LA VERA STORIA DEL FINTO SBARCO SULLA LUNA

SALE IN ZUCCA

La vera storia del finto sbarco sulla Luna

di Giancarlo Mazzuca

(Reuters)
(Reuters)

3′ di lettura

Cinquant’anni fa, il 21 luglio del 1969, gli astronauti Neil Armstrong ed Edwin Buzz Aldrin misero piede sulla Luna: furono i primi, dopo i precedenti spaziali russi (Laika e Gagarin), ad aprire orizzonti inesplorati all’umanità intera. E, a distanza di mezzo secolo, quell’avvenimento viene celebrato ovunque in grande stile.

Ma c’è un’ombra che persiste a distanza di tanto tempo: è la strana teoria del complotto secondo la quale i due americani non sono in realtà mai sbarcati sul suolo del nostro satellite. Ho cercato di approfondire l’argomento in un libro (“Quel giorno sulla Luna”, Minerva) che ho pubblicato in questi giorni assieme al giornalista Luca Liguori, il protagonista della storica radiocronaca in diretta dello sbarco dai microfoni Rai di Houston.

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Chi meglio di Liguori può illuminarci sul complotto e fugare tutti i dubbi? Ho quindi girato la domanda direttamente a lui. Mi ha spiegato che dal 1969 ci sono stati effettivamente diversi libri, film ed inchieste tv che hanno cercato di avvalorare la tesi dello sbarco finto. Per fortuna si trattava solo di “ballons d’essai”. Bastava avere pazienza perché, alla lunga, l’ipotesi di una passeggiata “artificiale” sulla Luna non avrebbe retto per il semplice motivo che, in quella storica operazione, erano state direttamente impiegate 18 mila persone: se davvero lo sbarco fosse stato pura fantascienza, qualcuno, prima o poi, avrebbe parlato.

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E allora? La verità è molto più semplice: nell’eventualità di un fallimento dell’allunaggio, Richard Nixon (il presidente Usa era molto ferrato nei complotti tanto che fu poi costretto a dimettersi per il caso Watergate) aveva davvero predisposto una specie di “jolly” da mettere sul tavolo in caso di necessità. Mai come in quel momento, infatti, la Casa Bianca aveva bisogno di distogliere l’attenzione del mondo dalla guerra nel Vietnam che si combatteva, ormai, da 9 anni. Nixon si era, quindi, rivolto alla Nasa per accelerare i tempi dello sbarco lunare ma Houston non sembrava ancora del tutto pronta alla grande impresa. Ecco, allora, la soluzione di ripiego suggerita da Donald Rumsfeld, stretto collaboratore del presidente e futuro segretario alla Difesa di George W. Bush: Armstrong, Aldrin e il terzo astronauta dell’Apollo 11, Collins, che non mise il piede sulla Luna, avrebbero in ogni caso orbitato attorno alla Terra mentre, da un set cinematografico, sarebbe stato trasmesso un allunaggio “ricostruito”.

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Il film del finto sbarco venne effettivamente girato dalla Metro Goldwin Meyer negli “studios” di Londra sotto la regia di Stanley Kubrick che in materia era davvero il “numero uno” perché aveva appena concluso la produzione di “Odissea nello spazio”: i protagonisti della soluzione-bis furono tre agenti della Cia che poi finirono in Vietnam così come della Cia erano tutti i componenti della troupe messa in piedi in riva al Tamigi. Ma fortunatamente non ci fu alcun bisogno di ricorrere al falso d’autore e di quel film di Kubrick non sapemmo più nulla. Non è restata neppure l’impronta di un piede umano sulla finta superficie lunare degli “studios” londinesi.

PS: ecco un chiarimento dell’autore rispetto ad alcuni commenti

Tutto mi si può dire, ma non certo il fatto di appartenere a coloro che hanno sostenuto che lo sbarco sulla Luna non ci sia mai stato. Non è un caso che, per celebrare quello storico avvenimento cinquant’anni dopo, proprio in questi giorni sia stato pubblicato un mio libro “Quel giorno sulla Luna” (Minerva) scritto assieme a Luca Liguori che fece la radiocronaca in diretta di quell’allunaggio. Quello sbarco è stata una grandissima conquista per l’umanità e anche per questo, mezzo secolo dopo, la conquista spaziale è ricordata oggi con tanta enfasi. Nell’articolo mi sono limitato a riportare i “rumors” di allora. Come mi ha confermato lo stesso Liguori, Kubrik si sarebbe limitato a girare solo la scena (e non un film) di un allunaggio utilizzando tre agenti della Cia. Di quella scena non si seppe più nulla.
Giancarlo Mazzuca

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