I CONTI SENZA NUMERI
di Gianluca Mercuri
Buongiorno. Un Def «light». Un Def «snello, assai asciutto». Un Def «monco». Più tecnicamente, un Def con le cifre solo tendenziali, senza gli obiettivi programmatici, senza dunque i numeri veri su cui valutare l’impatto concreto delle misure che ha in mente chi guida il Paese.
Sarà fatto così il Def — il Documento di economia e finanza — che il governo presenterà oggi in Consiglio dei ministri: un Def in cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non svelerà le carte.
Un piano anomalo dunque, come è capitato finora solo a governi che stavano per passare la mano in prossimità delle elezioni, e viene invece giustificato col fatto che si tratta dell’ultimo Def prima della revisione delle regole di governance economica europee, in vista dell’entrata in vigore del nuovo Patto di Stabilità. Tutte scuse, secondo l’opposizione, che ci vede un bluff per nascondere prima delle elezioni europee il gioco vero: una manovra tutta «tagli e sacrifici» che ci aspetterebbe, inesorabile, in autunno.
Il governo, naturalmente, smentisce scenari così foschi ma non manca nemmeno stavolta — com’è ormai abitudine di Giorgetti — di ricordare che una spada di Damocle incombe comunque sul Paese: il peso dei bonus edilizi goduti da una parte limitata della popolazione. Un peso enorme, che i calcoli mensili dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) attestano a marzo — con le detrazioni maturate finora col superbonus — a 122,24 miliardi, destinati a superare i 200 col saldo finale.
È giusto ricordare che i bonus hanno un peso importante anche sulla crescita, e contribuiscono in modo decisivo all’1% di Pil che il governo potrà scrivere nel Def anche quest’anno. Il che non toglie che quando gli olandesi — citiamo loro in quanto storicamente i più scettici sull’affidabilità italiana, e dunque i più contrari al Recovery Fund post Covid — capiranno che ci siamo spesi l’equivalente del Pnrr per rifarci le facciate dei palazzi, le villette dei benestanti e i rustici di campagna, verranno in massa a tirarci 200 milioni dei loro tipici zoccoli i
Comunque, se Giorgetti ci avverte giustamente di quanto e come dovremo scontare questa scelleratezza tutta italiana, altrettanto lestamente assicura che il governo sarà così bravo da limitare i danni. E quindi no, «niente manovra correttiva», giura il più amletico tra i membri del governo. Il cui «no» in effetti non è proprio categorico: «Se c’è qualcosa da correggere, la correggeremo». Intanto, oggi presenterà anche l’atteso decreto che cambia le regole su donazioni e imposta di successione.
E poi, in questa newsletter, le due guerre ai nostri confini ma anche tra noi, tra le nostre ansie e le nostre polemiche; il Partito democratico che, dopo aver duramente battagliato con l’alleato più riluttante possibile, i 5 Stelle, ora è alle prese con il nemico più infido: sé stesso, in un classico «segretario contro tutti» che ha l’unica variante della segretaria donna, Elly Schlein. La quale giura però che non farà la fine dei predecessori.
E ancora: l’eclissi, la grande Deneuve, l’Inter ancora vincente e altre cose che può essere utile sapere nella giornata che inizia.
Benvenuti alla Prima Ora di martedì 9 aprile.
Il governo alla prova del Def
Le cifre tendenziali, la zavorra del debito, le proteste dell’opposizione: punto per punto.
Anzitutto: cos’è esattamente il Def? È il principale strumento della programmazione economico-finanziaria dei nostri governi, che lo presentano al Parlamento per indicare la loro strategia. Fu introdotto nel 1988 con il nome di Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (Dpef), per poi diventare Decisione di Finanza Pubblica (Dfp) nel 2009. L’attuale denominazione risale al 2011, quando la tempistica fu modulata in base al cosiddetto semestre europeo, che impone di anticipare le strategie di bilancio degli Stati alla prima metà dell’anno.
E cosa c’è dentro il Def? Ci sono gli obiettivi programmatici macroeconomici e di finanza pubblica e gli interventi con cui il governo pensa di farli coincidere con gli andamenti tendenziali dell’economia. Previsioni e programmazione coprono normalmente un triennio.
Perché è importante? Perché gli obiettivi di bilancio stabiliti, in particolare il saldo della pubblica amministrazione, rappresentano i paletti invalicabili delle decisioni successive, dato che dal 1988 le procedure di bilancio prevedono la fissazione ex ante del saldo. L’approvazione parlamentare del documento gli dà quindi il valore di un vincolo giuridico.
Ma veniamo a Giorgetti Il ministro ha anticipato ieri a Trieste l’anomalia di oggi: a parte i precedenti di governi dimissionari (Gentiloni 2018 e Draghi 2022), è la prima volta, spiega Monica Guerzoni, «che si lavora a un Def “monco”, senza gli obiettivi programmatici su deficit e debito e senza l’impatto e i numeri delle misure che il governo ha in cantiere in vista della manovra».
«Una questione di credibilità» Giorgetti ha detto che il Def «rispetterà gli obiettivi della Nadef presentata in autunno per una questione di credibilità». La Nadef è la Nota di aggiornamento al Def, che, appunto, aggiorna le previsioni del Documento con le maggiori «informazioni disponibili sull’andamento del quadro macroeconomico» dopo il primo e il secondo trimestre dell’anno.
Deficit tra il 4,3 e il 4,7% La concordanza tra Nadef e Def, spiega Federico Fubini, è plausibile se nel prossimo triennio non cambieranno le leggi che impattano sulla finanza pubblica:
ARTICOLO SEGNALATO DAL F.’. A. F.
«A legislazione immutata rispetto a quella oggi in vigore – sulla base di quanto indicato nella Nadef di settembre scorso – il deficit sarebbe al 4,3% del P
ARTICOLO SEGNALATO DAL FR.’. A, F.