NELLA FRATELLANZA L’UOMO È LO SPECCHIO DI SÉ STESSO

NELLA FRATELLANZA L’UOMO È LO SPECCHIO DI SÉ STESSO

Di M.S.C.

La fratellanza è un ideale relazionale che richiede un lungo cammino. Alla domanda: “Sei massone?” La risposta è “i miei Fratelli mi riconoscono come tale”. Ciò presuppone che la fratellanza sia responsabile del controllo dell’appartenenza alla Massoneria. Un membro non fraterno non può essere un massone.

La fratellanza è quindi una condizione fondamentale.

Diventiamo Fratelli quando riceviamo la Luce o lo diventiamo a forza di lavorare su noi stessi?

Più che l’Amore dell’altro, la fratellanza è il rispetto per l’uomo, è quindi di essenza iniziatica e soprattutto metafisica; trasmette un metodo di ricerca della Verità fuori dai dogmi. È un collegamento tra gli Iniziati.

Quanti di noi nel tempo hanno dimenticato che la Massoneria non si limita alla rigorosa

applicazione di un rituale, per quanto bello, una volta ogni due settimane? La nostra ricerca da costruttori si deve esprimere con tutti i nostri Fratelli e non solo quelli del nostro grado o quelli che ci servono per fare la nostra “carriera”. La fratellanza è morte: è la morte di sé stessi nella propria individualità egocentrica, in quanto la scoperta della fratellanza inizia con l’imparare a condividere.

La tolleranza non inizia forse quando accogliamo l’altro con tutte queste contraddizioni? Quando finisce una relazione qualsiasi essa sia (di amicizia, di amore, di lavoro) il primo sentimento è quello naturale dello sgretolamento ma, in realtà, si comincia a costruire una nuova realtà.

Questo passaggio è doloroso perché dobbiamo rinunciare alla prima impressione che spesso diamo per scontata e che è il nostro giudizio arbitrario, soggettivo e inconscio.

La fratellanza non esercita poteri magici, offre a tutti una virtù capace di mantenerla e questa virtù è la tolleranza. A metà tra giustizia e amore c’è il rispetto e la tolleranza. Non si può tollerare senza

rispettare, perché il fondamento della tolleranza è  prima di tutto la comprensione dell’altro, di tutti gli altri.

La tolleranza diventa così un tributo alla verità impenetrabile di cui ogni uomo è portatore. Anche questo sforzo che ci viene chiesto di trattare l’altro come se stessi si chiama “giustizia”, perché la giustizia consiste proprio nel mettersi al posto dell’altro. Tuttavia, dobbiamo ammettere che la tolleranza ha per definizione un limite: non possiamo permettere la libertà di un lupo all’interno di un ovile; è solo all’interno di questo

limite, rappresentato dalla libertà dell’altro, che la tolleranza può trasformarsi in Amore, che diventa una comunione che va oltre quella dello spirito per giungere alla comunione dei cuori. Tale è il paradosso della fratellanza: intelligenza del cuore  che trascende quella della mente.

Direi anche che chi più si agita e gesticola è quello che ostacola il rapporto da persona a persona. Si esclude dalla fratellanza. Se la fratellanza è un dovere per il massone, non è innata. Lei stessa lavora. Bisogna essere

abbastanza puri e amare noi stessi per poter fraternizzare con il nostro prossimo senza ingannare nessuno.

L’amicizia è un attaccamento, un affetto reciproco, che ha molto in comune con la fratellanza. Ma il tipo di relazione è diverso. Scegliamo il nostro amico, ma non nostro fratello. Di conseguenza,

nell’amicizia, ci sono spesso più somiglianze che differenze. La fratellanza non è l’abbandono totale e senza riserve dell’amicizia. Nella nozione di fratellanza c’è una nozione di durata nel tempo che non si pone nemmeno: siamo Fratelli per la vita. La fratellanza rimane inseparabile dall’onestà che a volte impone di dispiacere, di scioccare, di  offendere. Possiamo essere in fratellanza solo essendo onesti con i nostri Fratelli, ma l’onestà non è in sé una fratellanza che ha una portata superiore. La nostra fratellanza massonica nasce

dal fatto che tutti abbiamo un’origine comune attraverso la nostra Iniziazione. Abbiamo vissuto tutti la stessa rinascita e tutti rimaniamo sulla stessa strada, quella della ricerca della Luce.

Costruire non può che essere un’opera comune e quindi fraterna. Dobbiamo vivere l’altro con le sue differenze ed ispirarci ad esse, senza lusinghe,  senza giudizio e senza spirito di superiorità orivalità, ma di condivisione e ricchezza.

Montaigne ha detto nei suoi Saggi: “Se sono spinto a dire perché lo amavo, sento che questo si può esprimere solo rispondendo: Perché era lui, perché ero io”.

Qui troviamo gli strumenti di lavoro della pietra grezza che serviranno per praticare la fratellanza come un’arte. Agire come un Fratello è saper temporeggiare le passioni ed a volte è qualcosa di complicato perché potremmo essere un fiume in piena o un lago di beatitudine e il Massone non ha

il diritto di perdere la calma e indulgere in atteggiamenti o comportamenti che vanno oltre la finzione.

Quindi è essenziale meritare il nostro posto in Loggia per dominare le nostre passioni ed in particolare quelle del possesso, del potere, della vanità e dell’ipocrisia. La Massoneria non ha mai voluto essere una compagnia di dirigenti in cerca di potere o di posti da bramare nella scala della nostra organizzazione. Il nostro lavoro dovrebbe avere come unica ambizione quella di poter partecipare alla costruzione comune che rifletta la nostra personalità, priva di inutili citazioni che servono solo a mostrare la nostra poca conoscenza, o mettere in risalto solo le nostre capacità nella vita profana.

Essere fraterni è anche parlare la stessa lingua. È importante che la parola circoli e che possiamo esprimerci con umiltà e fraternità verso il Fratello, o le persone a cui ci rivolgiamo.

Se il nostro più caro desiderio è progredire verso la Luce, accettiamo di ricevere ciò che ci deve essere dato e diamo senza contare tutto ciò che possiamo dare.

La fratellanza è come un gioco di specchi. I Fratelli sono il nostro specchio.

Se ci guardiamo allo specchio per prima cosa ci mostrerà quello che siamo: persone intrappolate nel loro ego, un nemico che vuole esistere da solo.

Se sapessimo guardarci allo specchio, sapremmo vedere come viviamo, come siamo guidati, come e quando ci arrabbiamo. Solo solo così potremmo combattere il nostro nemico, applicando il famoso “Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli Dei”. Lo specchio è davvero uno strumento di rivelazione.

Come simbolo, lo specchio è l’oggetto di introspezione per eccellenza. Ci fa riflettere su ciò che siamo, con le nostre qualità e i nostri difetti, i nostri desideri e le nostre antipatie, il nostro modo di vedere il mondo, le persone che ci circondano e le nostre idee per migliorarle e portarle verso il bene. Ci fa pensare a cosa vorremmo essere e cosa non siamo ancora.

Ma alcune persone non sopportano di vedere la loro immagine riflessa. Alcuni, come il “Narciso” del mito, si perdono guardando la propria immagine riflessa nell’acqua. L’ambivalenza del simbolo dello specchio dipende quindi essenzialmente dall’atteggiamento della persona e dalla maturità di chi si guarda.

Ci sono molti altri specchi, quando guardiamo negli occhi il nostro prossimo. Non è forse lui il nostro specchio? Non lo biasimiamo per le nostre colpe? Non esistiamo attraverso la visione degli altri?

Lo specchio ci rende consapevoli di tutto questo. È essenziale accogliere lo sguardo degli altri e in particolare dei nostri Fratelli perché è questo che ci insegna a conoscere i nostri limiti, a spingerli indietro per offrire il meglio di noi stessi. È attraverso questo sguardo obiettivo che gli altri devono avere su di noi che si manifesta la nozione di fratellanza. Per essere veramente praticata la fratellanza richiede che chi ne fa uso sia libero.

Libero da cosa o da chi? Liberato da ogni giudizio che non sia suo, liberato da riflessi condizionati, liberato da qualsiasi autorità esterna, da ogni rappresentazione del potere umano che spezza la fratellanza massonica la cui sopravvivenza è assicurata andando oltre ogni dogma. Esistere attraverso le azioni e le interazioni provocate dai legami fraterni, suppone  che le nostre catene siano spezzate.

Ritengo, quindi, che l’approccio fraterno prosperi nel cancellare le aspettative individuali e le intenzioni dogmatiche. Permette a tutti di trovare il proprio posto e di non fornire risposte, perché nessuno può sapere in anticipo quale insegnamento possa giovargli.

La prima domanda che tutti dovremmo porci durante le nostre Tegolature con un profano, dovrebbe essere se possiede un’anima che può farlo progredire e farci progredire. A volte è un interesse personale che ci spinge a far entrare un profano, a volte siamo abbagliati dal suo lato visibile che riguarda la vita profana, il lato delle apparenze. Che sia un professore di facoltà, un venditore, un poliziotto, un trasformista, un cattolico, un ebreo o un agnostico che importa? Insomma, la vera fratellanza, è vivere l’altro con le sue differenze, senza adulazione, senza pregiudizio, senza giudizio.

Vivere in fratellanza è offrire: ciascuno fa dono delle sue forze, ma anche delle sue debolezze. Le differenze non sono rivalità ma condivisione. La fratellanza è nozione di condivisione sia intellettuale che materiale, è dare la vita per l’aiuto reciproco.

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