (III, 22), in nostro antenato mitico “non divenga uno di noi, come gli Dei” e non “viva in perpetuo’
E’ la Mors Triunphalis che, grazia all’ Amore insediatosi nel substrato fisico, riesce ad innalzare i nostri sette metalli nella loro condizione di primordiale purezza, concepita come virtus, alla quale, ben inteso, dobbiamo dedicare un adeguato Tempio.
Attraverso il rapporto Uomo-donna, considerato sia iniziaticamente sia esteriormente (e su questo punto c’è da precisare che alcune scuole iniziatiche di tipologia orientale, quali ad esempio quelle “tantriche”, insistono proprio sull ‘ aspetto più carnale del rapporto), tramite l’ Amore inteso come forza trascendente che, purificando il nostro Mercurio, mette in contatto i due già citati principi cosmici, apparentemente opposti e contrari, l’uomo cerca di andare incontro all ‘unità, di riassorbirsi nel proprio centro, di distruggere il confine profondo tra la propria terra e il proprio cielo interiore, di eliminare il pensiero riflesso, arrivando infine alla sintesi tra il Sole e la Luna.
Per cogliere l’ Amore che tutto pervade come infinita Luce e che, dal punto di vista della nostra corporeità sottile, si focalizza all’ altezza del cuore, l’iniziato deve paradossalmente strapparselo dal petto, uccidendo così l’ ego individualizzante, per poterlo sostituire con un centro di energia più ricettivo, al limite più vuoto, perché pronto in realtà a colmarsi, come la Coppa del Santo Graal, del sangue proveniente dalla lancia interiore simboleggiante la volontà, la forza volitiva, attributo principe del venerabile Maestro che aspira alla fusione, talvolta anche con violenza, con ciò che egli presagisce esser appartenente alla propria interiorità.
E se la lancia può essere un simbolo della volontà, del fuoco prometeico che si apre dal basso, la via verso la Luce, non dimentichiamoci dell’influsso dell’ Amore divino proveniente dall ‘ alto che, nel nostro Ordine iniziatico, entra in azione, in maniera più esplicita, quando il Maestro delle Cerimonie, verso l’ inizio degli architettonici lavori, con il proprio bastone feconda la terra fino a qualche istante prima ancora indifferenziata.
Così fecondato, l’ iniziato sarà chiamato ad ulteriori passaggi critici verso nuove modalità di esistenza a lui ignote, affinché non si dimentichi che, il suo scopo è quello di sanare la propria ferita originaria, di tornare gradualmente: a non vivere più in una realtà separata completamente dal modello divino e in definitiva di riordinare il cosmo gettato nel caos dalla propria caduta primordiale.
Colui che non fallirà nella delicatissima “Conjuntio oppositorum”, riuscirà a porsi tra il Sole e la Luna come la funzione del Venerabile Maestro sembra esprimere, rappresentando essa, la sintesi equilibrata e dinamica degli aspetti solari e lunari, presenti inscindibilmente nell ‘ universo.
Infatti il termine venerabile potrebbe derivare dal composto latino di “Venus”, Venere = Bellezza, e dal suffisso “abilis”, capacità – possibilità, quasi a voler esprimere la possibilità – potenzialità di dispensatore di bellezza interiore, inerente alla funzione da lui esercitata.•